Autore: Antiper

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Giulia Bausano, Emilio Quadrelli | L’utopia reazionaria della nuova “classe agiata”. Forma e dominio delle élite globali

Il discorso del generale cinese Qiao Liang, pronunciato di recente presso l’Università della Difesa di Pechino e riportato nel n.7 della rivista Limes [1], offre l’occasione per dare uno sguardo dentro le “visioni del mondo” delle classi dominanti contemporanee. Capire cosa pensano, cosa anima le loro strategie, in che modo organizzano i conflitti che, ogni giorno che passa, con sempre maggior forza delineano gli scenari della politica internazionale, è qualcosa di più che un semplice vezzo intellettuale. Sappiamo da tempo che ogni Weltanschauung ha ricadute materiali e oggettive non meno reali dei “fatti” anzi, a ben vedere, sono proprio le visioni del mondo e le idee forza che esse veicolano a dare senso e significato ai fatti. Se così non fosse ben difficilmente diventerebbe comprensibile, ad esempio, la partita mortale che intorno alla Storia e alla sua narrazione/interpretazione si gioca. Al contempo altrettanto inspiegabile sarebbero la quantità di risorse ed energie dedicate dalle intelligenze delle classi dominanti a ordinare il mondo e il corso delle cose in un certo modo piuttosto che in un altro.

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Maurizio Donato | L’astrazione

“L’astrazione è uno strumento indispensabile all’interno del processo conoscitivo e di indagine scientifica” ma (o forse proprio per questo) sul significato e dunque sull’uso di questo concetto prevalgono idee confuse, spesso fuorvianti. Per chi non abbia familiarità con i concetti, astratto potrebbe sembrare sinonimo di irreale, per cui concreto sarebbe – per contrasto – il reale: non è così.

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Marxpedia | Astrazione

L’astrazione è uno strumento indispensabile all’interno del processo conoscitivo e di indagine scientifica. Nell’Introduzione del ‘57 Marx analizza il fatto concreto costituito dalla produzione e delinea due generi di astrazioni genera li. È possibile prima di tutto individuare alcuni elementi caratterizzanti la produzione, comuni a tutti periodi del divenire della società: “Nessuna produzione è possibile senza uno strumento di produzione… senza lavoro passato, accumulato”, nessuna produzione senza un oggetto di lavoro e il rapporto con la natura e senza ovviamente un soggetto che esplichi tale attività. Ora, però, individuare ed isolare questi elementi è poco utile perché con la produzione in generale restiamo con elementi indeterminati che non possono cogliere il pro cesso di produzione nella sua peculiarità. È questo ciò che, secondo Marx, fa l’economia politica classica, la quale, partendo dall’analisi della realtà della produzione capitalistica, individua questi elementi comuni a tutte le produzioni, ma qui si ferma senza indagarne la specifica combinazione e rendendo così eterna e “naturale”, con l’astrazione della produzione in generale, una forma invece specifica di produzione: “Ogni produzione è appropriazione della natura da parte dell’individuo all’interno e a mezzo di una determinata forma sociale”.

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Emilio Quadrelli e Giulia Bausano | Lenin, Lenin sempre Lenin. Introduzione a “Classe, partito, guerra”

Le retrovie dell’imperialismo, per usare un lessico forse un po’ datato, sembrano essere sostanzialmente sicure. Neppure a livello simbolico il complesso militare – industriale imperialista è stato sfiorato, le sue sedi economiche e commerciali sono rimaste intonse, mentre il personale politico – diplomatico e le sue strutture non sono stati vittime di alcuna contestazione

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Antiper | Le donne tra due rivoluzioni. Dalla Rivoluzione francese alla rivoluzione d’Ottobre

Abbiamo pensato di promuovere questo IASP perché crediamo che sia fondamentale conoscere il percorso nella storia dei movimenti delle donne, anche per comprendere meglio come sono evoluti e cosa siano diventati oggi questi movimenti, a che punto è la lotta delle donne per la propria emancipazione, attraversando sinteticamente varie epoche e partendo dalla Rivoluzione francese.

