Nel 2011 pubblicai un saggio [1] nel quale sostenevo la tesi secondo cui la Nuova Economia si fonda sullo sfruttamento del lavoro gratuito di miliardi di utenti della Rete. Un lavoro che innescò meno polemiche di quanto mi aspettassi, perché, evidentemente, avevo sfondato una porta aperta. Infatti oggi quella tesi è ampiamente condivisa, benché se ne traggano conseguenze divergenti sul piano economico, politico e ideologico. Uno dei paragrafi del terzo capitolo si intitolava I guru pentiti rileggono McLuhan e analizzava, fra gli altri, il pensiero di Nicholas Carr, Jaron Lanier e Sherry Turkle, tre autori che, già ardenti fautori della rivoluzione digitale, avevano successivamente maturato una visione più critica degli effetti di Internet su economia, società e cultura.
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