Bertolt Brecht | L’arte del leccapiedi
Tratto da Il romanzo dei tui, L’Orma, 2016.
Ma chi sono i “tui”?
“I tui sono intellettuali che affittano a cottimo il proprio ingegno al miglior offerente, indipendentemente da chi sia o cosa rappresenti. Sono quindi dei veri e propri mercenari dell’intelletto, che non hanno scrupoli a schierarsi con chi offre loro di più, anche se ciò significa tradire le loro idee e i loro principi.” (Bard AI)
Giornalisti, accademici, politici…
Ci si è spesso domandati se l’arte del leccapiedi presupponga un talento innato. Si tratta in realtà di una domanda oziosa perché, se anche esistesse una predisposizione naturale, essa sarebbe, come accade per la musica, molto più diffusa di quanto generalmente si creda. Ci si imbatte meno frequentemente nella musicalità solo perché il sistema educativo tende a mortificare questa dote più di quanto non contribuisca a svilupparla. Per il lecchinaggio è vero invece l’esatto contrario, ed è per questo che lo si incontra assai più spesso. La propensione al lecchinaggio viene incoraggiata fin dall’infanzia (si può anzi dire che la saliva sia il fondamentale nutrimento degli esseri umani, secondo solo al latte materno).
Rappresenta una gioia per gli insegnanti e non irrita il prossimo neppure durante i primi, maldestri tentativi. I progressi sono spesso fulminanti ed è l’appetito, ben più che la fame, a stimolarli.
In effetti quasi tutti sono in grado di eseguire in maniera non troppo penosa una leccata senza infamia e senza lode, basta dare libero corso alla propria predisposizione naturale.
L’arte del leccapiedi è però un’altra cosa: richiede studio e allenamento. E molta disciplina. Solo con l’esercizio è possibile elevarsi dalle bassezze della leccata corriva, e soltanto quando la perseveranza lascia il posto alla fantasia si diviene veri maestri.
Il complimento comune è merce dozzinale, cicaleggio meccanico senza senso né ragione, privo di ogni raffinatezza. Il lecchinaggio praticato come un’arte invece produce espressioni originali, peculiari, profondamente sentite: crea una forma. L’artista completo è duttile, poliedrico, sempre capace di sorprendere. Si studi (ne vale davvero la pena) come il grande Go-teh lodò O-leh: con riluttanza. Una lode di questo tipo ha un valore inestimabile. Davvero ingegnoso è anche travestire da biasimo un elogio. Si rimprovera un generale per l’ardimento che potrebbe strapparlo al suo esercito.
All’inizio della Grande guerra i tui ringraziarono l’imperatore esprimendogli tutta la loro rispettosa compassione perché sacrificava la sua gloriosa fama di uomo di pace per assecondare i desideri bellici della nazione.
Quando il maresciallo Fank Wi Heng perse la guerra lodarono la sovrana indifferenza con cui affrontò quella disgrazia. Questo non è più dilettantismo, è già arte.
L’arte del leccapiedi è inoltre, sia detto per inciso, una delle poche che dà di che vivere. Il lecchinaggio nutre il suo discepolo.
Come ogni arte, anche questa ha la sua storia e ha conosciuto epoche di prosperità ed epoche di declino, così come una continua mutazione degli stili.
Si è soliti sostenere che sia una storia difficile da ricostruire, poiché la posterità non intreccia corone per questi artisti, ma non è vero. Le dinastie, ossia il susseguirsi di governanti che devono citare come loro primo merito il fatto di discendere da celebri casate, si adoperano affinché i leccapiedi del monarca regnante continuino a lodare i lecchini morti dei sovrani morti. Non si capisce altrimenti come si sarebbe potuta sviluppare una storiografia.
Quando la Storia ci tramanda esempi di pessimi re ciò accade solo perché capita che le dinastie cambino, e allora l’arte del leccapiedi consiste nel diffamare la casa regnante che è stata soppiantata. In generale, basta avere almeno un successore per entrare nella Storia con una buona pagella.
Abbiamo menzionato i servigi che le dinastie hanno reso all’arte del leccapiedi; questa, però, non dipende affatto dalla nobiltà. Il contadino Si-fung, che nel Diciassettesimo secolo assunse il potere sul Nord della Cima in seguito a un’insurrezione, regalò al poeta Wo un anello d’oro per aver composto una tragedia che celebrava il nobile imperatore Sun, solo perché questo monarca, proprio come il capo dei rivoltosi, aveva fatto assassinare il suo migliore amico. È probabile che avrebbe premiato qualunque dramma in cui un uomo tratta a pedate chiunque gli capiti a tiro.
Il nobile imperatore Wen elevò al rango nobiliare un poeta, di cui nel frattempo si è persa la memoria, per una composizione che celebrava i ributtanti costumi alimentari di suo nonno, e nel far ciò non fu nemmeno ostacolato dal fatto che la poesia fosse scritta in versi autenticamente sublimi – che Wen mai e poi mai sarebbe stato in grado di apprezzare.
Ben pochi ostacoli si frappongono tra il leccapiedi e l’esercizio della sua arte. Come abbiamo già visto nel caso degli storici, anche le vicende polverose si possono slinguare. Gli studiosi sono grandi maestri del lecchinaggio. Opere profonde e persino utili sono originate dalla pratica di quest’arte.
Branche del sapere senza legami diretti con la società, come la fisica o l’astronomia, offrono occasione allo scienziato di dare prova di tutta la sua maestria. E non soltanto nelle dediche!
È ormai impossibile stabilire se il grande Ple-ker, per concepire o almeno far accettare la sua scoperta della rivoluzione della Terra intorno al sole, adoperò l’immagine della rotazione degli umili intorno all’astro del Dalai Lama o a quello dell’imperatore.
Al nostro pianeta si addiceva l’orbitare in un cerchio perfetto, senza allontanarsi né avvicinarsi mai – sarebbe stato alquanto inappropriato – al suo centro sublime.
Il grande ponte di Si, un prodigio di ingegneria, dovette la sua costruzione alla gioia dell’imperatore Mo nel vedere le due lettere del proprio nome scolpite sui suoi famosi pilastri.
Perfino opere punteggiate di affermazioni controverse e sovversive sono spesso frutto di raffinate forme di lecchinaggio. Quando l’imperatore Fu proibì la dottrina conservatrice di Kon-fu-tse, vennero prontamente pubblicate alcune opere di notevole interesse contro l’istituzione famigliare. Di alcune edizioni basta studiare l’anno di pubblicazione.
Nessun divieto può abolire il lecchinaggio. L’imperatore Ko lo proibì. Gli scritti che lo elogiano per questo decreto sono tra i più sublimi capolavori di quest’arte.
Finché esisterà la saliva il leccapiedi non potrà estinguersi.