Laboratorio Marxista | Premessa sui nostri compiti
Tratto da Laboratorio Marxista, I nostri compiti nell’immediato… ma non troppo, eBook, 28 pag., OPUSCOLO A5, COPERTINA, Prima edizione: agosto 2005, Riformattato nel luglio 2014 per la raccolta “Quattordici anni”
«Piccolo gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano. Siamo da ogni parte circondati da nemici e dobbiamo quasi sempre marciare sotto il fuoco. Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa, allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano, i cui abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver costituito un gruppo a parte e preferito la via della lotta alla via della conciliazione. Ed ecco che taluni […] si mettono a gridare: “Andiamo nel pantano!”. E, se si incomincia a confonderli, ribattono: “Che gente arretrata siete! Non vi vergognate di negarci la libertà d’invitarvi a seguire una via migliore?”. Oh, si, signori, voi siete liberi non soltanto di invitarci, ma di andare voi stessi dove volete, anche nel pantano; del resto pensiamo che il vostro posto é proprio nel pantano e siamo pronti a darvi il nostro aiuto per trasportarvi i vostri penati. Ma lasciate la nostra mano, non aggrappatevi a noi e non insozzate la grande parola della libertà, perché anche noi siamo “liberi” di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo contro il pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso».
Lenin, «Che fare ?», Opere vol 5, pag 327
Nell’agosto del 2000 abbiamo pubblicato un opuscolo [1] contenente analisi e tesi attorno alle quali abbiamo costruito l’iniziativa politica di questi 4 anni; in una di queste tesi sostenevamo che il compito principale della fase attuale fosse quello di contribuire alla ricostruzione del partito comunista, la cui condizione propedeutica individuavamo nel superamento dialettico di molte delle divisioni esistenti all’interno del movimento comunista. Sul perché ritenevamo (e riteniamo) necessaria la costruzione di un partito effettivamente comunista (quindi, sul perché riteniamo che oggi un tale partito non esista) e su quali caratteristiche attribuiamo alla nozione di “partito” siamo già intervenuti in altra sede ed avremo comunque modo di ritornarci. A 4 anni di distanza valutiamo che le condizioni per la ricostruzione del partito comunista non solo non sono migliorate ma, se possibile, sono ulteriormente peggiorate e che pertanto i tempi necessari al raggiungimento di questo obbiettivo si sono ulteriormente dilatati. Questa valutazione nasce dalla constatazione che non solo non si sono fatti significativi passi in avanti verso il superamento del settarismo, del residualismo e dell’autoreferenzialità, ma che anzi settarismo, residualismo e autoreferenzialità dilagano in una miriade di micro-progetti la maggior parte dei quali sono destinati, malgrado l’impegno e le buone intenzioni, al sicuro insuccesso. Non si tratta (solo) di un problema di immaturità: si tratta di un vero e proprio problema di impostazione politica.
Da diversi anni [2] sosteniamo che per arrivare alla costruzione di una autorevole forza comunista rivoluzionaria è necessario passare attraverso una fase politico-organizzativa intermedia (la cui forma, in altri contesti, abbiamo ipotizzato come “confederativa”), una fase in cui gruppi e singoli (le “forze soggettive comuniste”) possano sperimentare una comune pratica e una comune elaborazione teorica valutando concretamente la loro capacità di procedere assieme. Ed anche se continuiamo a sostenere questa posizione siamo assai meno fiduciosi sul fatto che essa possa concretizzarsi in tempi mediobrevi perché l’esperienza che abbiamo fatto in questi anni con diverse “forze soggettive comuniste” ci mostra che le difficoltà a procedere assieme sono molto maggiori di quanto noi stessi potessimo supporre. Finché si rimane allo stadio di astratte enunciazioni di principio è sempre possibile stringere patti, costruire fronti, promuovere coordinamenti: ma quando si passa dall’astratto al concreto le cose cambiano.
