Antiper | Gramsci e la rivoluzione contro il Capitale. Riflessione su un famoso articolo
Antiper, Gramsci e la rivoluzione contro il Capitale. Riflessione su un famoso articolo, PDF, 6 pag., A4, 2020
Antonio Gramsci è pressoché unanimemente considerato il più importante marxista italiano e gli “studi gramsciani” si sono sviluppati in modo vastissimo, soprattutto a livello internazionale.
Gramsci è stato anche una vittima del fascismo, un uomo che ha pagato con 10 anni di carcere e con la morte la sua lotta contro la dittatura mussoliniana; è dunque comprensibile che gli siano stati tributati tanti meritati omaggi, soprattutto nel passato.
Il testo che ha dato maggior fama a Gramsci è senza dubbio la raccolta dei Quaderni del carcere pubblicati dalla casa editrice Einaudi dopo la fine della guerra. Ma come ha giustamente osservato Alberto Burgio per capire davvero quest’opera è necessario collocarla nel quadro dell’intera vita di Gramsci che comprende anche gli anni prima del carcere [1]. Senza tenere conto di questi anni di impegno politico la lettura dei Quaderni può condurre a numerosi fraintendimenti.
Negli anni precedenti al carcere Gramsci scrisse molti articoli e tra i tanti ce n’è uno che merita particolare attenzione, sia per la grande risonanza che ha avuto nel tempo, sia perché mostra come anche le migliori intenzioni possano dare origine a esiti problematici. Questo articolo si intitola La rivoluzione contro il Capitale ed è stato pubblicato sul quotidiano del Partito Socialista Italiano Avanti! il 24 novembre 1917 e sul settimanale di area socialista Il Grido del Popolo il 5 gennaio 1918.
Possiamo quindi già fissare un primo punto cronologico: mentre in Russia i bolscevichi stanno conquistando il potere politico in Italia i rivoluzionari stanno dibattendo nel PSI su cosa fare (come si sa, si dovrà attendere il 21 gennaio 1921 per avere la nascita del Partito Comunista d’Italia).
L’articolo di Gramsci è sempre stato letto come un appello a non adottare un approccio politico “ortodosso” e noi seguiremo questo appello proprio nei confronti dell’articolo. Ovvero, applicheremo all’articolo di Gramsci lo stesso metodo che Gramsci suggerisce nel suo articolo.
Facciamo subito una premessa: l’ortodossia astratta è la morte del marxismo e senza una “lettura concreta della situazione concreta” non c’è alcuna possibilità di vittoria del processo rivoluzionario. D’altra parte non c’è niente di più rigido che il bisogno compulsivo di essere sempre e comunque eterodossi, anche quando non ce ne sarebbe davvero alcun bisogno. Non è il caso di Gramsci, ovviamente, ma è importante ricordare sempre di non elevare l’eterodossia ad ortodossia.
Osserviamo en passant che l’eterodossia e l’asistematicità del pensiero gramsciano – soprattutto di quello elaborato negli anni del carcere – sono state usate talvolta per collocarlo in un ambito teorico – il cosiddetto “marxismo occidentale” – la cui definizione “geografica” è stata data solo per contrapporlo a quello “orientale” (bolscevico, leninista…) e non certo per indicarlo come “Lenin d’Occidente” come ipotizza arditamente qualcuno.
Questo vuol dire che al povero Gramsci – apparentemente intenzionato, lo vedremo tra poco, a valorizzare l’originalità bolscevica e la sua (presunta) eterodossia rispetto persino al Capitale di Marx – è toccata la sorte infausta di essere catalogato tra gli anti-bolscevichi. Ma ovviamente non può essere incolpato Gramsci delle catalogazioni del suo pensiero anche se talora certe aporie scoprono il fianco alle più spericolate acrobazie fino al punto, apparentemente assurdo ed inspiegabile, che loschi personaggi come Piero Fassino rivendicano Gramsci come “padre”
“Gramsci è un riferimento fondamentale per la cultura e per la politica italiana. E’ una costante fonte di riflessione per la sinistra e appartiene al Pantheon dei padri della democrazia italiana”. Lo ha detto Piero Fassino, segretario dei DS, a margine del convegno sul Partito Democratico organizzato a Cagliari dai DS della Sardegna. Fassino ha annunciato che parteciperà, assieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle prossime celebrazioni del centenario del filosofo di origini cagliaritane Antonio Gramsci. “E’ uno degli uomini che ha contribuito in modo più fecondo a rinnovare la cultura della sinistra italiana, europea e di tutto il mondo. Come testimoniano le varie iniziative a livello internazionale, il suo pensiero continua ad essere vivo”. [2]
Insomma, è chiaro che il “filosofo di origini cagliaritane” viene strumentalizzato da Fassino e Napolitano. La domanda è perché questi due funzionari del grande capitale italiano, questi due nemici giurati dei lavoratori, sono interessati a strumentalizzare Gramsci, ma non hanno alcuna intenzione di strumentalizzare, poniamo, Lenin. Forse il motivo sta in questo: se, come dice Burgio, sganciamo Gramsci dalla sua vita di attivista politico, se ci limitiamo ai Quaderni redatti nelle difficili condizioni del carcere e sotto la censura fascista eliminando tutti gli scritti della militanza comunista precedente, se esaltiamo la sua figura di martire a discapito della sua figura di rivoluzionario… allora si possono enucleare riflessioni di Gramsci che offrono qualche appiglio ad essere “tirate per la giacchetta”.
