Categoria: Mondo

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Philip Weiss | Arendt: Born in conflict, Israel will degenerate into Sparta, and American Jews will need to back away

Hannah Arendt, nel suo libro La banalità del male, cronaca del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann, mostra una cosa molto interessante: all’inizio del nazismo i consensi del movimento sionista  in Germania erano molto bassi. Gli ebrei tedeschi non volevano tornare in Palestina, come è normale per famiglie che da secoli vivevano in quel paese. Mano a mano che le persecuzioni naziste sono aumentate il movimento sionista si è progressivamente rafforzato e l’Agenzia per la Palestina ha cominciato a rimpatriare persone a pieno regime, grazie anche all’aiuto dei nazisti stessi (che in questo modo si levavano dai piedi molti ebrei) non prima di averle derubate di tutto ciò che possedevano in Germania. Non è esagerato dire che, senza il nazismo, il sionismo non avrebbe mai attecchito nelle comunità ebraiche.

Che lo Stato di Israele, impiantato con la forza in Palestina e in Medio Oriente, sarebbe degenerato in una nuova Sparta, costantemente in guerra, costantemente in preda al panico, costantemente protesa allo sterminio del proprio avversario… è una intuizione – come quella della Nabka che sarebbe venuta e della lobby ebraica USA (e degli USA più in generale) come supporto indispensabile per la sopravvivenza – che testimonia della lucidità di Hannah Arendt sul destino di Israele il quale, per quanti massacri possa compiere, alla fine non riuscirà a vincere. Anche Sparta è caduta, dopotutto, ed oggi non esiste nessuna città greca che ne abbia raccolto l’eredità (Antiper).

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Laboratorio Marxista | Fino alla fine del vostro mondo. Fino alla nascita del nostro

Fino alla fine del vostro mondo. Fino alla nascita del nostro.
Solidarietà ai fratelli e alle sorelle del Libano, della Palestina, dell’Iraq

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RK | Tutti per la crescita, intanto negli States…

La vulgata neokeynesiana pro “crescita” ha su questa sponda dell’Atlantico il suo dogma incrollabile: gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi grazie alla politica economica e monetaria espansiva dell’amministrazione Obama. Il suo profeta Paul Krugman, è vero, proclama in patria che la liquidità immessa non è ancora sufficiente per risollevare la middle class (anzi, ultimamente ha avanzato dubbi più “strutturali” ma i suoi adepti europei non sembrano aver preso nota). Nessuno comunque mette in dubbio che la strada giusta è quella.

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Viktor Shapinov | Un’analisi di classe della crisi ucraina

 
Le origini sociali e di classe della crisi ucraina non sono state indagate a fondo. L’attenzione si è concentrata principalmente sull’aspetto politico degli eventi e si è permesso che la loro base socioeconomica passasse in secondo piano. Quali sono state le forze di classe dietro il rovesciamento del regime di Yanukovich, l’insediamento di un nuovo regime a Kiev e l’ascesa degli anti-Maidan e del movimento nel sud-est?
 
La crisi del capitalismo ucraino 
 
La crisi ucraina non è un fenomeno nazionale isolato. Per una serie di motivi, l’Ucraina è stata “l’anello debole” ed è diventata la prima vittima del crollo del modello economico basato sulla regola del dollaro come valuta di riserva mondiale e sull’uso della domanda di credito al consumo come meccanismo di crescita economica [1]. L’economia ucraina è stata tra le più vulnerabili nel contesto della crisi globale, questo ha portato a una frattura nella classe dominante ed a un’aspra lotta che è visibile da diversi mesi . L’economia del capitalismo ucraino ha preso forma dal collasso del complesso economico dell’Unione Sovietica, dalla privatizzazione della proprietà collettiva e dall’integrazione nel mercato globale. Questi processi hanno portato al degrado della struttura economica della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, che era al decimo posto nella classifica mondiale dello sviluppo economico. L’Ucraina in epoca sovietica aveva un’economia complessa e sviluppata in cui avevano un ruolo di primo piano l’industria metalmeccanica e la produzione di beni ad alto valore aggiunto.
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Salutiamo i 50 anni di lotta delle FARC-EP

 
Al compimento dei 50 anni di lotta, il 27 maggio, inviamo un saluto fraterno e solidale alle FARC-EP, al suo Stato Maggiore Centrale e alla Segreteria, al Partito Comunista Clandestino della Colombia e al Movimento Bolivariano per una Nuova Colombia, che ispirati al marxismo-leninismo, sviluppano una lotta instancabile per i diritti della classe operaia, dei contadini poveri, dei giovani e delle donne, per il socialismo.
 
