Marco Riformetti | I capelloni ovvero le ascendenze
Tratto da Marco Riformetti, Tutti dentro con il biglietto del movimento. Gli “autoriduttori” nelle controculture giovanili degli anni ‘70, Tesi di laurea magistrale in “Sociologia e ricerca sociale”, maggio 2022
Le due esperienze più influenti all’interno del movimento per le autoriduzioni ai concerti sono, lo vedremo meglio più avanti, «Re Nudo» e «Stampa Alternativa». In queste due esperienze spiccano le figure di Andrea Valcarenghi (direttore di «Re Nudo») e di Marcello Baraghini (direttore di «Stampa Alternativa») le quali, sia pure in modo diverso, attraversano buona parte delle controculture degli anni ‘60 e ‘70 ed esercitano, con le proprie produzioni, un’influenza importante. Non intendiamo analizzare le biografie di Valcarenghi e Baraghini (che possono essere rintracciate abbastanza agevolmente [1]) ma ci limitiamo a tratteggiare in modo sintetico alcuni elementi che caratterizzano l’impostazione culturale dei movimenti che anticipano le autoriduzioni ai concerti.
Come è noto la beat generation è un movimento intellettuale che esplode negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni ‘50 dopo la pubblicazione di opere che diverranno veri e propri “cult”: da Sulla strada di Jack Kerouac (1956) a Urlo di Allen Ginsberg (1957) e Il pasto nudo di William S. Burroughs (1959). La letteratura beat arriva in Italia principalmente attraverso il lavoro di traduzione e commento di Fernanda Pivano che diventa una sorta di “ambasciatrice” (ROMANZI [2021]) della beat generation così come lo era stata della vecchia lost generation (Hemingway, Scott-Fitzgerald, Faulkner…).
Alle origini, l’approccio beat è sostanzialmente individualistico (PIVANO [1958]) e muove da una personale condizione umana di sofferenza e di ribellione che però non nutre alcuna velleità di trasformarsi in attivismo politico; è già presente una tensione alla comunicazione e alla costruzione di relazioni, magari fugaci ed estemporanee, come emerge dalla pratica dell’autostop (Kerouac, che pure ha quasi sempre viaggiato in bus, afferma che si fa l’autostop non tanto per risparmiare soldi quanto per conoscere persone); ma pur essendo anche questo un approccio di tipo relazionale il soggetto è sempre un “io” e mai un “noi”.
Nella seconda metà degli anni ‘60 nasce e si sviluppa in California il movimento hippy che unisce alcuni tratti culturali beat con un attivismo molto più sviluppato che si caratterizza per un approccio fortemente comunitario e pacifista (ovviamente spinto anche dall’influenza che la guerra in Indocina assume gradualmente nella vita politica statunitense).
In questi anni la tendenza più diffusa nell’ambiente underground italiano è quella che si ispira ai provo di origine olandese che a loro volta si rifanno soprattutto alla cultura hippy nordamericana. A Milano i provo – di cui fanno parte Andrea Valcarenghi e il gruppo che anima, “Onda verde” – confluiscono nel movimento-rivista “Mondo Beat” che diventa il centro dell’underground meneghino; a Roma Marcello Baraghini e Carlo Silvestro (che successivamente fonderanno «Stampa Alternativa») animano il “Gruppo Provo Roma Uno”. C’è dunque – ed è una cosa significativa – una comune genealogia tra le persone e i movimenti che all’inizio degli anni ‘70 propongono la pratica delle lotte ai concerti.
I provo sono un movimento, come quello beat, in cui la dimensione artistica (poesia, musica, arti figurative…) è importante; in parte questo spiega la centralità che assume il tema della musica nella controcultura underground che stiamo analizzando. Pur sviluppando una critica severa al sistema capitalistico e alla società dei consumi i provo sono molto distanti da un approccio anche solo vagamente marxista e, al più, rivendicano una vicinanza con un’impostazione anarchica.
