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Rileggere il Capitale. Ciclo di incontri sul primo libro del Capitale di Karl Marx
Dialettica dell’illuminismo
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Rileggere il Capitale. Ciclo di incontri sul primo libro del Capitale di Karl Marx
La vulgata del Marx economicista (di cui la riduzione a denaro della concezione del capitale è un caposaldo) è uno dei tanti modi per deformare il pensiero di Marx presentandolo in modo unilaterale, monco, limitato. Si taglia un braccio a Marx e poi si grida che a Marx manca una mano. È anche questa una “interiorizzazione dell’esteriorità” ovvero una vulgata che a forza di essere ripetuta come vera è divenuta vera
È passato molto tempo dal Manifesto [2] ma del comunismo si continua a parlare; e molto, stando alle quotidiane dichiarazioni di morte di cui è oggetto. Evidentemente lo “spettro” – come ebbero a definirlo Marx ed Engels (e oggi il termine sembra ancor più appropriato, se è vero che della prospettiva del comunismo si dice che sia morta e sepolta) – sembra incutere ancora una certa qual inquietudine.
Non c’è da stupirsi, in fondo. I capitalisti (o quanto meno i loro “intellettuali organici”) sanno bene che il modo di produzione capitalistico genera le loro ricchezze, ma anche una serie di irrisolvibili contraddizioni; ed è proprio dentro queste contraddizioni, prima ancora che nella soggettiva consapevolezza degli uomini, che si costituiscono la possibilità e la necessità storica del “nuovo mondo”, del non ancora esistente
Nel capitolo «Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia» del suo Dialettica della natura, Friedrich Engels affermava: «Ogni cosa influenza ed è influenzata da ogni altra cosa» [1]. Oggi, a duecento anni dalla sua nascita, Engels si può considerare uno dei fondatori del pensiero ecologico moderno. Se la teoria della frattura metabolica di Karl Marx è alla base dell’ecologia odierna ispirata al materialismo storico, resta pur vero che il contributo di Engels alla nostra comprensione del problema ecologico nel suo insieme rimane indispensabile – un contributo basato sulle sue approfondite ricerche sul metabolismo universale della natura, che rafforzarono e ampliarono l’analisi di Marx
This short book has been written to coincide with the 200th anniversary of the birth of Friedrich Engels, the close friend and collaborator with Karl Marx for over 40 years. This book is not a biography of Engels – there are plenty of those, of varying quality. Instead, it aims to outline, explain and analyse Engels’ contribution to a Marxist critique of political economy and capitalism. Engels’ economics has been sadly neglected, being lost under the large shadow of Marx’s Capital and his other economic works. And yet, Engels was the first to present a critique of the contemporary classical political economy of Smith, Ricardo and Malthus from a Marxist perspective – that is before Marx himself
Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (in relazione alle ricerche di L.H.Morgan), Biblioteca della Critica Sociale, Milano, 1901, PDF, 30Mb, introduzione di Eduard Bernstein, versione di Pasquale Martignetti, avvertenze filologiche di Filippo Turati
The 200th anniversary of the birth of F. Engels comes at a time when his contribution to Marxism is being disputed by Neue Lekture and Sraffian authors, based on the alleged discovery of him having distorted Capital. The evidence presented by the new anti-Engelsionists is flimsy and essentially philological hair-splitting arguments. The common ground uniting them is their abhorrence for the existence of Marxism as a coherent theoretical tradition and as a weapon for the revolutionary struggle of the working class for the emancipation of human society.
Nel parlare di marxismo e filosofia si va da chi afferma che il vero problema del marxismo è l’assenza di uno spazio filosofico specifico a chi afferma che un po’ di buona filosofia c’è, ma bisogna disseppellirla da sotto una montagna di deformazioni economicistiche, storicistiche, umanistiche, a chi sostiene che in Marx è posto in modo esauriente il problema filosofico fondamentale. E così via.
Il secolo, dunque, non è in alcun modo un secolo di “ideologie” nel senso dell’immaginario e delle utopie. La sua determinazione soggettiva principale è la passione del reale, di ciò che è immediatamente praticabile qui e ora. Abbiamo dimostrato che l’importanza della finzione non è che una conseguenza di tale passione
Nel parlare di marxismo e filosofia si va da chi afferma che il vero problema del marxismo è l’assenza di uno spazio filosofico specifico a chi afferma che un po’ di buona filosofia c’è, ma bisogna disseppellirla da sotto una montagna di deformazioni economicistiche, storicistiche, umanistiche, a chi sostiene che in Marx è posto in modo esauriente il problema filosofico fondamentale. E così via. Più in generale i filosofi vogliono più filosofia.
Le Tesi su Feuerbach [1], un insieme di 11 aforismi a quanto pare non destinati alla pubblicazione in questa forma, sono state scritte da Marx nel corso del 1845 mentre stava lavorando al manoscritto dell’Ideologia tedesca, anch’esso non pubblicato. Sono state scoperte più tardi da Engels e da lui pubblicate con alcune correzioni (non tutte prive di significato), come appendice al suo pamphletFeuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca (1886) [2]. Sono considerate largamente una delle formulazioni emblematiche della filosofia Occidentale, talvolta comparate con altri testi estremamente brevi ed enigmatici che combinano una ricchezza apparentemente inesauribile con uno stile enunciativo da manifesto, che annuncia un modo di pensare radicalmente nuovo come ilPoema di Parmenide o il Trattato di Wittgenstein
Scritta in stretta collaborazione dai due pensatori tedeschi durante la guerra, l’opera risponde al bisogno di tradurre sul piano speculativo una duplice esperienza: quella dell’Europa devastata dal fascismo, che gli autori si erano lasciata alle spalle, e quella della società americana che li aveva accolti. Entrambe le esperienze provano – ed è la tesi del libro – che l’illuminismo ha la tendenza a rovesciarsi nel suo contrario, non solo nell’aperta barbarie del fascismo, ma anche nell’asservimento totalitario delle masse attraverso la blandizie dell’industria culturale. Secondo gli autori, la libertà nella società è inseparabile dal pensiero illuministico. Il concetto stesso di questo pensiero, tuttavia, implica già il germe di quella regressione che oggi si verifica ovunque. Per questo essi affermano che se l’illuminismo non accoglie in sé la coscienza di questo momento regressivo, firma la propria condanna, e che è un dovere di tutti riflettere sull’aspetto distruttivo del progresso. Gli autori vollero qui dare un contributo, poi risultato essenziale, a questa che è una «comprensione teoretica dell’oggi«. Già edita una prima volta nel ’47, l’opera è tra l’altro uscita nei «Paperbacks» nel 1980
Ai nostri giorni, quando un giornale pone una domanda ai suoi lettori, lo fa per chiedere il loro parere su un tema su cui ognuno ha già la propria opinione:...
L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo.
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