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Officine filosofiche | Lavoro e alienazione nell’epoca dell’emergenza ecologica

Lavoro e alienazione nell’epoca dell’emergenza ecologica Conferenza/dibattito in occasione dell’uscita del secondo volume della collana Officine Filosofiche | Ecologia esistenza lavoro     12 maggio 2015 | Ore 16.30 Università di...

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Antiper | Gunther Anders alla manifestazione del primo maggio contro Expo

Gunther Anders è stato un filosofo dalle posizioni decisamente radicali. Le sue idee sulle forme di lotta necessarie per impedire la corsa dell’uomo verso l’auto-distruzione nucleare erano molto precise: se si vuole fermare la rovina non sono le cose che devono essere colpite, ma le persone che di questa rovina sono responsabili. In un suo breve scritto ebbe a dire:

 

“4. Non vale la pena di minacciare i prodotti, giacché in essi è comunque già innata la “pulsione di morte”. Fino ad ora non ho assolutamente preso in considerazione il fatto che la distruzione dei prodotti (non solo quelli del nemico, ma anche i propri) rientra negli interessi del capitalismo, dato che tale distruzione è la condizione per la continuazione della produzione (la quale a sua volta richiede di essere prodotta). In breve, non ho considerato il fatto che tutti i prodotti (ammesso che con uno scherzo filosofico ci sia consentito attribuire loro una vita psichica) “desiderano” avere una vita tanto breve, quanto quella dei beni di consumo, e cioè di non esistere affatto; e dunque che la loro “pulsione di morte”, la loro speranza di sparire rapidamente, i loro impulsi tendenti verso quel fine rappresentano l’”inclinazione fondamentale” che agisce all’interno del sistema capitalistico.
Se si riflette su questo, allora si esita a credere alla paura e all’indignazione dei signori dell’industria di fronte al sabotaggio. Al contrario, essi sperano nel sabotaggio, poiché questo in verità non è che una variante della loro planned obsolence (obsolescenza pianificata) una variante in cui la distruzione, che solitamente essi stessi preparano (appunto attraverso la premeditata fabbricazione della scarsa resistenza di questi prodotti), viene affidata ad altre persone: ossia a quelli che loro stessi assumono con l’etichetta di “facinorosi”” [1].

 

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Daniel Zamora | Michel Foucault: liberalismo e critica

Nel dicembre scorso Daniel Zamora, un giovane studioso belga, ha rilasciato un’intervista al settimanale francese «Ballast» dal titolo ambiguamente provocatorio “Peut-on critiquer Foucault?”.

L’intervista, concessa in occasione dell’uscita del volume – a cura dello stesso Daniel Zamora – Critiquer Foucault. Les années 1980 et la tentation néolibérale (Aden Editions, 2014) e tradotta poi in inglese qui dalla rivista Jacobin, ha originato un vivace dibattito (qui un riepilogo) che ha avuto risonanza anche Oltreoceano (qui e qui).
 
C’è un grande equivoco di fondo nel dibattito contemporaneo attorno alla figura di Foucault. Si tratta della sua storicizzazione e canonizzazione all’interno di una tradizione di pensiero sezionata in categorie predeterminate, dalla quale discende la crescente volontà filologico-esegetica dei sempre più numerosi foucaultiani sparsi per il mondo, o – a contrario – la critica serrata a singoli passaggi e interpretazioni testuali, magari relativi all’antichità. Zamora si innesta su questo terreno scivoloso con una “vecchia” innovazione, più affine all’intervento militante contemporaneo che all’analisi a distanza: la critica del portato politico e della ricaduta sociale all’interno di una cornice ideologica ben circoscritta. All’apparenza distanti, queste due strategie riposano su un medesimo presupposto: il passaggio dal lavoro con i testi e il pensiero di Foucault al lavoro sui testi e il pensiero stessi.
 
