In questo intervento, Emanuele Severino usa un modo molto sofisticato per dire (o forse per non dire) che il modo di produzione capitalistico travolge qualsiasi limite etico non per “destino” ma per un fatto relativamente semplice: “Dio e morto”, ma non di morte naturale. Per meglio dire, Dio è stato assassinato dal Capitale che ne ha preso il posto e ha ridotto in schiavitù i suoi “grandi valori” e li ha collocati sotto il comando di un singolo, potentissimo, “valore”: il profitto o, detto in altri termini, l’accumulazione di capitale.
Ora, mentre il Dio cristiano era stato costruito come “ente morale” (sviluppando e riunificando gli déi eccessivamente antropomorfi delle mitologie pagane) il Dio-Capitale di certo non è un tale ente e rispetto ad esso ci si può rapportare solo in termini esclusivamente “quantitativi”: più o meno capitale, più o meno denaro, più o meno potere. L'”etica” del mondo capitalistico è straordinariamente semplice: “bene” è avere più capitale; “male” è averne meno….
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