Antiper | Dei marxologi che vorrebbero essere sacerdoti
Le correnti più tradizionaliste del cattolicesimo hanno spesso difeso la messa in latino con la scusa di voler preservare la Chiesa dalla perdita del suo potere spirituale; in realtà la messa in latino ha spesso avuto, più che altro, l’obbiettivo di consolidare il ruolo del clero come intermediario tra Dio e il popolo di Dio. Se infatti le parole di Cristo non possono essere comprese direttamente allora i fedeli sono costretti a rivolgersi a degli intermediari. E da quando la Chiesa ha cominciato a dire che i testi sacri sono Veri, certo, ma vanno interpretati (perché non si poteva più pretendere che essi fossero presi alla lettera dato che sono pieni di sciocchezze) sacerdoti e teologi sono stati chiamati a fornire le “vere interpretazioni” della parola di Dio.
Una cosa simile avviene anche nel campo del marxismo dove esistono i marxologi ovvero “teologi” e “sacerdoti” del “vero” pensiero di Marx di cui essi si presentano e vorrebbero essere considerati come unici depositari. Per raggiungere questo obbiettivo i marxologi non esitano a rendere Marx incomprensibile dissuadendo di fatto le persone dallo studiarlo. Non c’è bisogno di dire che i presunti “veri” depositari del pensiero di Marx, i sacerdoti-marxologi, uniscono una diffusa antipatia ad una diffusa aggressività che li porta a prendersi a sputi in faccia reciprocamente alla prima occasione. Divertentissimo, in questo senso, il “dibattito” occorso in occasione della tavola rotonda di Bologna dedicata alla presentazione del libro del marxologo tedesco Michael Heinrich La scienza del valore [1].
Il marxologo non è un marxista ma è, al massimo, uno studioso di Marx; e spesso, per il marxologo, lo studio di Marx è funzionale solo alla propria auto-promozione nei circuiti accademici, editoriali, intellettuali (per quel poco e quel pessimo che oggi ne rimane); per raggiungere questo obbiettivo il marxologo non esita a compiere le operazioni più disoneste, prima tra tutte quella di lasciar intendere che i marxisti ripeterebbero a pappagallo le fruste analisi di Marx senza mostrare alcuno spirito critico. Dopodiché il marxologo afferma con tono comprensivo che le parole di Marx non vanno prese come “oro colato”, ma con cautela (il che è certamente vero in astratto e a maggior ragione vero per Marx, così come è un trilione di volte vero per le affermazioni e le operazioni editoriali dei marxologi che invece vengono accolte in modo completamente acritico da un piccolo popolo di entusiasti).
Infine, ogni marxologo chiede di non avere cieca fede in Marx, in Engels; chiede di non aver fiducia nella maggior parte dei marxologi; chiede di avere cieca fede solo in lui. Già, perché il normale lettore di Marx sarebbe in grado di verificare se la traduzione di un Roberto Fineschi sia davvero migliore di quella di un Delio Cantimori o di un Bruno Maffi solo attingendo direttamente alla lettura di Marx sui manoscritti in tedesco e dunque, a quel punto, non avrebbe più alcun bisogno né della traduzione di Fineschi, né di quella di Cantimori o Maffi. Dunque, decidere che una certa traduzione è migliore di un’altra è, nella quasi totalità dei casi, un ulteriore atto di fede. Perché si debba avere fede in Fineschi e non in Engels solo i marxologi e i loro acritici sostenitori possono spiegarlo.
Uno dei cavalli di battaglia della marxologia en vogue è quello che la pubblicazione della MEGA2 [2] consenta finalmente il disvelamento del “vero” pensiero di Marx. Qualcuno (probabilmente in vena di scherzi di Carnevale) si è spinto qualche anno fa ad affermare cose del tipo “oggi finalmente possiamo leggere Marx”, in questo modo annientando 150 anni di studi e di idee. Per fortuna si è trattato solo di deliri egotici incontrollati.
Snasare un marxologo non è difficile perché il marxologo non resiste alla tentazione di screditare in qualche modo il primo grande studioso di Marx, ovvero Friedrich Engels, tentando sistematicamente di lasciar intendere che questi avrebbe deformato il pensiero di Marx (un po’ perché non lo aveva capito – ma il marxologo ovviamente sì -, un po’ perché voleva plasmarlo sulla base di proprie idee – ovviamente del tutto erronee -). La conseguenza è che non solo i testi di Engels, ma anche diversi testi di Marx curati da Engels (compreso il Capitale) dovrebbero essere presi con estrema cautela; solo grazie alla “rivisitazione” del marxologo di turno si potrà capire il “vero” pensiero di Marx, ripulito dalle deformazioni di Engels e dalle stesse confusioni mentali dell’autore (si pensi al ricordo che nella Prefazione a Per la critica dell’economia politica Marx dedica al periodo in cui con Engels aveva lavorato alla scrittura di quella che poi sarebbe stata chiamata “Ideologia tedesca” e che secondo alcuni marxologi è solo una fregnaccia).
Nessun marxologo, ad esempio, si fa sfuggire l’occasione per ricordare ad ogni piè sospinto che il II e il III volume del Capitale sono stati pubblicati dopo la morte di Marx, come se questa “straordinaria” scoperta fosse il frutto dei faticosi studi in tedesco sulla MEGA2 e come se oggi potessimo sapere questo “importantissimo” fatto solo grazie alla MEGA2. Invece scopriamo che nel lontano 1894 Engels aveva scritto una sorta di premessa (le “considerazioni supplementari”) al III libro del Capitale in cui spiegava come si era mosso per realizzare la pubblicazione; e per inciso si tratta di pagine di una straordinaria onestà intellettuale, una onestà che si evidenzia tanto di più a confronto con le suggestioni malevole di certi marxologi.