Onoriamo la memoria di Manuel Marulanda, dei fondatori, dei martiri comunisti e dei combattenti, dei comandanti e militanti, che nel corso di questi decenni hanno dato la loro vita per gli interessi popolari e dei lavoratori, per la libertà e la fine dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
 
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Francesca Sironi | Noi, i nuovi proletari digitali. Ecco chi sono i gli operai 2.0

Click click. Digita, schiaccia, salva, invia. Click click. Guarda, sposta, cambia esporta. Occhi aperti davanti al monitor, mano sul mouse, comandi da eseguire su un software: se oggi chiedessero a Charlie Chaplin di raccontare il proletario contemporaneo, i suoi Tempi Moderni forse li illustrerebbe così, con uno schiavo del click click. Al computer, più che tra gli ingranaggi di una catena di montaggio.

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Monica Montella e Franco Mostacci | I modesti effetti degli 80 euro in busta paga

Il bonus fiscale di 80 euro mensili, che ha rappresentato uno slogan comunicativo di grande impatto mediatico, corrisponde a un importo massimo di 640 euro per il 2014 ed è riservato ai lavoratori dipendenti e assimilati che hanno un reddito da lavoro dipendente fino a 26.000 euro[1]. Il decreto legge 66/2014 che lo ha istituito ha suscitato alcune perplessità che andrebbero approfondite[2].

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Joseph Halevi | Reddito di cittadinanza? Forget it!

Di fatto redditi di cittadinanza esistono in molti paesi, anche in Australia. Sono tutti stati concepiti come ammortizzatori in un contesto di piena occupazione. Quando questa è saltata il reddito di cittadinanza è stato messo sotto pressione. E’ ovvio. Durante le fasi di piena occupazione il gettito fiscale è alto e la graduazione delle tasse era molto progressiva. Con la disoccupazione il gettito fiscale si abbassa notevolmente anche perchè con la scusa di stimolare gli investimenti viene detassato il capitale. L’insieme delle finanze pubbliche viene messo sotto pressione.

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Antiper | Chiose a Emiliano Brancaccio, “Uscire dall’euro? C’è modo e modo”

Brancaccio sembra attribuire la “deflazione salariale” (cioè la diminuzione dei salari che sta avvenendo nei “paesi periferici”) al tentativo di “salvare la moneta unica”. Ma qui sorge subito una prima questione: la politica della riduzione dei salari è davvero una novità dovuta alla “moneta unica” (ed al tentativo del suo salvataggio)? Nei paesi in cui non vige questa questa “moneta unica” (leggi Gran Bretagna o USA) la deflazione salariale non si è realizzata?

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Antiper | Con le budella dei meno peggio bisognerebbe impiccarci i peggio

I commenti ai risultati delle recenti elezioni europee sono pieni di frasi del tipo “Renzi ha avuto una grande affermazione” oppure “Grillo non ha vinto” oppure “c’è stata un’alta astensione” oppure “gli euro-scettici sono in crescita” e così via. Tutte frasi che, a seconda di chi le usa e di come vengono usate, possono servire ad argomentare una tesi oppure il suo contrario.

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Fabio Chiusi | Il taylorismo digitale, e come uscirne

C’è un “Grande Impronunciabile” nel rapporto tra lavoro, tecnologia e sorveglianza, scrive Simon Head in ‘Mindless, Why Smarter Machines are Making Dumber Humans‘ (Basic Books, pp. 230): è “il mondo dei CBS“, i Computer Business Systems i cui pioneri nell’utilizzo sono Walmart, Amazon, Ups, Dell, Toyota. Head, diviso tra la carriera universitaria alla New York University e a Oxford e la direzione dei progetti della New York Review of Books Foundation, li definisce come “amalgama di differenti tecnologie messe insieme per svolgere compiti molto complessi nel controllo e nel monitoraggio degli affari, inclusi gli impiegati“. Ovvero, strumenti per monitorare le performance “in tempo reale” e controllare ogni aspetto della vita lavorativa nell’organizzazione. E che contengono al loro interno “sistemi esperti che mimano l’intelligenza umana per svolgere compiti cognitivi che sono parte integrante dei processi di business che il sistema stesso deve gestire“.

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La contraddizione | NEuro-fobia

Origine della questione. Introduzione al 1° gennaio 2002 della moneta unica coincide con una evidente impennata dei prezzi (“1000 lire sono come 1 €”). Il ministro dell’economia Tremonti (governo Berlusconi 2) attribuisce l’aumento dei prezzi alla mutata attitudine psicologica dei consumatori; secondo il ministro Trecarte, il problema consisteva nel fatto che i “cònzumatori” italiani non avendo adeguata confidenza con monete dotate di un valore così alto (1 € e 2 €), le sperperavano impoverendosi “a loro insaputa”. Per ovviare a ciò, propone l’introduzione dell’euro di carta (la proposta resta inevasa anche a livello europeo).

