Antiper | Merci (non grazie)
Alcuni anni fa ci è capitato di partecipare ad un ciclo di incontri di formazione sul Capitale di Marx organizzati da un gruppo di studenti di Pisa, tra cui spiccavano alcuni dottorandi presso la Scuola Normale Superiore. Una sera, avendo il relatore principale di questi incontri usato spesso la parola “merce” come di qualcosa di caratteristico della sola fase industriale del modo di produzione capitalistico, decidemmo di rivolgergli la seguente domanda: secondo te, compagno, le merci esistono solo dal XVIII-XIX secolo? Il relatore principale, forse preso un po’ alla sprovvista, rispose affermativamente. Di fronte alla nostra perplessità volle rispondere un secondo relatore, meno principale, secondo il quale la risposta del relatore principale era da considerarsi imprecisa perché in realtà le merci avevano cominciato ad esistere già almeno dal XV-XVI secolo.
Evidentemente noi, il relatore principale e il relatore meno principale avevamo letto in 3 modi diversi come Marx parla delle merci nel Capitale.
Il primo libro del Capitale inizia con l’analisi della merce perché la merce, dice Marx, è la forma attraverso cui si presenta la ricchezza nelle società in cui domina il modo di produzione capitalistico. Si tratterebbe a questo punto di capire che cosa intenda Marx per modo di produzione capitalistico. Ci permettiamo di offrire una nostra personale interpretazione, confidiamo accettabile: Marx considera capitalistico quel modo di produzione in cui la produzione è orientata alla produzione di plusvalore ovvero quel modo di produzione in cui la produzione delle merci è puramente funzionale alla produzione di un plusvalore e alla realizzazione di un profitto.
Parlando in termini di “ciclo di accumulazione” ed usando il formalismo di Marx potremmo dire che è capitalistico il ciclo D-M-D’ [1] (se il capitale/denaro finale D’ è maggiore di quello iniziale D) e che non è capitalistico il ciclo M1-D-M2 perché non c’è accumulazione di capitale, ma solo scambio mediato dal denaro di merci diverse. Se questo è vero allora il problema è già chiuso poiché i cicli mercantili semplici M1-D-M2 sono esistiti per millenni e con essi le merci M1, M2 e mille altre ancora.
Le società capitalistiche si distinguono dalle società medievali e da quelle ancora precedenti proprio perché sono società in cui il fine della produzione è prevalentemente lo scambio e la creazione di plusvalore attraverso lo sfruttamento dell’altrui lavoro.
Le merci sono le cose che vengono scambiate. Solo in quanto viene scambiato il prodotto del lavoro umano diventa merce. Possiamo dunque dire che il capitalismo è la società che porta alle estreme conseguenze lo scambio, che riduce tutto a merce, che in tendenza elimina completamente ogni forma di economia di sussistenza… ma questo non vuol dire che le merci non esistessero anche prima del modo di produzione capitalistico.
Per Marx le merci hanno almeno due proprietà. Una prima proprietà è quella di essere utili a soddisfare un qualche bisogno, materiale o spirituale che sia
«La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, p. es. il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia non cambia nulla» [2]
«L’utilità di una cosa ne fa un valore d’uso. Ma questa utilità non aleggia nell’aria. È un portato delle qualità del corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso, come il ferro, il grano, il diamante, ecc., è quindi un valore d’uso, ossia un bene» [3]
Una seconda proprietà delle merci (non dei prodotti del lavoro umano in generale) è quella che possiedono un valore di scambio. Il valore di scambio si presenta, in prima battuta (perché poi Marx mostrerà come il valore di scambio dipenda dal lavoro umano), come rapporto: il rapporto tra le due diverse quantità con cui si scambiano due merci diverse
«x merce A vale y merce B» [4]
Le merci possono possedere anche altre proprietà ovviamente, come il prezzo che è cosa del tutto diversa dal valore. Ce lo dice anche la pubblicità; ci sono cose che non hanno prezzo (ma hanno immenso valore); per le altre c’è la carta di debito.
Se una cosa viene prodotta per essere usata e non per essere venduta ha comunque un valore, pur non avendo un prezzo. E anche se una cosa viene prodotta per essere scambiata attraverso un baratto (ovvero senza la mediazione del denaro) c’è un valore (sia d’uso che di scambio), ma non c’è un prezzo. Questo per dire che possono essere molte le situazioni in cui esistono merci che vengono prodotte e scambiate senza che questo avvenga in una società capitalistica.
In conclusione. Il capitalismo è il mondo della mercificazione totale, finanche di ogni relazione umana? Sì. Le merci esistono solo dall’avvento del capitalismo e addirittura dall’avvento del capitalismo manifatturiero o industriale? No.
In una ipotetica società comunista il denaro verrebbe necessariamente abolito (come pensano alcuni) e non resterebbe neppure come puro rappresentante del valore e mezzo di scambio? Il valore di scambio cesserebbe di esistere oppure sussisterebbe ancora in quanto sussisterebbe ancora lo scambio? La cosiddetta “legge del valore” (o come è stata spesso chiamata del “valore-lavoro” ovvero del lavoro come sostanza del valore) cesserebbe di funzionare oppure, al contrario, risulterebbe esaltata in una società in cui tutti lavorano e nessuno sfrutta nessuno? Domande.
Note
[1] Karl Marx, Il capitale, Roma, Editori Riuniti, 1980, traduzione di Delio Cantimori.
[2] Marx, Ibidem, pag. 66.
[3] Marx, Ibidem, pag. 66.
[4] Marx, Ibidem, pag. 80.