Antiper | Gorgia e la critica dell’assemblearismo
Nel Gorgia Platone fa dire al filosofo di Lentini una frase di questo tipo
“«non vi è alcun soggetto sul quale un uomo che conosca la retorica non possa parlare dinanzi a una folla in maniera più persuasiva rispetto all’uomo specializzato, qualunque esso sia»” [1]
Insomma: nelle assemblee popolari la retorica vince sulla scienza. Se questo accade – e spesso in effetti accade – è perché il sofista conosce l’arte della persuasione retorica mentre l’“uomo specializzato” conosce l’arte della dimostrazione scientifica. Ma la scienza non brilla, diceva Thomas Hobbes, non appare nella sua forza se non a coloro che la padroneggiano. In un certo senso soprattutto (se non soltanto) il matematico è in grado di apprezzare la raffinatezza della dimostrazione matematica.
Platone accusava i sofisti di non voler cercare la Verità, ma solo di voler affermare, in forza della propria argomentazione, un particolare punto di vista, qualunque esso fosse. Gorgia era accusato di “nichilismo filosofico” per il suo approccio relativistico secondo il quale non esiste una sola verità, ma ne esistono molte, ciascuna letta da un certo punto di vista. Un’idea non condivisibile, ma molto in voga oggi, in questi tempi di post-modernità e nichilismo; ma anche un’idea foriera di effetti positivi come quello di stimolare un approccio dialettico grazie ad un altro grande sofista, Protagora.
Nonostante il giudizio di Platone e il fatto di vendere i propri servigi ai rampolli delle ricche famiglie ateniesi a caccia di potere, i sofisti hanno avuto diversi meriti ed uno in particolare: aver mostrato un “difetto” fondamentale della “democrazia assembleare” ovvero quello che in un mondo di diseguali chi possiede più forza retorica vince. E siccome la forza retorica si compra (dai sofisti o dalle università) ne risulta che la forza retorica è una questione di classe. E lo sappiamo fin troppo bene [2].
Da questo specifico punto di vista anche Platone, pur con tutte la sue pretese di verità, era piuttosto “sofista” dal momento che aveva fondato anch’egli una scuola per ricchi, peraltro camuffata da associazione religiosa di stampo pitagorico per sfuggire alle restrizioni imposte ai circoli filosofici dopo il processo che aveva portato alla condanna a morte di Socrate; anche nell’Accademia di Platone si insegnava ai rampolli dell’aristocrazia ateniese la “virtù politica” ovvero, in definitiva, il modo per diventare classe dirigente.
I sofisti avevano avuto una intuizione: nelle assemblee popolari possedere o non possedere i mezzi per la produzione del consenso, siano essi l’arte oratoria o le televisioni, fa una gran differenza; tutti sembrano avere la stessa voce, ma questo è completamente falso. È anche questo un modo per nascondere dietro un’apparente uguaglianza formale una reale disuguaglianza sostanziale.
È proprio così che funziona il discorso liberale. Hai il diritto di voto, ma non hai i mezzi materiali per la produzione del consenso. Per comprenderlo basta domandarsi chi controlla televisioni, giornali, radio, piattaforme web…
Il risultato è che il potere riesce a dominare anche senza ricorrere – se non per stretta necessità – all’olio di ricino che peraltro, grazie alla sua platealità, è sempre più trasparente e inequivocabile della scheda elettorale. Potremmo anche dire così: il fatto che si voti non dimostra che affatto c’è democrazia, ma solo che non c’è rivolta e la Germania degli anni ’30 ci ha mostrato ampiamente che si può esprimere consenso anche nei confronti di sistemi politici che democratici non erano di certo. Basta solo che i lavoratori tentino di ribellarsi al proprio sfruttamento ed ecco che in un attimo le classi dominanti dismettono lo smoking liberale per indossare la camicia nera.
Che tenerezza, poi, quelli che credevano (e forse qualcuno crede ancora) nella democrazia della “rete”, affermata come possibilità tecnica di un assemblearismo universale. Ma la democrazia non è mai questione tecnica, bensì questione politica. Ad un popolo di pecore puoi dare tutti i web che vuoi: continuerà a votare per il cane.
Note
[1] Platone, Gorgia, 456c.
[2] Solo il 20% circa dei laureati proviene da famiglie che appartengono alle fasce più popolari della popolazione (cfr. link)