Marco Riformetti | Modi di produzione e feudalesimo
Tratto da Marco Riformetti, Sulla transizione dal modo di produzione feudale a quello capitalistico, Paper di Storia dell’Europa Medievale, LM Storia e civiltà, Unipi, 2024
Sul concetto di “modo di produzione” in generale
In questo contributo, così come nei testi a cui più faremo riferimento, è ricorrente il concetto di “modo di produzione” che costituisce uno dei concetti fondamentali dell’arsenale teorico marxista, uno di quei concetti che fondano quella che è stata definita la concezione materialistica della storia.
Sul concetto di modo di produzione Marx ha costruito la sua idea della storia come “alternanza” di modi di produzione e fasi di transizione. Un’applicazione di questa teoria è contenuta nei cosiddetti Grundrisse (Marx [1999]), in particolare nella sezione intitolata Forme precedenti la produzione capitalistica (cfr. Marx [1985]; Marx [1999] pagg. 94-148). Ma dove Marx ha sviluppato in modo davvero puntuale le sue idee sulla transizione dal modo di produzione feudale al modo di produzione capitalistico è nel capitolo XXIV del primo libro del Capitale, dedicato al tema dell’accumulazione originaria ovvero alla descrizione del processo storico che ha permesso la formazione delle condizioni iniziali per l’avvio del processo capitalistico di accumulazione.
Su cosa si debba intendere per feudalesimo
Un altro concetto chiave della nostra riflessione è il concetto di feudalesimo, anch’esso controverso. In questo contributo tenderemo a considerare equivalenti i termini “feudalesimo” e “modo di produzione feudale” anche se ad un maggiore livello di approfondimento potremmo ritenere le società feudali storicamente date come formazioni economico-sociali in possono rintracciarsi alcune caratteristiche che identificano il modo di produzione feudale in generale. In sostanza: un concetto di modo di produzione nel quale possa essere ricompresa una pluralità di concrete e differenti formazioni storiche.
Negli anni ‘50 si accende un interessante dibattito in ambito marxista che ha origine in alcune critiche che Paul Sweezy rivolge al testo di Maurice Dobb Studies in the Development of Capitalism, pubblicato nel 1946 (Dobb [1950]).
Secondo Sweezy
«Dobb tratta i due termini «feudalesimo» e «servitù» come se fossero praticamente interscambiabili»
Dobb conferma che il giudizio di Sweezy
«la mia definizione di feudalesimo […] poggia sulla virtuale identificazione di feudalesimo e di servaggio – se con quest’ultimo termine si vuole indicare non semplicemente l’adempimento di servizi obbligatori, ma lo sfruttamento del produttore in virtù di dirette costrizioni politico-giuridiche» (AA.VV. (1973), pag. 47)
Secondo Sweezy, invece, esistono altre formazioni economico-sociali nelle quali la servitù è altrettanto o anche più rilevante. E per corroborare la propria critica Sweezy chiama in causa Friedrich Engels che in una lettera a Marx scrive
«certamente servitù della gleba e […] servitù non sono una forma specificamente (spezifisch) medievale e feudale; l’abbiamo ovunque o quasi ovunque là dove i conquistatori fanno coltivare la terra dagli antichi abitanti.» [1]
Sweezy ed Engels hanno ragione: la servitù è esistita anche in società non feudali. Per fare un esempio possiamo pensare agli iloti a Sparta che pur essendo spesso definiti schiavi erano invece piuttosto servi (posto che, ad esempio, non potevano essere liberamente venduti o legalmente uccisi essendo proprietà dello Stato e non di singoli cittadini).
D’altra parte nella società feudale il rapporto servile – fosse esso espresso in forma diretta o in forma indiretta (ovvero come “costrizione de facto” extra-giuridica [2]) – è in larga misura il tipo di rapporto dominante.
Sweezy non nega l’analisi di Dobb, ma tende piuttosto a ricollocarla in un ambito più ristretto ovvero nell’ambito del feudalesimo occidentale di cui proprio Dobb ha individuato le caratteristiche salienti
«1) «un basso livello tecnico, con strumenti di produzione semplici e generalmente poco costosi e un processo produttivo che è, per sua natura, in gran parte individualistico; la divisione del lavoro… essendo ad un grado assai primitivo di sviluppo..; 2) «produzione per i bisogni immediati della comunità domestica o del villaggio e non per un mercato più vasto»; 3) «agricoltura feudale: coltivazione della proprietà del signore, sovente su considerevole scala, mediante lavoro servile coatto»; 4) «decentramento politico»; 5) «detenzione condizionata della terra da parte dei signori sulla base di particolari obbligazioni o servizi»; 6) «esercizio da parte di un signore di funzioni giudiziarie o quasi giudiziarie nei confronti della popolazione dipendente»» (AA.VV. (1973), pag. 20)
Secondo Sweezy
«Il tratto peculiare del feudalesimo, in questo senso, è che esso è un sistema di produzione per il consumo» (AA.VV. (1973), pag. 21)
Al contrario, come vedremo, il capitalismo è per Sweezy (ma anche per Marx e per lo stesso Dobb) un sistema di produzione orientato prevalentemente allo scambio.
Perché? Perché solo attraverso uno scambio sempre più ampio si possono garantire quei cicli di riproduzione allargata che sono caratteristici dell’accumulazione capitalistica. Nel modo di produzione feudale, invece, la riproduzione normalmente non è allargata, ma semplice (Marx [1980] [3]). Fino al basso Medioevo i cicli sono abbastanza “statici”, sempre più o meno uguali a sé stessi e senza spinte reali verso l’aumento della produttività (come avverrà invece soprattutto con la rivoluzione industriale per ottenere un aumento del plusvalore relativo (Marx [1980] [4])). In un mondo dove lo scambio serve soprattutto a procurarsi merci di lusso che non possono essere auto-prodotte (poniamo, i pregiati tessuti fiorentini) non ha senso accumulare merci deperibili come sono quelle che derivano dal lavoro rurale.
(continua)
Note
[1] Marx-Engels, Carteggio, 3 ed., Roma 1972. vol. VI. pag. 418.
[2] Ad esempio, attraverso il pagamento di un “tributo sia in natura che in moneta” (Dobb scrive in AA.VV. [1973], pag. 48: «Si veda l’analisi marxiana della Rendita in lavoro, rendita in natura e rendita monetaria, nel III vol. del Capitale”»).
[3] Cap. XXI, Riproduzione semplice.
[4] Sez. IV, La produzione del plusvalore relativo.