Autore: Antiper

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Antiper | Euro o non euro. Questo è il problema? (IAT)

Antiper | Brano sull’euro nel dibattito con Diego Fusaro Emiliano Brancaccio | Uscire dall’euro? C’è modo e modo L’euro e la crisi. Incontro con Guglielmo Carchedi Guglielmo Carchedi | For another Europe. A...

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Ernesto Screpanti | Uscire dalla crisi, ma come?

In questo articolo non voglio fare una semplice recensione. Piuttosto proverò a sviluppare una riflessione su alcune problematiche sollevate dal libro e dare qualche suggerimento. E comincerò con l’enucleare le proposte di riforma, rielaborandole nella veste di un programma politico

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Antiper | Brano sull’euro nel dibattito con Diego Fusaro

Prendi la questione dell’euro. Te lo dicemmo anche a Pietrasanta, a margine della conferenza: la tua impostazione sulla questione euro/Europa è sbagliata (come lo è quella di tutti i sovranisti in circolazione e anche quella di ampi settori della sinistra). Di per se stessa – ovvero senza condizioni – la disintegrazione dell’euro fa solo il gioco del suo principale oppositore che non sono le masse popolari europee (che non hanno nessuna voce in capitolo), ma il dollaro, ovvero l’imperialismo USA che invece di voce in capitolo ne ha molta e la usa in tutti gli scenari internazionali

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Primomaggio | Breve storia del Primo Maggio

La nascita della giornata internazionale del Primo Maggio è legata alle lotte per la settimana corta e la giornata lavorativa di 8 ore che coincidono con l’inizio dell’industrializzazione di massa negli Stati Uniti. Potrebbe sembrare che la richiesta di un salario più alto sia stata la causa scatenante dei primi scioperi negli USA, ma in realtà furono sempre poste in primo piano le richieste per la settimana corta e per il diritto di organizzazione dei lavoratori.

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Antiper | L’uomo dalla Caverna al non ancora esistente (IAT)

  Alcuni materiali preparatori  Antiper – Diderot, Platone, Marx: tre caverne. Note di lettura a Denis Diderot, L’antro di Platone  Platone – L’”Allegoria della Caverna” (da Platone, Repubblica, libro VII)  Alain Badiou –...

Giorgio Gattei – L’euro dei nazi e il nostro 0

Giorgio Gattei – L’euro dei nazi e il nostro

  Alla metà degli anni ’30 la stabilità degli scambi commerciali con l’estero era stata raggiunta in Germania mediante accordi bilaterali di clearing che consentivano di scambiare le merci senza...

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Emiliano Brancaccio | Uscire dall’euro? C’è modo e modo

Il tentativo di salvare la moneta unica a colpi di deflazione salariale nei paesi periferici dell’Unione potrebbe esser destinato al fallimento. L’eventualità di una deflagrazione dell’eurozona è dunque tutt’altro che scongiurata. Il problema è che le modalità di sganciamento dalla moneta unica sono molteplici e ognuna ricadrebbe in modi diversi sui diversi gruppi sociali. Esistono cioè modi “di destra” e modi “di sinistra” di gestire un’eventuale uscita dall’euro. Ma esiste una sinistra in grado di governare il processo?

Eurostupidaggini – Vincenzo Sparagna 0

Eurostupidaggini – Vincenzo Sparagna

Tra le infinite stupidaggini che ci vengono rifilate da giornali, TV e – non ultimo – internet, una delle più stupefacenti è quella che vede nell’euro la radice dei nostri...

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Günter Figal | Disgustose e terribili quelle frasi del mio Heidegger

Dopo le rivelazioni sull’antisemitismo dei “Quaderni neri” parla il presidente della Società heideggeriana “Ma la filosofia del XX secolo non è pensabile senza di lui” 18/03/2014 – intervista a La...

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Joseph Halevi | Intervista di Eurotruffa

1) Prof. Halevi, in un suo lavoro scritto con Riccardo Bellofiore dal titolo “La Grande Recessione e la Terza Crisi della Teoria Economica”, sostenete che, con la grande crisi capitalistica del 2007-2008, siamo dinanzi alla terza crisi della teoria economica. Può spiegarci, brevemente, cosa intendete? Quali sono state, invece, le prime due crisi?

La crisi del 2007 è, ovviamente, anche una crisi di tutti quegli approcci teorici che celebravano l’efficienza dei mercati finanziari come trasmettitori di informazioni affidabili per non dire perfette. Ma questo non sarebbe un granché. La fase apertasi col 2007 mette in crisi anche le visioni secondo cui dal 1980 in poi, cioè con Ronald Reagan e Margaret Thatcher, il sistema economico sarebbe stato gestito da politiche neoliberiste volte a ridurre il ruolo dell Stato a favore del mercato.

