Giulia Iacometti | Critica del discorso catastrofista
Tratto da Etica e politica nell’Antropocene (a partire dal contributo di Jason W. Moore), Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2018, PDF, 72 pagine.
Un altro punto significativo della critica di Jason Moore ai sostenitori del discorso politico “verde” e a quelli della “frattura metabolica” riguarda il carattere “catastrofista” del loro approccio. Secondo Moore
“La prospettiva della frattura metabolica converge e diverge allo stesso tempo da questo modello del collasso. Da un lato, la sua metafora diagnostica fondamentale è quella della “catastrofe planetaria” (Foster 2013a, 1 [94])” [95]
Si tratta del modello catastrofista caro al vecchio movimento ambientalista
“in cui la sovrappopolazione, la scarsità di risorse, il collasso del sistema-terra e, oggi in maniera crescente, il riscaldamento globale causeranno un disastro planetario o la fine della civiltà per come la conosciamo” [96]
Dal punto di vista di Moore si tratta di un’ulteriore dimostrazione che società e natura sono pensate da Foster come sostanzialmente separate ed anzi, separate a tal punto da permettere che una parte finisca per distruggere l’altra parte
“il sistema riconoscerà che il denaro non può essere mangiato solo quando l’ultimo albero sarà stato tagliato – e non prima” (Foster 2009, 206)” [97]
Ma c’è anche un altro elemento che merita di essere messo in questione ovvero il fatto che l’approccio catastrofista, anche quando vorrebbe produrre un messaggio alternativo nei contenuti finisce per produrne uno mainstream nella forma. La “politica della paura” – la “shock politics” [98], come la chiama Naomi Klein – è proprio il modo in cui le élite tentano di consolidare il proprio dominio sfruttando (o addirittura creando) le emergenze e invocando piena libertà d’azione per affrontarle.
Su questo terreno allarmistico era stato ancora più forte l’appello di filosofi come Günther Anders che nei suoi Comandamenti dell’era atomica chiedeva a tutti di vivere in uno stato di ansia permanente per i possibili effetti dell’energia atomica
“Il tuo primo pensiero dopo il risveglio sia: “Atomo”. Poiché non devi cominciare un solo giorno nell’illusione che quello che ti circonda sia un mondo stabile. Quello che ti circonda è qualcosa che domani potrebbe essere già semplicemente “stato”; e noi, tu e io e tutti i nostri contemporanei, siamo più “caduchi” di tutti quelli che finora sono stati considerati tali. Poiché la nostra caducità non significa solo il nostro essere “mortali”; e neppure che ciascuno di noi può essere ucciso. Questo era vero anche in passato. Ma significa che possiamo essere uccisi in blocco, che possiamo essere uccisi come “umanità”. Dove “umanità” non è solo l’umanità attuale, quella che si estende e si distribuisce attraverso le regioni terrestri; ma è anche quella che si estende attraverso le regioni del tempo: poiché, se l’umanità attuale sarà uccisa, si estinguerà con lei anche l’umanità passata, e anche quella futura” [99]
Bisogna certamente avere piena consapevolezza del fatto che viviamo dentro un processo storico in cui lo sviluppo di tecnologie dall’impatto devastante non è più solo quantitativamente significativo, ma lo è ormai anche e soprattutto qualitativamente. Quando Günther Anders parla di “vergogna prometeica” mette in evidenza la debolezza dell’uomo di fronte ad una Tecnica che sembra aver superato il “punto di non ritorno” e che attraverso un uso dissennato delle tecnologie nucleari è in grado di mettere in discussione la vita stessa dell’umanità.
Ma pur comprendendo – ed in parte condividendo – le ragioni dell’“appello all’ansia atomica” di Günther Anders bisogna tuttavia riconoscere che esse presentano almeno due elementi di debolezza: il primo è quello che si fa appello alle persone affinché cambino il proprio modo di pensare il mondo come pre-condizione affinché il mondo possa essere cambiato. In altri contesti è quella che è stata definita la richiesta dell’“uomo nuovo” come condizione per procedere verso il “mondo nuovo”. Ma, come mostrano efficacemente Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca, tutto ciò che avviene nel puro pensiero non avviene realmente e in ogni caso gli uomini cambiano il proprio modo di vedere il mondo solo mentre cambiano il mondo che produce il loro modo di vederlo.
A questo si aggiunga un secondo elemento di debolezza, collegato al primo; l’approccio catastrofista è effettivamente efficacie solo quando la catastrofe si presenta come minaccia realistica, imminente, incombente. E nella scala gerarchica delle minacce il mainstream è in grado di far salire le priorità che è interessato a suggerire (immigrazione, disoccupazione, guerra, crack finanziario…), facendo scendere quelle ambientali al di sotto della soglia sopra la quale le persone cominciano a mobilitarsi; non a caso il grande sviluppo del movimento anti-nuclearista – che era stato il cuore del primo ambientalismo verde – si era sviluppato a seguito degli incidenti di Three Miles Island e di Chernobyl. Se collochiamo la battaglia su un piano puramente ideale – senza il supporto di evidenze materiali – c’è il rischio concreto che, anche quando si sviluppano, le rivendicazioni “ambientali” finiscano per non andare oltre un discorso NIMBY [100] (“fate le discariche da qualche altra parte”).
E in ultimo, la “politica della paura” può risultare inefficace anche quando raggiunge platee molto ampie. Si pensi ai messaggi stampati sui pacchetti delle sigarette che allertano i fumatori sui pericoli di cancro, di infarto, di gravidanza… Tutti leggono questi messaggi, ma solo pochi smettono di fumare per l’impressione che ne ricevono; piuttosto, la consapevolezza del rischio si associa alla speranza irrazionale che esso debba concretizzarsi per qualcun altro.
Note
[1] J. B. Foster, The Epochal Crisis, in “Monthly Review”, 65(5), pp. 1-12.
[2] J. W. Moore, Frattura metabolica o cambiamento metabolico? Dal dualismo alla dialettica nell’ecologia-mondo capitalistica, in Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, pag. 141.
[3] J. W. Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, pag. 140.
[4] Ibidem, pag. 141.
[5] Cfr. N. Klein, Shock Politics, Feltrinelli, 2017 ed anche, della stessa autrice, Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, Biblioteca Universale Rizzoli (BUR), 2008.
[6] Cfr. G. Anders, L’ultima vittima di Hiroshima, Mimesis, 2016.
[7] Not In My Back Yard.