Antiper | Il capitale non paga
In un articolo del 22 dicembre 1857 Marx scrive, a proposito della crisi in Germania
“Per sostenere i prezzi e scongiurare così la causa attiva del pericolo [di naufragio finanziario], lo Stato dovrebbe pagare i prezzi che dominavano [il mercato] [1] prima dello scoppio del panico commerciale nonché scontare il valore dei titoli che hanno [ormai] cessato di rappresentare una qualsiasi cosa tranne che i fallimenti.
In altre parole, la ricchezza [pubblica] di tutta la comunità, che il governo rappresenta, dovrebbe [essere usata per] compensare le perdite dei capitalisti privati.
Questo tipo di comunismo, in cui la reciprocità è tutta da una parte, è piuttosto attraente per i capitalisti europei” [2]
Per salvarsi dal crack, dice Marx, i capitalisti chiedono allo Stato di comprare le loro azioni ormai prive di valore e non solo di comprarle, ma di comprarle al prezzo a cui venivano scambiate prima della crisi, in modo tale da non dover sostenere alcuna perdita.
Marx ironizza su questa pretesa e la chiama “comunismo” “da una parte sola” perché invoca la comunità, ma solo per salvare una parte (ovviamente quella dei capitalisti); eppure questo brano ci ricorda come la pretesa del capitale di scaricare i propri fallimenti sulla comunità attraverso lo Stato – salvo peraltro tenere ben stretti i propri guadagni – sia una pretesa molto antica che ha trovato sempre buon ascolto nelle stanze del potere statale.
L’ultimo grande esempio di come lo Stato acconsente a soddisfare la “pretesa” dei capitalisti di socializzare le loro perdite lo abbiamo avuto con il crack del 2007-2008, quello relativo ai mutui cosiddetti “subprime”, allorché grandi banche di investimento e altre istituzioni finanziarie, fallite di fatto a causa dell’annullamento del valore dei titoli basati sui mutui, pretesero e ottennero che lo Stato – negli USA attraverso la Federal Reserve, in Europa attraverso la BCE – comprasse i loro titoli ormai divenuti spazzatura (junk) e scaricasse completamente il debito privato sulle casse pubbliche.
Cosa tanto più rimarchevole in quanto una delle argomentazioni che sempre viene addotta per giustificare i grandi profitti privati è quella che i capitalisti hanno diritto a grandi profitti in quanto si assumono grandi rischi.
Bene, oggi, come e più di un tempo, il grande capitale non rischia nulla. E tanto meno rischia quanto più è grande: “too big to fail” si disse nel 2008.
Quello che è interessante ricavare dalla nota di Marx è che il vizietto di tenersi i guadagni e di scaricare le perdite è assai più vecchio di quanto si possa pensare.
In una società capitalistica il capitale non paga mai le crisi che produce e le scarica sempre sulle spalle dei lavoratori. Slogan ormai usurati come “noi la crisi non la paghiamo” o “la crisi la paghi chi l’ha creata” sono solo il sintomo della diffusa ignoranza e dell’ancor più diffusa impotenza che serpeggiano in una certa sinistra.
Così come, analogamente, è sintomo di ignoranza e di impotenza invocare ad ogni pie’ sospinto l’intervento finanziario o addirittura nazionalizzatore dello Stato in ogni crisi d’impresa (Alitalia, ILVA, FIAT [3], Autostrade…). Come già Marx ebbe a spiegare efficacemente, nazionalizzazioni e privatizzazioni si alternano periodicamente permettendo di scaricare sullo Stato i costi economici (e persino quelli “politici”) delle ristrutturazioni.
Sarebbe un primo grande passo in avanti anche soltanto capire che è proprio il fatto che il capitalismo ci condanna a subire gli effetti dei suoi fallimenti economici, sociali, ecologici… – che ci fa pagare le sue crisi – che costituisce una potente motivazione della necessità storica del suo superamento, senza il quale noi “pagheremo caro, pagheremo tutto” e il capitale continuerà a incassare, tutto.
Note
[1] Abbiamo aggiunto qualche parola tra parentesi quadre per enfatizzare il ragionamento di Marx.
[2] Karl Marx, The Financial Crisis in Europe, pubblicato il 22 dicembre 1857 sul New-York Daily Tribune n. 5202: “To uphold prices, and thus ward off the active cause of the distress, the State must pay the prices ruling before the outbreak of the commercial panic, and realize the value of bills of exchange which had ceased to represent anything but foreign failures. In other words, the fortune of the whole community, which the Government represents, ought to make good for the losses of private capitalists. This sort of communism, where the mutuality is all on one side, seems rather attractive to the European capitalists”
[3] La propose niente meno che Fausto Bertinotti nel 2003 salvo poi, pochissimi anni dopo, invocare l’ingresso dell’Ad Marchionne nell’area di sostegno al Governo Prodi bis.