Il titolo dell’articolo è già un programma perché la parola Capitale è scritta con la “C” maiuscola e dunque fa chiaramente riferimento al libro di Marx (Il Capitale); è anche un gioco di parole in quanto una rivoluzione socialista è certamente una rivoluzione “contro il capitale” (con la “c” minuscola) ovvero un rivoluzione anti-capitalista.
Navigando su Internet si trova una interpretazione del testo molto interessante perché mostra un esempio da manuale di cosa vuol dire “voler vedere” ovvero vedere quello che non c’è senza vedere quello che c’è
“Il nemico implicito di Gramsci, su cui ironizza spietatamente, è la figura del «marxista ortodosso» (incarnata al tempo da Karl Kautsky e dalla politicamente defunta Seconda Internazionale) che propone un’interpretazione deterministica e meccanicistica togliendo spazio all’azione politica del partito” [3]
Può darsi che il “nemico implicito” di Gramsci fosse il “marxista ortodosso” à la Kautsky e certamente Kaustky è stato un dirigente politico che ha spinto il proprio determinismo e meccanicismo fino al punto di entrare apertamente in conflitto con la Rivoluzione d’Ottobre appoggiando i suoi denigratori; ma se questo è avvenuto è proprio per la ragione opposta a quella espressa nel brano ovvero per la mancanza di ortodossia al marxismo, almeno nel senso in cui ne parla Lukacs [4] come di ortodossia al metodo (della dialettica).
L’incapacità di legare dialetticamente materialità storica “oggettiva” e volontà politica “soggettiva” che caratterizza la critica kautskiana, luxemburghiana e plechanoviana alla “rivoluzione dei bolscevichi” è precisamente dove kautskiani, luxemburghiani e plechanoviani fraintendono e in certi casi tradiscono il marxismo. Ci torneremo tra breve.
Ammesso comunque che Gramsci avesse un “nemico implicito”, beh, non si può dire che non ne avesse anche uno “esplicito”
“La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti. (perciò, in fondo, poco ci importa sapere più di quanto sappiamo). Essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un’era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolscevichi rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell’azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così feroci come si potrebbe pensare e come si è pensato” [5]
La “rivoluzione dei bolscevichi”, dice Gramsci
“è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx” [6]
La frase è piuttosto chiara. La rivoluzione non è contro Kautsky o contro il “marxismo ortodosso”, ma proprio contro il “Capitale di Marx”. E Gramsci spiega anche perché, a suo avviso, se la rivoluzione avesse seguito le “indicazioni” del Capitale (?) – ovvero attendere il pieno sviluppo della borghesia in Russia – non si sarebbe fatta. Hanno fatto bene i bolscevichi a rinnegare Karl Marx, dice Gramsci letteralmente.
Ma c’è qualcosa che non torna. Gramsci dice che la materia di cui è fatta la rivoluzione bolscevica è soprattutto ideologia
“La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti” [7]
ma qualche riga dopo scrive che
“I fatti hanno superato le ideologie”
dunque la “rivoluzione dei bolscevichi” sembra essere la rivoluzione “contro il Capitale” ma anche contro il bolscevichi. Insomma tutto è andato per conto proprio. Seguire il Capitale avrebbe fuorviato la rivoluzione e i bolscevichi sono stati superati dagli eventi a cui evidentemente hanno solo saputo accodarsi. È raro leggere una critica più spietata all’azione teorica e politica del marxismo nella Rivoluzione d’Ottobre.
Si tratta, in verità, di una lettura che diventerà classica di Lenin: un uomo “tutta tattica e nessun principio”. Gramsci può prendere un abbaglio così colossale solo perché conosce poco della rivoluzione in corso (“in fondo, poco ci importa sapere più di quanto sappiamo”) e ancor meno conosce la straordinaria capacità di Lenin di far vivere i principi dentro la realtà senza sottometterli mai alla tattica (cosa invece che ha caratterizzato sempre la storia del comunismo italiano “mainstream”).
