Marco Riformetti | La questione del suffragio e della maggioranza
Da Marco Riformetti, Lenin e la filosofia politica di Stato e rivoluzione, Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2017
In letteratura si può trovare un numero pressoché infinito di definizioni di “democrazia”. Esistono tuttavia almeno un paio di elementi che ricorrono con una certa frequenza: 1) la possibilità di far valere una posizione politica esclusivamente attraverso il ricorso a mezzi di natura pacifica – e segnatamente attraverso il voto (nelle elezioni politiche e amministrative, nelle assemblee sindacali, nei movimenti sociali, nelle associazioni…) – e quindi la rinuncia a ricorrere alla violenza o all’uso di mezzi di natura illegale; 2) l’assunzione delle decisioni collettive in base al principio di maggioranza.
Questo perché si pensa in genere che il voto sia sufficiente per incidere concretamente sugli equilibri politici. Ma le cose stanno davvero così? Probabilmente no se oggi imperversa il dibattito sulla post-democrazia [1], sulla deriva autoritaria delle società “democratiche” [2], sul dominio tecnocratico dell’economia sulla politica – ovvero dei mercati sulle assemblee elettive –, ecc… Non è, a dire il vero, tutta questa gran novità se già nel lontano 1859 Marx suggeriva di pensare alla “gigantesca sovrastruttura” ideologica, politica, giuridica… come a qualcosa che si eleva al di sopra della struttura economico-sociale; risulta dunque assai arduo pensare che la “politica” possa dirigere a proprio piacimento l’“economia” come desiderano i fautori del capitalismo regolato.
Marx ed Engels si erano accorti anche di un’altra cosa ovvero che il suffragio universale – nel cui avvento, per una fase, essi stessi avevano riposto una certa qual fiducia nella convinzione che gli operai, una volta ottenuto il diritto di voto, lo avrebbero esercitato saggiamente per appoggiare partiti operai e dunque, in virtù del proprio maggior numero, condurli al potere – poteva in realtà essere usato anche a fini plebiscitari (ad esempio, da Luigi Bonaparte in Francia) – o, come si vedrà nel ‘900, addirittura a fini reazionari (si pensi al larghissimo consenso elettorale ricevuto dal partito nazional-socialista nella Germania degli anni ‘30) –.
Proprio la vicenda politica di Napoleone III ebbe notevole influenza nel disilludere Marx ed Engels sulla possibilità di ottenere grandi cambiamenti a favore dei lavoratori attraverso il voto [3] ed anzi mostrò loro in modo inequivocabile che attraverso il voto si potevano realizzare grandi cambiamenti, sì, ma contro i lavoratori, qualunque fosse il loro numero.
Questa è la ragione per cui Lenin ricorda, in Stato e rivoluzione, che nella democrazia borghese il voto finisce per essere poco più che un semplice termometro della maturità politica degli elettori
“Bisogna ancora rilevare che Engels definisce in modo categorico il suffragio universale come uno strumento di dominio della borghesia. Il suffragio universale, egli dice, tenendo evidentemente conto della lunga esperienza della socialdemocrazia tedesca, è
«la misura della maturità della classe operaia. Più non può né potrà mai essere nello Stato odierno»” [4]
Democratico, abbiamo detto, è un sistema in cui si vota secondo due principi: “una testa un voto” e “la maggioranza vince”
“La democrazia è uno Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, cioè l’organizzazione della violenza sistematicamente esercitata da una classe contro un’altra, da una parte della popolazione contro l’altra” [5]
Su cosa hanno dunque ragione gli avversari della “dittatura” del proletariato che Lenin vagheggia con enfasi in Stato e rivoluzione? Sul fatto che neppure questa forma di Stato può essere del tutto democratica perché, in definitiva, è espressione del potere politico di una classe, sia pure maggioritaria grazie alla propria capacità di costruire alleanze ed egemonia nei confronti di ampi settori popolari. Ma questo è proprio il punto di Lenin e i suoi avversari hanno solo scoperto l’acqua tiepida.
Note
[1] Cfr Crouch [2003].
[2] Cfr. Canfora-Zagrebelsky [2014], Dahrendorf [2001].
[3] Cfr Canfora [2004].
[4] Lenin [25], pag. 372.
[5] Lenin [25], Pag. 428.