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Luca Basso | L’uomo come zoon politikon. Società, comunità e associazione in Marx

L’articolo è incentrato sull’antropologia marxiana, a partire dall’idea secondo cui l’uomo è uno zoon politikon. In particolare, nella Einleitung del 1857, si afferma proprio che l’uomo è uno zoon politikon, e nel primo libro del Capitale, si ribadisce tale concetto, sottolineando il fatto che l’espressione indicata può essere tradotta con “animale sociale”, più che con “animale politico”. Più avanti ritornerò su tali passi, mostrando il fatto che non possono venire interpretati a partire dalla convinzione di un presunto “aristotelismo” di Marx: l’elemento dello zoon politikon viene completamente “trasvalutato” rispetto ad Aristotele. Questo rilievo sull’uomo come zoon politikon fa emergere la dimensione antropologica del pensiero marxiano. Metterò in luce il carattere non astratto, non essenzialistico di tale antropologia, che si radica in una situazione determinata, all’interno di un determinato contesto storico e sociale. D’altronde, proprio dal momento che lo zoon politikon viene inteso come animale sociale, più che come animale politico, il riferimento alla società risulta decisivo: cruciale si rivela quindi la questione del rapporto fra individuo e società, e anche fra individuo e comunità, e individuo e associazione. Così il percorso svolto attraverserà i concetti di società, comunità e associazione, che devono venire tra di loro differenziati, ma nello stesso tempo presentano vari tratti comuni. Vista l’enorme vastità del tema di per sé, e nello specifico in Marx, pur fornendo un approccio complessivo al problema, mi soffermerò in particolare sul lemma società in senso stretto, Gesellschaft, cercando di farne emergere gli aspetti più rilevanti. Metterò in luce il nesso fra il concetto di società, Gesellschaft e quello di comunità e “essere comune”, Gemeinschaft Gemeinwesen, insistendo sul rapporto sociale come centrale per l’interpretazione del problema. Inoltre verrà esaminato, anche se in modo meno approfondito (essendo anche meno frequente nell’itinerario marxiano), l’elemento dell’associazione, dell’unione, Assoziation Verein, significativo in particolare per connotare il comunismo in quanto cooperazione di uomini liberi. Nella prima parte mi soffermerò sui primi testi marxiani, e soprattutto sull’Ideologia tedesca, nella seconda parte, più ampia, esaminerò in particolare la Einleitung del ’57 e i Grundrisse, ma farò anche qualche riferimento al Capitale. Non intendo in alcun modo approdare alla delineazione di due Marx, il giovane Marx, umanista e ideologico, e il Marx maturo, scientifico. Su questo punto la tesi althusseriana, in particolare contenuta in un testo comunque importante come Per Marx [1], della “rottura epistemologica”, irrigidisce in modo non condivisibile il discorso. Invece indagherò il percorso marxiano nella sua sostanziale unitarietà, pur all’interno di una serie di problematizzazioni, e talvolta anche fratture e scarti interni. La presente trattazione è incardinata sulla critica marxiana alla società, in quanto società borghese, più che sulla questione dell’associazione comunista, anche se emergeranno alcune linee di tendenza in tal senso, in particolare in relazione al fatto che la direzione qui intrapresa è volta non all’ipostatizzazione della società a scapito degli individui, ma al contrario alla realizzazione delle singolarità operaie [2].

 

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Luca Illetterati – Essere giusti con la filosofia

Discipline. Competenza efficacia efficienza: le tre parole magiche di un lessico che informa il modello politico culturale basato su una idea del sapere funzionale a una qualche performatività. Difficile motivare appelli in suo nome

Nell’ultimo romanzo di John Maxwell Coetzee, L’infanzia di Gesù (Einaudi 2013) la parola ‘filosofia’ è una di quelle che ricorre più spesso. Quando Simón, il facente funzione di padre per David, il bambino di cui si narra, si trova in ospedale a causa di un incidente sul lavoro, al porto, Eugenio, un compagno di lavoro, pensando di fargli cosa gradita – perché Simón è una persona seria, dice Eugenio – gli porta i testi del suo corso di filosofia. Simón guarda il libro e, come temeva, vede che parla di tavoli e sedie. È un libro di quel tipo di filosofia lì: quel tipo di filosofia, cioè, che muovendo dall’infinita varietà e diversità di tavoli e sedie che ci sono nel mondo si chiede quale sia l’unità di fondo di quella molteplicità, «che cosa faccia di tutti i tavoli tavoli e di tutte le sedie sedie». Ma questo genere di filosofia a Simón non interessa. «Che tipo di filosofia ti piacerebbe?» gli chiede allora, stupito, Eugenio. E Simón risponde: «Il genere che ti scuote. Che ti cambia la vita».

