Antiper | La questione dell’ambiente o del capitale?
Quello della “questione ambientale” è diventato un topic dominante. È un tema importante? Certamente.
Ma come viene affrontato?
«La questione ambientale rappresenta il nodo irrisolto del nostro tempo e ci pone dinanzi a problemi altamente complessi, di vastissima portata ecologica e geografica, con implicazioni socio-politiche ed economiche pervasive e imprevedibili.» [1]
«L’azione antropica sugli ecosistemi terrestri ha dato origine al cambiamento climatico globale, alla deforestazione e desertificazione di ampie aree del pianeta, alla moltiplicazione e crescita delle forme di inquinamento, per citare solo alcuni dei suoi effetti, e alle conseguenti crisi umanitarie, guerre e migrazioni forzate nonché la diffusione di malattie croniche dovute all’esposizione a fattori inquinanti» [2]
Queste frasi si leggono in manuali di geografia che si studiano nelle università italiane e a prima vista potrebbero sembrare condivisibili; ma in realtà presentano almeno due problemi che le rendono del tutto fuorvianti.
Il primo problema è il seguente: dichiarando la questione ambientale “il” “nodo irrisolto del nostro tempo” si suggerisce che ogni altra questione – e una su tutte, la questione sociale – debba essere considerata ormai risolta.
È il ritornello della “sinistra per il capitale”: c’è solo un problema e il problema si chiama “questione ambientale”: la guerra, lo sfruttamento capitalistico del lavoro, la povertà, le ingiustizie sociali e politiche, il crescente autoritarismo… sono tutte cose che al grande capitale non interessano (per la banale ragione che ne è l’attuale causa) e dunque non interessano, se non in modo puramente demagogico e retorico, neppure alla “sinistra per il capitale”.
Secondo problema: il soggetto che devasta l’ambiente sarebbe l’Uomo in generale e non un particolare modo di produzione. È il discorso-Antropocene mainstream che, mentre de-responsabilizza le classi dirigenti capitalistiche, pretenderebbe di rendere tutti egualmente corresponsabili della devastazione ambientale (gli USA come il Congo, i padroni delle aziende petrolifere come i loro dipendenti sfruttati). E se siamo tutti egualmente responsabili del problema allora siamo tutti chiamati a collaborare per la sua soluzione.
Ma, come suggerisce opportunamente Jason W. Moore le cose non stanno in questo modo
«L’Antropocene alla moda non è che l’ultimo di una lunga serie di concetti ambientali la cui funzione è quella di negare la disuguaglianza e la violenza multi-specie del capitalismo e di suggerire che dei problemi creati dal capitale sono in realtà responsabili tutti gli esseri umani» [3]
In un suo recente intervento [4] Moore rincara la dose sviluppando una critica molto interessante nei confronti della parte più arretrata del movimento ambientalista americano la cui azione, fin dalla fine degli anni ‘60, è andata in contro-tendenza rispetto alle lotte radicali che si stavano sviluppando in quella fase contro il sistema politico (a partire dalla lotta contro la guerra in Vietnam). L’enfasi sulla “questione ambientale” e l’approccio catastrofistico hanno concorso, grazie ai riflettori dei media, a distogliere i giovani dalle lotte di classe, anti-razziste e anti-imperialiste per orientarsi verso quella che potremmo definire una vera e propria collaborazione di classe per il “bene” del pianeta.
Non è vero che la questione ambientale è la questione delle questioni: la questione delle questioni è la questione del capitale, la questione del superamento rivoluzionario del modo di produzione capitalistico, che è anche il responsabile della questione ambientale.
Senza questo superamento nessuna delle questioni epocali che stanno di fronte a noi e affliggono la nostra vita potrà essere risolta.
Note
[1] S. Conti, P. Giaccaria, U. Rossi, C. Salone, C. Certomà, Geografia economica e politica, Paersons, 2022.
[2] Ibidem.
[3] Jason W. Moore, Antropocene o capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nella crisi planetaria, Verona, Ombre corte, 2017.
[4] Jason W. Moore, Oltre la giustizia climatica. Verso un’ecologia della rivoluzione, pag. 35 e segg.. Verona, Ombre corte, 2024.