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Guglielmo Forges Davanzati e Rosario Patalano – L’euro e l’illusione del ritorno alle piccole patrie monetarie

Una coscienza culturale europea ed esiste una serie di manifestazioni di intellettuali e uomini politici che sostengono la necessità di una unione europea: si può anche dire che il processo storico tende a questa unione e che esistono molte forze materiali che solo in questa unione potranno svilupparsi: se fra x anni questa unione verrà realizzata la parola nazionalismo avrà lo stesso valore archeologico che l’attuale municipalismo  Antonio Gramsci, 1931

I principali argomenti utilizzati dai sostenitori della fuoriuscita unilaterale dell’Italia dall’Unione Monetaria Europea sono schematicamente riconducibili a questi: il recupero della sovranità monetaria consentirebbe un percorso di crescita guidato dalle esportazioni, attuato mediante il tradizionale strumento della svalutazione del tasso di cambio; l’abbandono dell’euro si assocerebbe all’attuazione di politiche fiscali espansive consentendo misure di ridistribuzione del reddito, attualmente impossibili per i vincoli imposti dall’austerità. Si tratta di argomenti che reggono implicitamente su due ipotesi. In primo luogo, occorre assumere che la sequenza di eventi che si immagina sia, per così dire, automatica, ovvero che l’abbandono della moneta unica implichi l’attuazione di politiche fiscali espansive. In secondo luogo, occorre ipotizzare che l’unione monetaria in quanto tale implichi, per necessità logica, l’attuazione di politiche di austerità[1]

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Keynes blog – All’Italia conviene lasciare l’Euro. L’analisi di Merrill Lynch

Athanasios Vamvakidis e David Woo di Bank of America Merrill Lynch pronosticano l’uscita dell’Italia dall’Euro, a sorpresa, prima della Grecia, in uno studio rilasciato pochi giorni fa. O almeno è ciò che potrebbe accadere applicando la teoria dei giochi. Secondo i due economisti l’Italia potrebbe avere diversi vantaggi nell’abbandonare volontariamente l’euro, prima che siano i mercati a deciderlo. Se così facesse, godrebbe di “benefici in termini di miglioramento della competitività, crescita economica e finanza pubblica”. Il nostro paese, in particolare, non si troverebbe ancora in una posizione maggiormente vincolata come la Grecia.

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Ernesto Screpanti | Uscire dalla crisi, ma come?

In questo articolo non voglio fare una semplice recensione. Piuttosto proverò a sviluppare una riflessione su alcune problematiche sollevate dal libro e dare qualche suggerimento. E comincerò con l’enucleare le proposte di riforma, rielaborandole nella veste di un programma politico

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Antiper | Brano sull’euro nel dibattito con Diego Fusaro

Prendi la questione dell’euro. Te lo dicemmo anche a Pietrasanta, a margine della conferenza: la tua impostazione sulla questione euro/Europa è sbagliata (come lo è quella di tutti i sovranisti in circolazione e anche quella di ampi settori della sinistra). Di per se stessa – ovvero senza condizioni – la disintegrazione dell’euro fa solo il gioco del suo principale oppositore che non sono le masse popolari europee (che non hanno nessuna voce in capitolo), ma il dollaro, ovvero l’imperialismo USA che invece di voce in capitolo ne ha molta e la usa in tutti gli scenari internazionali

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Primomaggio | Breve storia del Primo Maggio

La nascita della giornata internazionale del Primo Maggio è legata alle lotte per la settimana corta e la giornata lavorativa di 8 ore che coincidono con l’inizio dell’industrializzazione di massa negli Stati Uniti. Potrebbe sembrare che la richiesta di un salario più alto sia stata la causa scatenante dei primi scioperi negli USA, ma in realtà furono sempre poste in primo piano le richieste per la settimana corta e per il diritto di organizzazione dei lavoratori.

Giorgio Gattei – L’euro dei nazi e il nostro 0

Giorgio Gattei – L’euro dei nazi e il nostro

  Alla metà degli anni ’30 la stabilità degli scambi commerciali con l’estero era stata raggiunta in Germania mediante accordi bilaterali di clearing che consentivano di scambiare le merci senza...

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Emiliano Brancaccio | Uscire dall’euro? C’è modo e modo

Il tentativo di salvare la moneta unica a colpi di deflazione salariale nei paesi periferici dell’Unione potrebbe esser destinato al fallimento. L’eventualità di una deflagrazione dell’eurozona è dunque tutt’altro che scongiurata. Il problema è che le modalità di sganciamento dalla moneta unica sono molteplici e ognuna ricadrebbe in modi diversi sui diversi gruppi sociali. Esistono cioè modi “di destra” e modi “di sinistra” di gestire un’eventuale uscita dall’euro. Ma esiste una sinistra in grado di governare il processo?