Da Coetzee al qui e ora

Ho pensato a Coetzee in questi giorni di appelli di filosofi per la filosofia e a sua difesa. E cercherò di dire perché, leggendoli, ho pensato alle parole di Simón. Che cosa dicono quegli appelli? Vi si richiama l’attenzione su un pericolo che riguarda la filosofia, si denuncia cioè il tentativo di un processo di marginalizzazione della filosofia all’interno dei diversi tipi di percorsi formativi nella scuola secondaria (attraverso un taglio delle ore e il progetto, per ora solo sperimentale, di ridurre nei licei da tre a due gli anni in cui essa è insegnata) e nell’università (soprattutto all’interno dei corsi di laurea non filosofici, dove se mai si è costretti a inserire una disciplina filosofica, si cerca quanto più possibile una filosofia speciale, una filosofia della, piuttosto che la filosofia in quanto tale).

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Etienne Balibar | Dall’antropologia filosofica all’ontologia sociale e ritorno: che fare con la sesta tesi di Marx su Feuerbach?

Le Tesi su Feuerbach [1], un insieme di 11 aforismi a quanto pare non destinati alla pubblicazione in questa forma, sono state scritte da Marx nel corso del 1845 mentre stava lavorando al manoscritto dell’Ideologia tedesca, anch’esso non pubblicato. Sono state scoperte più tardi da Engels e da lui pubblicate con alcune correzioni (non tutte prive di significato), come appendice al suo pamphletFeuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca (1886) [2]. Sono considerate largamente una delle formulazioni emblematiche della filosofia Occidentale, talvolta comparate con altri testi estremamente brevi ed enigmatici che combinano una ricchezza apparentemente inesauribile con uno stile enunciativo da manifesto, che annuncia un modo di pensare radicalmente nuovo come ilPoema di Parmenide o il Trattato di Wittgenstein

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Annalisa Andreoni – Nessun appello per le scienze umane

 

L’appello di Alberto Asor Rosa, Roberto Esposito e Ernesto Galli della Loggia in difesa delle discipline umanistiche uscito su una rivista autorevole come il Mulino (6/2013) ha la singolare capacità di far fare al dibattito sulla crisi culturale in corso un incredibile salto all’indietro di alcuni decenni. L’assunto di fondo è che in questa fase storica stia avvenendo un ripudio dell’umanesimo a favore della scienze dure, a partire dagli insegnamenti scolastici. Gli studi umanistici sarebbero gli unici che “assicurano il legame con la specificità della dimensione storica della vita”, mentre le discipline scientifiche sarebbero ovunque le medesime e tenderebbero a esprimersi tutte in una medesima lingua, l’inglese.

Il declino degli studi umanistici si rifletterebbe sulla crisi del “politico” che oggi abbiamo di fronte: ciò in particolare in Italia, perché “l’elemento più intrinseco della cultura letteraria e filosofica italiana è costituito proprio da quest’anima politica”, dato il ruolo quasi di supplenza esercitato in Italia dalla cultura storica, letteraria e filosofica, rispetto alla mancata unità politica. I tre intellettuali tracciano un breve profilo storico-ideologico su questa linea, tutta desanctisiana, che mette in fila Dante, Machiavelli, Sarpi, Campanella, Vico, Cuoco, Foscolo, Manzoni (e Cattaneo) e concludono che, se il politico è la chiave interpretativa della cultura italiana, la soluzione sta nel recuperarlo e nel rimettere il ruolo e le ragioni della politica al di sopra di quelle dell’economia, che negli ultimi anni è stata prevaricante.

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Riccardo Bellofiore | La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes

Le note che seguono sono nient’altro che appunti, incompleti, sulla ‘socializzazione degli investimenti’: espressione che compare, in modo cruciale, nell’ultimo capitolo della Teoria generaledi Keynes. Il termine, negli anni a noi più vicini, è diventato di moda, soprattutto in una certa sinistra (quella che non si sa più come chiamare: alternativa, radicale; certo non di classe). Come di consueto, ciò è avvenuto in modo generico e acritico, all’interno di una troppo confusa ripresa di Keynes. Essendo stato tra quelli che la socializzazione degli investimenti la avevano, per così dire, nel proprio codice genetico da decenni, ma in un senso non poco diverso dalla lettera dell’economista cantabrigense, ciò che proporrò qui è un percorso di lettura (spesso costituito da pure e semplici citazioni, parafrasi), che aiutino ad orientarsi. Seguirà un breve richiamo agli usi che ne ho proposto in passato, ben prima della nuova vulgata in formazione, e qualche considerazione più strettamente teorica e politica.