Lenin | La giornata internazionale della donna
Pubblicato nel supplemento della Pravda, n. 52, 8 marzo 1920 (Opere, cit., v. 30, 1967, pp. 367-368).
Il capitalismo unisce all’eguaglianza puramente formale l’ineguaglianza economica e, quindi, sociale. È questa una delle sue caratteristiche fondamentali, ipocritamente dissimulata dai sostenitori della borghesia, dai liberali, e non compresa dai democratici piccolo-borghesi.
Da questa caratteristica del capitalismo deriva, tra l’altro, la necessità di riconoscere apertamente l’ineguaglianza capitalistica nel momento in cui si lotta decisamente per l’eguaglianza economica e, in determinate condizioni, questo riconoscimento va posto addirittura in termini espliciti alla base dello Stato proletario (Costituzione sovietica).
Ma, neanche per quanto riguarda l’eguaglianza formale (l’eguaglianza davanti alla legge, l’«eguaglianza» del sazio e dell’affamato, del possidente e del nullatenente), il capitalismo può dar prova di coerenza. E una delle manifestazioni più eloquenti della sua incoerenza è l’ineguaglianza tra l’uomo e la donna. Nessuno Stato borghese, per quanto progressista, repubblicano e democratico, ha concesso la completa eguaglianza dei diritti.
AI contrario, la Repubblica sovietica russa ha spazzato via di colpo, senza eccezioni, ogni traccia giuridica dell’inferiorità della donna e ha garantito immediatamente alla donna l’eguaglianza giuridica completa.
È stato detto che l’indice più importante del progresso di un popolo è lo stato giuridico della donna [1]. C’è in questa formula una parte di profonda verità. Da questo punto di vista soltanto la dittatura del proletariato, soltanto lo Stato socialista, potevano raggiungere e hanno raggiunto il grado più avanzato di progresso.
Per questo il nuovo impulso, di una forza senza precedenti, del movimento operaio femminile è legato alla creazione (e al consolidamento) della prima repubblica sovietica e, al tempo stesso, dell’Internazionale comunista.
A coloro che il capitalismo opprimeva in modo diretto o indiretto, totale o parziale, il regime dei soviet, e soltanto questo regime, assicura la democrazia. La condizione della classe operaia e dei contadini più poveri l’attestano chiaramente. Lo attestano chiaramente le condizioni della donna.
Ma il regime dei soviet è lo strumento della lotta finale, decisiva per l’abolizione delle classi, per l’eguaglianza economica e sociale. La democrazia, anche la democrazia per gli oppressi dal capitalismo, ivi compreso il sesso oppresso, non ci basta.
Il movimento operaio femminile si pone come compito principale la lotta per conquistare alla donna l’eguaglianza economica e sociale, e non soltanto quella formale.
Far partecipare la donna al lavoro sociale, produttivo, strapparla alla «schiavitù domestica», liberarla dal peso degradante e umiliante, eterno ed esclusivo della cucina e della camera dei bambini: ecco qual è il compito principale.
Sarà una lotta lunga perché esige la trasformazione radicale della tecnica sociale e dei costumi. Ma essa si concluderà con la completa vittoria del comunismo.
4 marzo 1920
Note
[1] Allusione agli aforismi di C. Fourier: «Il progresso sociale e i cambiamenti periodici avvengono in ragione del progresso della donna verso la libertà». «… L’estensione dei diritti della donna è la base generale di ogni progresso».
Gent.Redazione,in risposta alla riproposizione dell’articolo di Lenin del 1920,suggerirei vista la specificità dell’argomento e per completezza dell’informazione un libro(piccolo) di Lorenzo Pezzica Le
Magnifiche Ribelli 1917 1921.Ossequi.Francesco Saggio
Caro Francesco, mille grazie per la segnalazione. Ovviamente non possiamo essere d’accordo con la critica anarchica nei confronti dei comunisti ma è giusto e necessario che esistano anche idee diverse