Il problema della frammentazione politica del movimento comunista è un problema complesso nel quale si intrecciano fattori politici e fattori sociali (residualità, opportunismo, auto-referenzialità, trasformazione della stratificazione di classe, arretratezza politica del movimento dei lavoratori…); per questo problema non esistono soluzioni semplici altrimenti qualcuno le avrebbe già praticate con successo. Del resto, l’intera storia del movimento comunista rivoluzionario è costellata da unioni e divisioni, da scontri politici e teorici: pensiamo alla storia della Lega dei comunisti (con lo scontro tra le posizioni di Marx ed Engels e quelle di Weitling prima e di Schapper successivamente) o alla storia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (con lo scontro tra Marx e Bakunin) o, ancora, al tortuoso processo di sviluppo del POSDR [3] (con le divisioni tra Lenin, Plechanov e Martov). E proprio perché “si sa che il semplice fatto dell’unificazione appaga gli operai” [4], per non ingannarli, è necessario stabilire su quali basi e per quali obbiettivi l’unità è possibile e, soprattutto, utile; diversamente, parlare di unità è solo una frase vuota o addirittura uno scudo dietro il quale nascondere le peggiori intenzioni [5].
Ma quello dell’unità non è solo un problema di posizioni politiche: è anche un problema di comportamenti.
Essere rivoluzionari non significa solo dire e fare cose “rivoluzionarie” (quelle volte che accade), ma anche avere un modo rivoluzionario di dire e fare le cose, possedere un’etica rivoluzionaria, manifestare concretamente una diversa concezione dei rapporti sociali, liberarsi dalle conseguenze di una educazione fondata sull’ipocrisia, sulla falsa coscienza auto-consolatoria, sulla sistematica mistificazione. Chi pensa che sia “etico” sentirsi libero di dire qualsiasi menzogna e di adoperare qualsiasi sotterfugio in nome del superiore valore della “lotta di classe” e della “rivoluzione” (in realtà, in nome di microinteressi di micro-gruppo) non può essere portatore di valori rivoluzionari. Porta, semplicemente, i valori della cultura dominante, indipendentemente da quello che scrive e da quello che dice.
La verità sarà anche “rivoluzionaria”, ma sembra non voglia sentirla nessuno. Si preferisce il metodo dell’ipocrisia, della slealtà, della falsità… perché in fondo è il metodo che si conosce meglio essendo quello in cui veniamo educati sin dalla nascita.
A causa della attuale situazione di disgregazione per diversi anni non solo non si determineranno le condizioni per il passaggio all’organizzazione-partito, ma neppure quelle per il passaggio all’organizzazione intermedia. E’ una tesi in cui ciascuno è liberissimo di non riconoscersi, preferendo cullarsi nei sogni della propria fantasia, ma così è. Anzi, quando ci liberiamo da quel certo ottimismo della volontà che a tutti noi serve per andare avanti e prende il sopravvento il pessimismo della ragione, ci pare che sia concreto il rischio dell’estinzione politica del movimento rivoluzionario nel nostro paese, ovvero della sua riduzione ad un ruolo di pura testimonianza e subalternità.
Si pone dunque il problema di come, partendo da queste constatazioni, sia possibile affrontare il “breve-medio termine”, con quale linea politica e con quali obbiettivi. Noi riteniamo che le attività principali da condurre nei prossimi anni potranno essere principalmente due: 1) accumulare e formare forze potenzialmente rivoluzionarie non opportuniste e non residuali e 2) radicare nel tessuto sociale e territoriale idee e percorsi di lotta anticapitalisti. Questi sono, a nostro avviso, il lavoro di avanguardia e il lavoro di massa che concretamente sono in grado di sviluppare “forze soggettive comuniste” come quelle attualmente esistenti. Altri obbiettivi più “alti” possono forse soddisfare l’immaginario astratto di trasformazione dell’esistente, ma non possono aprire dinamiche di rottura effettiva degli equilibri politici vigenti. Come abbiamo detto in altre occasioni, quello di cui abbiamo bisogno è un programma di fase per una fase non rivoluzionaria e non di progetti velleitari del tutto avulsi dalla realtà storica, politica e sociale.
Note
[1] Laboratorio Marxista, Seminare per raccogliere. Contributo al dibattito per la ricostruzione del partito comunista, 2000.
[2] Ad esempio, dai tempi dell’esperienza della Confederazione dei Comunisti/e Autorganizzati (CCA), nata nel febbraio 1998.
[3] POSDR, Partito Social-Democratico Russo.
[4] Marx, Lettera a William Bracke del 1875.
[5] “Non bisogna farsi fuorviare dalle invocazioni all’‘unità’. Coloro che hanno sempre in bocca questa parola sono i più grandi fomentatori di discordia… bisogna avere il coraggio di sacrificare il successo momentaneo a cose più importanti”. (Engels, Lettera a Bebel in carcere del 20 giugno 1873).