Roberto Castaldi | 51 anni fa finiva Bretton Woods
Un articolo breve della stampa nemica per ricordare che in un quadro internazionale dominato dal dollaro la morte dell’euro è in pratica uno degli obbettivi principali degli USA. Capendolo, forse, si potrebbe capire anche che la soluzione dei problemi dei lavoratori non è l’Euroexit o l’Italexit o l’UEexit… ma solo la “capitalist exit”. Il resto è strategia tafaziana [Antiper].
50 anni fa finiva Bretton Woods: la scelta monetaria che ha cambiato il mondo e continua a plasmarlo. Tra il 1945 e il 1989 fu probabilmente il singolo evento con il maggiore impatto sull’economia e la politica mondiale, Il sole 24 ore, 13 agosto 2021.
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Il 15 agosto 1971, 50 anni fa, il Presidente americano Nixon dichiarò l’inconvertibilità del dollaro in oro e segnò la fine del sistema monetario di Bretton Woods. Tra il 1945 e il 1989 fu probabilmente il singolo evento con il maggiore impatto sull’economia e la politica mondiale, perché cambiò un’istituzione sociale su cui si regge l’economia mondiale, e i cui effetti sentiamo ancora oggi.
Finirono i cambi fissi tra le monete e la stabilità monetaria. I cambi flessibili rendevano più rischiosi gli investimenti a lungo termine nell’economia reale, favorendo lo sviluppo della finanza. Non essendo più la quantità di dollari – usati sia negli scambi internazionali che come riserva – legata alle riserve auree americane, divenne possibile stamparne sempre di più. Capito il nuovo sistema i Paesi dell’OPEC aumentarono i prezzi e ci fu lo shock petrolifero del 1973. Per gli USA era un aumento nominale, risolto stampando più dollari. Per il resto del mondo un aumento reale, che costrinse a politiche di risparmio energetico, riduzione dei consumi e crisi economica. Iniziò un costante e massiccio trasferimento di reddito dagli altri Paesi avanzati verso gli USA (perché dovevano acquistare più dollari per pagare il petrolio) e verso i Paesi produttori di petrolio.
Così gli USA passarono da esportatore a importatore di capitali, con un deficit commerciale e della bilancia di pagamenti crescente. Il nuovo sistema monetario portava il resto del mondo a finanziare l’egemonia politico-militare americana. Perché aumentare le tasse e perdere le elezioni se basta stampare più dollari per coprire le spese? Essendo le riserve in dollari nessuno aveva interesse a una sua svalutazione, e se gli USA ne stampavano troppi era meglio comprarli comunque per evitare il deprezzamento delle riserve. Da allora le spese militari americane grosso modo corrispondono al deficit americano, cioè pagate dal resto del mondo attraverso il ruolo internazionale del dollaro, che divenne “la nostra moneta e il vostro problema”.
Ma l’economia reale non offriva sufficienti opportunità di remunerazione per tutti quei dollari. Iniziò il credito facile negli USA: con la garanzia della casa ti finanziavano il suo acquisto e poi, grazie all’aumento del suo valore, anche il SUV, il college per i figli e così via. Fino alla crisi finanziaria del 2008 quando scese il valore delle case e crollò il castello di debiti. E gli USA risposero… stampando dollari. Intanto inventavano nuovi strumenti finanziari – derivati, futures, ecc. – per far sì che i soldi producessero soldi senza passare dall’economia reale. Il turbo-capitalismo finanziario deriva dal 15 agosto 1971, in cui si aprì quasi senza limiti il rubinetto dei dollari, che hanno inondato la vasca dell’economia mondiale traboccata nel 2008.
Gli scricchiolii di Bretton Woods spingevano gli europei verso l’indipendenza monetaria e il Piano Werner del 1970 prevedeva una moneta unica entro il 1980. Paradossalmente la scelta di Nixon ostacolò il processo perché quel Piano fu spazzato via dallo shock petrolifero e dalla conseguente crisi economica. Ci si limitò ad una cooperazione monetaria per tenere in piedi il mercato comune, istituzionalizzata nel 1979 nel Sistema Monetario Europeo, una sorta di asse di equilibrio da cui si poteva ricadere verso le monete nazionali o verso una moneta europea. La fine dell’URSS, la caduta del Muro di Berlino e la riunificazione tedesca spinsero verso la moneta unica, con il Trattato di Maastricht del 1992. L’europeizzazione del marco tedesco privava la Germania unita del suo strumento principe di influenza economica in Europa. L’euro dava stabilità al mercato unico e poteva favorire una nuova evoluzione del sistema monetario internazionale in chiave cooperativa e multipolare, volta a ridurre il “privilegio esorbitante” del dollaro, rafforzando il Fondo Monetario Internazionale e la moneta virtuale dei Diritti Speciali di Prelievo, moneta paniere che contiene Dollaro, Euro, Renmimbi, Yen e Sterlina.
L’economia e i rapporti di potere mondiale odierni risentono molto della scelta di Nixon. E il dibattito sulla riforma del sistema monetario internazionale è cruciale per quelli di domani.