Antiper | La forza-lavoro è merce
Quello della forza-lavoro è un vero e proprio mercato ovvero un luogo su cui avviene uno scambio di merci. Su questo mercato operano dei venditori – i lavoratori – e dei compratori – che vengono erroneamente chiamati nel gergo giornalistico e sindacale “datori di lavoro” (e che una volta venivano chiamati “padroni” mutuando il linguaggio dell’epoca schiavistica e servile, ed al quale possiamo qui preferire il termine “capitalista”). Diciamo che è errato chiamare i capitalisti “datori di lavoro” perché quello che essi danno non è lavoro (semmai il frutto del lavoro è quello che prendono), ma capitale che usano per comprare l’unica merce di cui dispongono i lavoratori ovvero la disponibilità a lavorare.
Il prezzo della forza-lavoro è regolato, come quello delle altre merci, in base a due fattori principali: il primo fattore riguarda il valore della merce forza-lavoro che è determinato fondamentalmente dai suoi costi di produzione [1]; il secondo fattore riguarda il rapporto tra domanda e offerta
“Colonia, 5 aprile. Da che cosa è determinato il prezzo di una merce?
Dalla concorrenza fra compratori e venditori, dal rapporto tra la domanda e la disponibilità, tra l’offerta e la richiesta. La concorrenza, da cui viene determinato il prezzo di una merce, ha tre aspetti.
La stessa merce è offerta da diversi venditori. Colui che vende merci della stessa qualità più a buon mercato è sicuro di eliminare gli altri venditori e di assicurarsi lo smercio maggiore. I venditori si disputano dunque reciprocamente le possibilità di vendita, il mercato. Ognuno di essi vuol vendere, vendere il più possibile, e possibilmente vendere solo, escludendo tutti gli altri venditori. L’uno, quindi, vende più a buon mercato dell’altro. Esiste perciò una concorrenza tra i venditori, che ribassa i prezzi delle merci che essi offrono.
Esiste però anche una concorrenza tra i compratori, che a sua volta fa salire il prezzo delle merci offerte.
Esiste, infine, anche una concorrenza tra i compratori e i venditori; gli uni vogliono comperare il più che sia possibile a buon mercato, gli altri vogliono vendere il più caro possibile. Il risultato di questa concorrenza tra compratori e venditori dipenderà dal modo come si comportano gli altri due aspetti della concorrenza che abbiamo indicato, cioè dal fatto che la concorrenza sia più forte nel campo dei compratori o in quello dei venditori. L’industria mette in campo l’un contro l’altro due eserciti, ognuno dei quali sostiene una lotta nelle proprie file, fra le proprie truppe. L’esercito nei cui ranghi hanno luogo gli scontri più lievi, riporta vittoria sull’avversario.” [2]
Il costo della forza-lavoro dipende da molti fattori di carattere tecnologico-produttivo e storico-sociale.
Il prezzo della forza-lavoro può anche scendere sotto il suo costo di produzione (ovvero sotto il costo di riproduzione della classe sociale che possiede tale forza-lavoro): in tal caso le risorse per la riproduzione devono essere reperite altrove, attraverso l’emigrazione dei lavoratori e la vendita della loro forza-lavoro su altri mercati.
In certi periodi limitati, il prezzo della forza-lavoro può anche salire molto al di sopra del suo costo grazie magari alla forza associativa dei lavoratori (cioè la forza delle loro organizzazioni politiche e sindacali). Ma in epoca di globalizzazione il forte aumento del prezzo della forza-lavoro è un fattore che spinge l’emigrazione delle imprese ovvero la delocalizzazione.
La delocalizzazione delle imprese è ovviamente un evento molto negativo per i lavoratori di quelle imprese i quali perdono il posto di lavoro e hanno tutto il diritto si sviluppare ogni forma di resistenza attorno alla quale è giusto costruire la massima solidarietà. Ma la delocalizzazione è una possibilità alla quale il capitale non può rinunciare; è perciò velleitario proporsi di impedire le delocalizzazioni, tanto più per via legislativa.
Non si può obbligare il capitalismo ad anteporre gli interessi dei lavoratori agli interessi dei capitalisti. Prima i lavoratori torneranno a capirlo e meglio sarà per tutti.
Note
[1] Cfr. Karl Marx, Il Capitale, Libro I, capitolo 1.
[2] Karl Marx, Lavoro salariato e capitale, Editori Riuniti, Roma, 2014, EPUB