Antiper | America contro America
Si dice spesso che negli USA esistono due “americhe”: l’America che vota Biden ed ha le sue roccaforti soprattutto nelle coste e l’America che vota Trump ed ha le sue roccaforti nel Midwest e nella “Rust” Belt e nel profondo sud (Dixieland).
Analizzando la mappa per stati del voto presidenziale del 2020 sembra effettivamente che questa interpretazione sia accettabile, a parte qualche controtendenza (Illinois, Wisconsin, Michigan… ovvero le zone della storica industria dell’auto, fanno parte della Rust Belt ma votano (o meglio, hanno votato) i democratici).
Ma ancor più interessante è analizzare la distribuzione territoriale per contee
Qui la prevalenza territoriale di Trump risulta evidentissima. Se il voto fosse stato uninominale per contee Trump avrebbe preso il 90% mentre invece ha perso, grazie anche al meccanismo di assegnazione dei cosiddetti “grandi elettori” che avviene sostanzialmente per stato.
La vittoria di Biden è stata possibile soprattutto perché il voto democratico era più concentrato di quello per Trump. In particolare, i democratici hanno vinto nei grandi centri urbani.
Prendiamo un solo esempio, ma eclatante: il Texas, cioè uno degli stati più repubblicani d’America
Come si vede questo enorme stato è quasi integralmente trumpiano ad eccezione, appunto, delle grandi città dove prevalgono i democratici. Qui il concentratissimo voto democratico non è stato sufficiente a rovesciare il diffuso voto repubblicano, ma in altri stati invece questo è avvenuto.
Quello del Texas non è un caso isolato, ma quasi la regola. I democratici hanno vinto nelle grandi città pressoché ovunque, anche in stati iper-repubblicani (come appunto il Texas). E questo vuol dire che la frattura tra le due americhe non è solo nazionale, ma anche e soprattutto tra centri urbani e zone “rurali” o periferiche, con i primi più popolosi (e mediamente più ricchi) delle seconde (mediamente più povere).
Questa cosa, ovviamente, non nega affatto, ma anzi conferma la frattura globale tra le coste, strategicamente decisive per l’America (ad est Wall Street, ad ovest la Silicon Valley), cosmopolite, queer, green, smart… e le vecchie cinture industriali in dismissione dove aumentano la disoccupazione e la proletarizzazione di quella che una volta gli americani amavano chiamare “classe media” e con esse il risentimento e le pulsioni neo-razziste, xenofobe e isolazioniste che Trump è molto abile a strumentalizzare, ma che ovviamente non ha alcuna intenzione di soddisfare (come sembrano invece pensare coloro che lanciano appelli contro “il fascismo di Trump” finendo per sostenere – consapevolmente o meno [3] – le oligarchie che sostengono i democratici).
Questo fenomeno di urbanizzazione lo aveva già descritto Marx. E sono ormai molti anni che anche su scala mondiale la popolazione urbana ha superato nettamente la popolazione rurale. Le città crescono in modo vertiginoso; da metropoli con pochi milioni di abitanti si passa a megacittà che di abitanti ne hanno decine di milioni.
Da sottolineare che la polarizzazione elettorale tra “città” e “campagna” che si è manifestata nelle elezioni presidenziali del 2020 negli USA si era già vista all’opera anche in altre occasioni come ad esempio nel voto politico in Gran Bretagna nel 2019 che aveva assunto i caratteri di una sorta di referendum sulla Brexit.
Note
[1] Mappa interattiva CNN, https://edition.cnn.com/election/2020/results/president
[2] Mappa interattiva New York Times, https://www.nytimes.com/interactive/2021/upshot/2020-election-map.html
[3] In un certo senso in questo insieme può essere inserito l'”istant book” del noto filosofo francese Alain Badiou, Trump: o del fascismo democratico.