«“Mondo Beat”, il primo esempio di stampa underground e rivista di controinformazione […] vide la luce nella sezione anarchica “Sacco e Vanzetti” a Milano con il contributo di Giuseppe Pinelli» (BENVENGA [20151])
«Lo spirito dei non. Sono anarchici, libertari, beats, capelloni, beatniks, blousons noirs, paria, hipsters, esistenzialisti, provos, nichilisti, hippies, uligani, disadattati, artisti, asociali, anticonformisti. Ripeto: anarchici.» (PROVO CAPELLONE [1967])
Una caratteristica essenziale dei provo è quella che propone terreni di lotta fortemente influenzati dalle tendenze culturali e dai movimenti per i diritti civili nordamericani, a prima vista avulsi dal contesto “operaista” e “studentesco” che caratterizza i principali movimenti italiani degli anni ‘60 (ed ancor più distanti dall’influenza storica della Resistenza e della Rivoluzione d’ottobre). La grande attenzione verso gli Stati Uniti [2] – soprattutto in una pubblicazione come «Re Nudo», che sin dai primissimi numeri fa conoscere ai giovani italiani le idee e l’attività di John Sinclair, Angela Davis, Timothy Leary, i Weathermen, Jerry Rubin, le Pantere Nere… –, è una caratteristica molto distintiva dei movimenti post-provo anche perché è proprio dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna che arrivano le star del rock che richiamano ai loro concerti decine e decine di migliaia di giovani ai quali può essere portata la proposta di lotta. Successivamente le lotte per l’autoriduzione si svolgeranno anche ai concerti di artisti italiani; resteranno famose le iniziative di contestazione svolte contro De Gregori nel 1976, Dalla nel 1978, De André nel 1979.
In questo momento i provo sembrano avere un programma che potremmo definire “liberal-antagonista” al cui centro si collocano la lotta contro il carattere sempre più repressivo della società e quella per la completa autodeterminazione individuale, senza mostrare alcun particolare interesse verso una riflessione posta in termini di classi sociali (se non nel senso di desiderare astrattamente la loro scomparsa)
«Auto-governo del popolo. Eliminazione delle classi sociali. Eliminazione delle gerarchie. Il lavoro inteso come gioco, come creazione. L’uomo non lavorerà più. Le macchine lavoreranno per lui» (PROVO CAPELLONE [1967])
Paradossalmente, però, il desiderio di far scomparire le classi sociali si manifesta sotto forma di scomparsa della riflessione sulle classi sociali. Interessante il discorso sulle macchine che non vengono demonizzate (come in genere avviene nei movimenti anarchici) ma addirittura pensate come strumento per la liberazione dalle costrizioni del lavoro necessario.
La proposta che «Provo Capellone» fa alla cittadinanza [3] si aggiunge ad altre proposte, formulate tra il serio e il faceto, che diverranno fondamentali nel corso degli anni ‘70: legalizzazione delle droghe, libertà per gli omosessuali, divorzio…
L’evoluzione post-provo (che per semplificare possiamo rappresentare come evoluzione verso «Re Nudo» da una parte e verso «Stampa Alternativa» dall’altra) è caratterizzata dalla crescita di interesse verso le lotte dei lavoratori e soprattutto dalla perdita del discorso non violento, precedentemente centrale; una perdita che si verifica in tutto il mondo e che in Italia subisce una decisa accelerazione soprattutto dopo la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 (DI GIOVANNI, LIGINI, PELLEGRINI [2006]) e dopo l’assassinio da parte della polizia dei braccianti in sciopero ad Avola nel dicembre del 1968 (2 morti, 48 feriti) [4] e a Battipaglia nell’aprile del 1969 (2 morti, 200 feriti) [5].
Note
[29] Nel 1973 Valcarenghi ha scritto un’autobiografia nella quale ripercorre, attraverso la propria storia, la storia dei movimenti underground a Milano a partire dalla metà degli anni ‘60 (VALCARENGHI [1973]).
[30] Naturalmente non solo verso gli Stati Uniti; tutto lo sguardo della rivista è fortemente caratterizzato in senso internazionalista.
[31] «Cosa propongono seriamente i NON alla cittadinanza» (PROVO CAPELLONE [1967]).
[32] Ilaria Romeo, Avola 1968: morti a mano armata, Collettiva, online, 2 dicembre 2020.
[33] Ilaria Romeo, L’eccidio di Battipaglia, Collettiva, online, 8 aprile 2021.