Antiper | Piazza Fontana nel suo contesto storico
Tratto da Antiper, Tutto è restato impunito. Riflessioni a 40 anni dalla strage di Piazza Fontana, 12 dicembre 2009, EBOOK, 12 pag., A4, COPERTINA
Negli anni ’60 il quadro internazionale è ancora dominato dalla divisione del mondo nei due “campi”: capitalista e socialista. Cina ed Unione Sovietica, aldilà del giudizio che possa essere dato, sostengono i vari movimenti antimperialisti in funzione anti-americana.
Da anni è in atto un poderoso processo di decolonizzazione e di riconquista della sovranità nazionale in tutta una serie di paesi. Dopo la cacciata della Francia, la guerra in Vietnam (o, per meglio dire, la guerra per il controllo americano dell’Indocina) è in pieno sviluppo e i suoi riflessi sull’”opinione pubblica” americana sono molto forti.
In America Latina cresce un’onda progressista spinta dalla rivoluzione cubana e, successivamente, dalla vittoria del 1970 di Salvador Allende in Cile: in tutto il continente nascono e si sviluppano guerriglie rivoluzionarie che saranno sconfitte solo attraverso una serie di veri e propri colpi di Stato e di dittature militari.
La resistenza algerina ha vinto contro i francesi e in tutta una serie di paesi africani crescono i movimenti di liberazione. Molti dirigenti di questi movimenti vengono assassinati (Patrice Lumumba, Mahdi Ben Barka).
Nel gennaio del 1966 si tiene all’Avana la Conferenza Internazionale di Solidarietà con i Popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina alla quale partecipano 94 tra paesi e movimenti di liberazione; dalla Conferenza emerge un’alleanza “tricontinentale” che preoccupa molto l’imperialismo, non solo nord-americano, ma anche inglese e francese. Negli anni successivi, la risposta degli USA sarà – tra le altre – l’avvio del “Plan Condor” [1] attraverso il quale il terrorismo di Stato nord-americano agirà sui paesi dell’America Latina per favorire la repressione dei movimenti politici e sociali, nonché l’avvento o il rafforzamento di feroci dittature militari.
D’altra parte, il capitalismo internazionale è alla vigilia dell’avvio di una crisi economica che esploderà all’inizio degli anni ’70, ma che già alla fine degli anni ’60 può essere intravista dagli analisti.
Il quadro politico nazionale è caratterizzato dalla lenta ma costante crescita elettorale del PCI e dalla “rinascita del movimento dei lavoratori” negli anni ’60 dopo le difficoltà degli anni ’50. Il “centro-sinistra” – ovvero l’alleanza di Governo tra DC e PSI – è in difficoltà da mesi specie dopo le elezioni del 1968
“… la maggioranza, alla ricerca di una mediazione, non riesce a proporre che una versione ancora più sbiadita del centro-sinistra. È il terzo Governo presieduto da Aldo Moro che affronta le elezioni del 19 maggio 1968. I risultati del voto hanno come effetto la crisi del centro-sinistra e l’affidamento a Giovanni Leone di un monocolore democristiano cosiddetto “balneare”” [2]
La V Legislatura (5 giugno 1968 – 24 maggio 1972) vedrà avvicendarsi 6 diversi Governi (della durata media 8 mesi ciascuno) e sarà caratterizzata, dal punto di vista sociale, dall’avvento sulla scena del movimento studentesco del ’68 e dall’esplosione delle lotte dei lavoratori.
Il 1968 propone sulla scena il movimento degli studenti [3] che – pur non essendo un movimento rivoluzionario ed anzi essendo per molti aspetti una componente della modernizzazione capitalistica – vede crescere al proprio interno una domanda di trasformazione sociale che comincerà a saldarsi con quella dei lavoratori. In Italia, ad esempio, nasceranno assemblee unitarie di operai e studenti al cui interno si svilupperà un acceso dibattito politico.
Dopo il ’68 il PCI continuerà a crescere elettoralmente [4]; il movimento dei lavoratori continuerà a strappare importanti conquiste sindacali ed anzi a sperimentare nuove forme di democrazia diretta (dai Comitati di Base – CUB – al movimento dei Consigli di Fabbrica) mettendo in discussione alla radice la struttura della rappresentanza sindacale (Commissioni Interne) e la linea dei sindacati; nascerà e si svilupperà – contraddittoriamente, ma con forza – un variegato movimento rivoluzionario e anti-capitalista che pone in termini innovativi, sia dal punto di vista politico che dal punto delle forme di lotta, il tema della trasformazione sociale, culturale, politica… del paese.
Anche la “strategia della tensione” proseguirà: dentro un numero enorme di attentati piccoli e medi, le stragi principali saranno quella del 22 luglio 1970 a Gioia Tauro contro il “Treno del sole” (6 morti); quella del 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia, a Brescia (8 morti); quella del 4 agosto 1974 contro il treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna (12 morti); quella del 2 agosto 1980 alla Stazione di Bologna (85 morti); quella del 23 dicembre 1984 contro il Rapido 904, sempre a San Benedetto Val di Sambro (17 morti).
Nello scenario politico-sociale della fine degli anni ’60 c’è chi teme che il PCI possa riuscire, sulla spinta del movimento dei lavoratori, a conquistare un consenso tale da permettergli di raggiungere il Governo del paese mettendo a rischio la solida tradizione di servilismo italico verso gli USA e volgendo lo sguardo, magari, verso l’URSS. Non si teme, beninteso, una rivoluzione comunista: è chiaro a (quasi) tutti che il PCI non è un partito rivoluzionario, ma un partito riformista che non lotta per il potere dei lavoratori, ma per raggiungere il Governo. Quello che si teme è l’indebolimento del Patto Atlantico nei confronti dell’Unione Sovietica e quello del padronato nei confronti dei lavoratori.
Si tratta allora di creare le condizioni affinché il sistema di potere esistente possa rafforzarsi contro le tendenze in atto e per far questo è necessario creare un clima che spinga settori sempre più vasti della popolazione a sentirsi in una situazione di emergenza che legittimi la sospensione di alcune “tutele democratiche”, la concessione di poteri speciali alle forze di polizia [5] e l’approvazione di alcune leggi liberticide.
Note
[1] Da sottolineare che anche l’Italia, attraverso il SID (Servizio Informazioni della Difesa), la P2 ed alcuni esponenti neofascisti (Stefano Delle Chiaie, innanzitutto) parteciparono attivamente alla realizzazione del Plan Condor.
[2] Sergio Zavoli, La notte della Repubblica (trascr. Antiper).
[3] Peraltro già avviato alla fine del 1967 con l’occupazione di molte università.
[4] Il PCI passa dal 22,6% del 1953 al 27,1% del 1972 e, sull’onda lunga proprio delle lotte sociali dei primi anni ’70, balzerà al 34,4% nel 1976.
[5] Si pensi alla “Legge Reale” (dal nome del Ministro della Giustizia, Oronzo Reale) approvata il 22 maggio 1975, che prevedeva l’estensione della custodia preventiva e del fermo di polizia, l’ampliamento della possibilità per la Polizia di ricorrere all’uso delle armi nelle manifestazioni, le norme contro il cosiddetto “travisamento”.