Proponiamo di seguito l’intervista concessa da Daniel Zamora, cui seguirà nelle prossime settimane una nota critica (a cura di Giacomo Tagliani e Antonio Iannello) che vuole essere anche un invito ad aprire sul nostro blog uno spazio di discussione sul pensiero di Michel Foucault in merito alle sue analisi dei dispositivi, delle pratiche storiche, i discorsi, le razionalità politiche che hanno contribuito alla nascita e al consolidamento di quella forma economica, politica sociale e militare che ha preso il nome di Stato liberale in Europa occidentale.
 
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Mario Boyer (IRES) | Sintesi di Beverly J. Silver, Le forze del lavoro, Movimenti operai e globalizzazione dal 1870 ai nostri giorni

 
OSSATURA DELLA RICERCA
 
Il World Labor Reserch Group, costituito nel 1986 dalla Professoressa statunitense Beverly J. Silver, avvia un progetto di raccolta di dati sui movimenti operai nel mondo a partire dal 1870: il World Labor Group Data Base. Il progetto consiste nella creazione di un archivio storico delle lotte dei movimenti operai connesse ai processi di internazionalizzazione/decentramento produttivo dell’industria tessile e dell’industria dell’automobile, che si sono svolte nel mondo nel periodo che va dal 1870 ai nostri giorni.
 
Nel 1993 Beverly J. Silver, incaricata presso la John Opkins University, costruisce con la collaborazione di alcuni dottorandi uno schema di concetti comparativi tra settori industriali globali che fa da guida alla raccolta di dati del Gruppo Data Base.
 
Il Data Base opera con riferimento ad un lungo periodo storico (XIX-XX secolo) e all’area geografica “mondo”. La Ricerca parte dalla premessa metodologica che lavoratori e movimenti operai situati in vari Stati e aree geografiche del mondo sono collegati tra loro dalla divisione internazionale del lavoro su scala mondiale e dai processi politici globali. E’ fondamentale quindi, allo scopo di comprendere le dinamiche dei movimenti operai a partire dal tardo Ottocento, capire – sia nel tempo che nello spazio – i processi che mettono in relazione su scala mondiale i “singoli casi”.
 
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Danilo Corradi | Recensione a Beverly J. Silver, Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870

Un libro davvero molto interessante e utile. Da leggere (Antiper)
 

Beverly J. Silver, Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870

Bruno Mondadori, Milano 2008, pp. 312 |  Le forze del lavoro (5 capitoli) | (Prima ed. Cambridge University Press 2003) | Forces of labor (full)

 
Le forze del lavoro è un libro di straordinario interesse, frutto di un lavoro collettivo sulle trasformazioni del lavoro e sull’evoluzione del conflitto operaio letto da una prospettiva storico-mondiale.
 
È un tema cui da anni si interessa un’ampia letteratura, la quale muove dalla domanda cruciale sulle cause della crisi del movimento operaio degli ultimi 30 anni. Una domanda sul passato che interroga il futuro, che potremmo esporre così: è possibile considerare questa crisi come strutturale e dunque definitiva, o siamo di fronte a un’epoca di trasformazione e transizione che collocherà e rilancerà il conflitto operaio su una nuova dimensione?
 
Quello di Silver è uno di quei rari testi capace di segnare una discontinuità metodologica, prospettica e analitica di cui difficilmente si potrà non tenere conto in futuro.
 
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Karl Marx | Il metodo dell’economia politica

Da Introduzione a “Per la Critica dell’Economia Politica”, Capitolo 3
 
 
Se esaminiamo dal punto di vista politico-economico un Paese dato, cominciamo con la sua popolazione, la sua divisione in classi, la città, la campagna, il mare, i differenti rami della produzione, l’export-import, la produzione e il consumo annuali, i prezzi delle merci, ecc.
 