Un altro cavallo di battaglia dei marxologi riguarda il fatto che molte opere di Marx (tra cui il Capitale stesso) sono opere incomplete oppure mai pubblicate ai suoi tempi (Ideologia tedesca, Manoscritti economico filosofici, Lineamenti fondamentali…) i cui titoli sono stati inventati da chi ha curato la pubblicazione e non dagli autori. Una vera e propria “rivoluzione copernicana” che solo grazie alla MEGA2 si è potuta realizzare portandoci fuori dalle tenebre.
Fermiamoci un attimo perché il tema della pubblicazione merita un piccolo approfondimento. Dovrebbe essere abbastanza semplice comprendere (anche per noi persone normali e non marxologi) che il valore di un pensiero o di uno scritto non debba dipendere necessariamente dal fatto che esso sia stato pubblicato oppure no; diversamente, solo per fare un esempio, Socrate e Aristotele neppure sapremmo chi sono (visto che Socrate non ha mai scritto nulla e di Aristotele abbiamo solo i testi non essoterici ovvero non destinati alla pubblicazione). I testi sono quello che sono e possono essere pessimi anche se pubblicati oppure ottimi anche se non pubblicati. Ma allora perché i marxologi ripetono ossessivamente il ritornello della pubblicazione (e della incompletezza)? A pensar male si protrebbe pensare: per ridimensionare la “lettera” degli scritti (che è dell’autore) e valorizzarne l’“interpretazione” (che è del marxologo). Chissà.
Nel tal anno Marx scrisse su un foglio di carta igienica un certo appunto su una certa tal questione? Nessuno lo sa a parte il marxologo che anzi è l’unico a saperlo perché è l’unico, dice lui, che ha letto gli appunti in tedesco di Marx scritti sulla carta igienica. E guarda caso proprio su quel preciso foglietto di carta igienica (non pubblicato, evidentemente) il marxologo dichiara essere scritta la chiave per decodificare il “vero” pensiero di Marx; il marxologo è dunque l’unico che può farci accedere alla Verità, a patto ovviamente di comprare il suo ennesimo libro frutto degli studi sulla MEGA2 bla bla bla…
E’ certamente vero che se Marx avesse avuto a disposizione cento vite avrebbe rielaborato il Capitale cento volte; è, questa, un’ovvietà che forse non aveva bisogno dalla faticosa lettura della MEGA2. Ma la cosa si fa divertente (si fa per dire) quando a ripetere questa faccenda del “non finito” sono marxologi che sono stati capaci di presentare una loro traduzione di Marx come “l’evento” e dieci anni dopo farne un’altra che sarebbe ora “l’evento ancora più evento” (perché ci sono anche belle pagine a colori e una bella rilegatura!) decretando così che l’evento di dieci anni prima non era poi tutto questo grande evento. Aspettiamo altri dieci anni e non mancherà “l’evento 3, la riscossa” e magari, chissà, una vera e propria saga come quella di Guerre Stellari. Undici versioni del Capitale per un totale di svariate migliaia di euro sborsati da veri e propri feticisti.
Il marxologo sospetta dei testi rimaneggiati più volte (perché mancano di stabilità) ma anche di quelli mai rimaneggiati (perché sono troppo stabili) suggerendo che se Marx ha scritto qualcosa e poi non ci è più tornato sopra questo vuol dire che quello che aveva scritto non era poi così importante.
Il marxologo scopre anche altra acqua calda come il fatto che la pubblicazione di testi non pubblicati viene normalmente realizzata sulla base di scelte compiute dal curatore della pubblicazione. Il marxologo scopre che Engels ha addirittura apposto dei titoletti ad una certa parte del III libro del Capitale o che il titolo “Ideologia tedesca” non è stato scelto da Marx ed Engels. Incredibile, cose che fanno dubitare di tutto e che solo (?) grazie alla MEGA2 possiamo oggi finalmente sapere.
I marxologi più radicali (e in Italia ce ne sono diversi) si spingono a parlare di vere e proprie “deformazioni”, “invenzioni”, appoggiandosi magari ad altri marxologi critici (Backhaus, Rubel) ottenendo così una “marxologia al quadrato”; i marxologi più prudenti parlano invece di “interventi” e sono disposti a riconoscere che questi interventi, in generale, sono stati utili ed hanno favorito la pubblicazione e la diffusione del pensiero di Marx.
Un po’ tutti i marxologi si presentano come depositari di conoscenze esoteriche le quali, in cambio dell’acquisto delle loro costose pubblicazioni, possono essere elargite in pillole al popolo affamato di aneddoti marxisti. Ma c’è da sospettare che questo non sia un popolo di studiosi di Marx bensì un popolo di persone che hanno tempo da perdere a fotografare la Nuovissima Edizione (per ricchi) del Gran Libro di Marx pubblicata dalla Gran Casa Editrice del Gran Gruppo Editoriale di proprietà della Famiglia Berlusconi e caricare le foto sui social per far vedere quanto sono marxisti loro, senza rendersi conto di essere ancora più ridicoli di quelli che pubblicano su Instagram le foto dell’aperitivo o del dessert del ristorante. Credono di essere marxisti perché comprano un costoso libro di Marx, ma nelle loro mani quel libro è niente più che un po’ di carta, inchiostro e colla.
Note
[1] DAR – Dipartimento delle Arti, La scienza del valore, Link Youtube
[2] Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA), Link