Antiper | Dalla filosofia alla concezione materialistica della storia. Introduzione
Tratto da Antiper, Dalla filosofia alla concezione materialistica della storia, Appunti per una introduzione alla concezione materialistica della storia, n.1, eBook, 36 pag., OPUSCOLO A5, COPERTINA, Autoproduzioni, Ottobre 2015, v.3.0
Sul rapporto tra marxismo e filosofia sono state scritte intere biblioteche. Il “dilemma” è ricondotto alla questione, posta dai filosofi “di professione”, dell’insufficiente, nascosto, frainteso o addirittura mistificato “statuto filosofico” del marxismo.
Nel parlare di marxismo e filosofia si va da chi afferma che il vero problema del marxismo è l’assenza di uno spazio filosofico specifico a chi afferma che un po’ di buona filosofia c’è, ma bisogna disseppellirla da sotto una montagna di deformazioni economicistiche, storicistiche, umanistiche, a chi sostiene che in Marx è posto in modo esauriente il problema filosofico fondamentale. E così via.
Più in generale i filosofi vogliono più filosofia. E’ normale: gli economisti vogliono più economia, i sociologi più sociologia, ecc… Raramente si ricorda che una delle acquisizioni fondamentali di Marx consiste proprio nel superamento della divisione disciplinare della conoscenza (si potrebbe dire, della “divisione del lavoro nel campo della conoscenza”) e nell’inaugurazione di un nuovo approccio ai problemi filosofici, economici, storici, sociali, ecc…
«il marxismo non si lascia collocare in nessuno dei comparti tradizionali del sistema delle scienze borghesi, e anche se si intendesse approntare appositamente per esso… un nuovo comparto chiamato sociologia, esso non vi rimarrebbe tranquillamente, ma continuerebbe a uscirne per infilarsi in tutti gli altri. “Economia”, “filosofia”, “storia”, “teoria del diritto e dello Stato”, nessuno di questi comparti è in grado di contenerlo, ma nessuno di essi sarebbe al sicuro dalle sue incursioni se si intendesse collocarlo in un altro» [1].
La maggior parte dei filosofi critica “benevolmente” Marx (chi più chi meno), mentre riserva un trattamento ben diverso al povero Friedrich Engels, “reo” di un supposto scivolamento “positivistico” e della riduzione della filosofia ad epistemologia che naturalmente i filosofi non materialisti – che sono poi la gran parte dei filosofi – vedono letteralmente come fumo negli occhi. La colpa che questi filosofi non possono perdonare ed Engels (e a Marx) è quella di aver sancito la fine della filosofia come principale strumento di conoscenza
«La filosofia intera, nel senso che finora si è dato a questa parola, è finita. Si lascia correre la ‘verità assoluta’ che per questa via e da ogni singolo isolatamente non può essere raggiunta, e si da la caccia, invece, alle verità relative accessibili per la via delle scienze positive e della sintesi dei loro risultati a mezzo del pensiero dialettico. Con Hegel ha fine, in modo generale, la filosofia» [2].
Al contrario, i filosofi preferiscono lasciar correre le “verità relative accessibili per la via delle scienze positive e della sintesi dei loro risultati a mezzo del pensiero dialettico” per correre dietro a verità più o meno “assolute” raggiunte, ovviamente, nel campo del più puro pensiero e in totale assenza di qualsiasi riscontro pratico.
C’è da dire che la rivendicazione della giovanile rottura con Hegel compiuta da Engels nel suo piccolo saggio [3] è anch’essa a tutti gli effetti un “atto filosofico” e questo vuol dire che esiste ancora uno spazio filosofico.
Il punto è che una conoscenza puramente filosofica, non supportata da altre forme di conoscenza, è una conoscenza che non conosce o che conosce solo in modo parziale ed inefficace.
Note
[1] Karl Korsch, Marxismo e filosofia, Sugar, Milano, 1968, pagina 87. Cit. in Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. 3, Cap.10, Marx.
[2] Friedrich Engels, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Autoproduzioni, 2013, pag. 9.
[3] Il Ludovico Feuerbach.