Sembra corretto cominciare con il reale e concreto, con il presupposto effettivo e, dunque, nell’economia, per es., con la popolazione, che è il fondamento e il soggetto dell’intera attività produttiva sociale. Ma, ad una considerazione più attenta, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione se, per es., trascuro le classi, di cui consiste. Queste classi, a loro volta, sono una vuota espressione, se non conosco gli elementi su cui si basano. Per es., lavoro salariato, capitale, ecc. Questi sottendono scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Capitale, ad es., senza lavoro salariato è nulla,[ed anche è nulla] senza valore, denaro, prezzo, ecc.
Collettivo Criticamente | Avvertenza per il lettore 0

Collettivo Criticamente | Avvertenza per il lettore

Avvertenza per il lettore:   I testi del Capitale qui riportati non sono una traduzione integrale degli originali, bensì una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a...

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Militant | L’anti-marxismo congenito del pensiero post-strutturalista

Ci accorgiamo con colpevole ritardo di una pubblicazione illuminante, sebbene dai tratti filosofici marcati e quasi per addetti ai lavori, sul ruolo che il pensiero post-strutturalista francese ha avuto riguardo alla costruzione di un paradigma politico anti-marxista, raccolto da una parte dei movimenti sociali dal ’68 in avanti. Un problema affatto attuale, visto che un certo modus pensandi, per così dire, è ancora alla base dell’azione politica di parte dei movimenti sociali.

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François Rastier | L’heideggerismo, dopo il naufragio

Scriveva Heidegger: «Bisognerebbe chiedersi su cosa sia fondata la particolare predestinazione della comunità giudaica per la criminalità planetaria» (1). È tutto qui: il complotto mondiale e anche cosmico, l’individuazione di una comunità criminale della quale si pretende «lo sterminio totale», nove anni prima della conferenza di Wannsee. Dieudonné è stato accusato d’incitamento all’odio razziale per molto meno; ma chiunque se la prendesse per la pubblicazione di queste scempiaggini heideggeriane verrebbe subito accusato di voler censurare il grande Pensatore.

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Antiper | La politica come continuazione della guerra con altri mezzi. Foucault, Von Clausevitz, Marx

“E se è vero che il potere politico arresta la guerra, fa regnare o tenta di far regnare una pace nella società civile, non è affatto per sospendere gli effetti...

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Antiper | Il “doppio movimento” e la costruzione statale del libero mercato in Karl Polanyi

Fin dalle origini il capitalismo ha posto, l’uno di fronte all’altra, “mercato” e “società”. Questa contraddizione ha generato, secondo Karl Polanyi, un “doppio movimento”: da un lato la tendenza del capitalismo a sottomettere alla propria logica riproduttiva ogni ambito della vita; dall’altro, l’insorgere di resistenze che si oppongono a questa sottomissione e cercano di ostacolarla, in una sorta di “autodifesa della società”. Sebbene si senta spesso ripetere che il “libero mercato” sarebbe un mercato liberato dal soffocante controllo dello Stato in realtà il mercato “autoregolato” (come lo chiama Polanyi) non è affatto un prodotto spontaneo della storia, ma il risultato di una ben precisa azione dello Stato stesso che ha avuto un ruolo decisivo non solo nella sua creazione – e nella creazione della “società di mercato” ad esso associata -, ma anche nel suo controllo, non esistando a distruggere qualsiasi parvenza “democratica”, attraverso i fascismi del ‘900, per difendere la società del capitale (e del resto Polanyi ebbe a dire che “per comprendere il fascismo tedesco, bisogna rivolgersi all’Inghilterra ricardiana” intendendo evidenziare una certa linea di continuità tra l’idea mercatista dell’800 e alcuni esiti politici secolo successivo).

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Giornata internazionale della donna 2015

  8 marzo | GIORNATA INTERNAZIONALE della DONNA Non solo una festa ma una giornata di lotta   7 MARZO 2015 | ore 17 Libreria LIBeRITUTTI Via Tommaseo 49, La...