Ovviamente tutte le più svariate forme di opportunismo concordano “con Gramsci” che “non bisogna essere ortodossi” perché questo permette loro le più rocambolesche operazioni politiche. Si può fare qualsiasi cosa e ogni critica è bandita perché ogni critica è espressione di “ortodossia” e di “purismo” mentre invece “bisogna sporcarsi le mani”, “bisogna stare con i piedi per terra”, “bisogna uscire dalla torre d’avorio” (o, nella versione odierna, “bisogna alzarsi dal tavolo del PC e andare in mezzo alla gente”), ecc, ecc… Insomma, tutta la retorica dell’opportunismo, quello sì “tutta tattica e nessun principio”.
A conferma che il bersaglio di Gramsci è proprio il Capitale (che non è stato certo tra gli studi principali di Gramsci, peccato, altrimenti avrebbe saputo che il Capitale non prescrive ricette né “per l’osteria dell’avvenire” né, tanto meno, per come si fanno le rivoluzioni) Gramsci scrive che
“Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari”
il che, volendo significare che i proletari non avevano letto il Capitale (ma quanti proletari in Italia hanno mai letto i Quaderni del carcere o anche solo l’articolo che stiamo prendendo in esame?) vorrebbe forse suggerire che i proletari si sono mossi nell’ignoranza del Capitale. Questo è tecnicamente vero, ma non significa nulla; in quale testo di Marx o Engels o Lenin… Gramsci ha trovato scritto che la rivoluzione si fa per effetto della lettura di un certo libro? Non vale per la Bibbia, figuriamoci per il Capitale.
È evidente che nel 1917 Gramsci ha ancora poca dimestichezza proprio con la concezione materialistica della storia, altrimenti saprebbe che per tale concezione non sono le idee (o i libri), ma i processi storici, che spingono le masse all’azione e che tali processi possono orientarsi, dialetticamente, in direzioni diverse; sta al partito rivoluzionario indirizzare l’“ebollizione popolare” verso la rivoluzione e impedire che essa si indirizzi verso la reazione.
Detto in altri termini: non sono le masse, ma il partito a leggere il Capitale di Karl Marx o i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. Se non lo facesse il partito diventerebbe un semplice organizzatore di eventi e non certo l’intellettuale collettivo di cui più avanti parlerà lo stesso Gramsci il cui pensiero, del resto, è un “pensiero in movimento”
“i Quaderni del carcere celebrano con vigore la borghesia europea e la sua funzione progressiva. Ma non avviene così anche nel Manifesto di Marx ed Engels, fonte della riflessione gramsciana?” [8]
Scrivere che
“I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico”
vuol dire non aver minimamente capito che la rivoluzione in Russia, con tutte le eterodossie che vogliamo, si è svolta proprio secondo i “canoni” del materialismo storico per il quale, se vogliamo usare il linguaggio di Gramsci, i “fatti” prevalgono sulle “ideologie” in quanto a fattori di movimento, ma le “ideologie” prevalgono sui “fatti” in quanto a fattori di orientamento. Per usare un’analogia: come per muovere una barca serve un motore – i “fatti” – così per orientarla serve un timone – l’“ideologia”.
Lo dicevano anche gli antichi
“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare” [9]
Coloro che pensano di “mobilitare le masse” o, peggio ancora, di “lasciarsi mobilitare dalle masse” non sono utili al processo rivoluzionario e ogni rivoluzione li spazza via già nel suo primo giorno.
In conclusione, l’articolo di Gramsci aveva un obbiettivo condivisibile – il richiamo a non adottare approcci “ortodossi” e a non pretendere che la realtà debba sottomettersi alle idee sulla realtà (il che è proprio il richiamo del “materialismo storico” il quale ci spinge ad una lettura scientifica della realtà proprio per coglierne le tendenze e le opportunità di influenzarla) –; il resto dell’articolo è invece l’esposizione di un Gramsci ancora immaturo che possiede idee piuttosto approssimative della teoria marxista. Niente di male. Se – giustamente – non bisogna essere ortodossi a Marx o di Lenin a maggior ragione non bisogna esserlo a Gramsci.
Note
[1] E infatti Alberto Burgio nel suo ultimo libro su Gramsci – Gramsci. Il sistema in movimento – pubblicato da DeriveApprodi nel 2014 inizia la sua analisi dagli anni “prima del carcere”.
[2] Gramsci: Fassino, nel Pantheon dei padri della democrazia, La Repubblica, Bari, 11 marzo 2007
[3] 5.1. La rivoluzione contro il Capitale in “Storia Universale” di Alessandro Pascale
[4] Cfr. Gyorgy Lukacs, “Che cos’è il marxismo ortodosso”, in “Storia e coscienza di classe”
[5] Antonio Gramsci, La rivoluzione contro il Capitale, in Avanti!, novembre 1917.
[6] Antonio Gramsci, Ibidem.
[7] Treccani: “materiato agg. [dal lat. mediev. materiatus, der. di materia «materia»], letter. – Che consta di una determinata materia (precisata dal complemento)”.
[8] Alberto Burgio, Gramsci. Il sistema in movimento, DeriveApprodi.
[9] Cfr. Seneca, Lettera 71: “Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est”