Antiper | Una bomba dello Stato contro i lavoratori
Tratto da Antiper, Tutto è restato impunito. Riflessioni a 40 anni dalla strage di Piazza Fontana, 12 dicembre 2009, EBOOK, 12 pag., A4, COPERTINA
Il 12 dicembre 1969, alle 17 e 37, una bomba con 7 chili di tritolo scoppia nella filiale di Milano della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana uccidendo 16 persone e ferendone altre 87.
In poche ore scatta la “caccia agli anarchici” che vengono subito additati come responsabili della strage dalla Questura milanese, piena di elementi fascisti, a cominciare dal Questore Guida.
Prima viene fermato e assassinato il ferroviere Giuseppe Pinelli [1]; poi viene arrestato e tenuto in carcere per anni Pietro Valpreda. Le inchieste dimostreranno non solo l’estraneità degli anarchici ma, al contrario, la responsabilità diretta dello Stato nell’attuazione e nel depistaggio delle indagini attraverso i servizi segreti cosiddetti “deviati”, con il concorso dei centri di potere “occulto” [2] e di settori rilevanti della polizia, della politica, della magistratura,… nonché di esponenti neo-fascisti e neo-nazisti. Alla fine, nessuno verrà condannato e a distanza di 40 anni la strage di Piazza Fontana resta, come tutte le stragi successive, impunita.
Ma in fondo, perché stupirsi? Poteva lo Stato condannare se stesso?
La strage di Piazza Fontana inaugura – seppure in modo principalmente simbolico [3] – la fase del terrorismo di Stato passata alla storia come “strategia della tensione” e le cui tappe sono state scandite da una serie di stragi che hanno insanguinato l’Italia dalla fine degli anni ’60 fino agli anni ’80. In realtà, è già dalla metà degli anni ’60 che settori dello Stato assieme a settori dell’estrema destra sviluppano ipotesi golpiste (dal “Piano Solo” [4] del generale Giovanni De Lorenzo nel 1964 fino ad arrivare al Golpe di Junio Valerio Borghese del 1970).
Solo che questi strani tentativi di “colpo di stato” (come del resto la stessa “strategia della tensione”) non hanno affatto una funzione destabilizzatrice, come si è spesso affermato, ma puntano piuttosto a creare le condizioni per il rafforzamento dell’assetto politico-istituzionale esistente attraverso la prefigurazione di una sorta di “stato d’assedio” che legittimi la richiesta di “misure d’emergenza” per la difesa dello Stato e vengono usati per lanciare messaggi sempre più inequivocabili verso l’opposizione comunista che infine “cede” con la famosa dichiarazione di Berlinguer
“Ma sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare (cosa che segnerebbe, di per sé, un grande passo avanti nei rapporti di forza tra i partiti in Italia) questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento” [5]
Quando avviene la strage di Piazza Fontana siamo in pieno “autunno caldo” [6] ovvero in una fase di grandi agitazioni “lanciate” dal rinnovo di una ventina di contratti nazionali che coinvolgono 5 milioni di lavoratori e che produrranno importanti conquiste sindacali [7]; è naturale quindi considerare quella come una bomba dello Stato contro i lavoratori.
Note
[1] Un inciso che merita di essere segnalato è il seguente. Giuseppe Pinelli era già stato accusato di avere messo alcune bombe il 25 aprile 1969. Come avrebbe poi fatto successivamente per la strage di Piazza Fontana, il non compianto “Commissario CIA”, Calabresi, indirizzò subito le indagini solo verso gli anarchici (ma “poi” si scoprì che a mettere le bombe erano stati i fascisti). Strana simmetria. Fascisti che mettono le bombe e polizia che incolpa agli anarchici cercando di restringere immediatamente il campo delle indagini. Anche l’”ostinazione” di Calabresi, a qualcuno, sarebbe potuta apparire come la prima di quella che sarebbe poi stata una lunga serie di azioni di depistaggio. Una nota: nella successiva inchiesta, l’assassinio di Pinelli fu classificato come “malore attivo” (?) e “caduta dal quarto piano” mentre i suoi assassini furono prosciolti; il PM era la “toga rossa” Gerardo D’Ambrosio, quello del pool “Mani pulite”. Niente male come inizio carriera…
[2] Tra i “centri di potere occulto” possiamo annoverare la loggia massonica P2 (diretta da Licio Gelli proprio a partire dal 1969) che nel giro di pochi anni diventerà – appunto – un centro di potere dello Stato sottratto allo sguardo dell’”opinione pubblica” (come possono esserlo gli altri poteri “ufficiali”: Parlamento, Magistratura, Governo). Gelli ha dichiarato recentemente che “Con la P2 avevamo l’Italia in mano. Con noi c’era l’Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia”, La Repubblica, Intervista di Klaus Davi, 4 dicembre 2008.
[3] “Simbolicamente” perché in realtà moltissimi attentati, alcuni anche di carattere stragista (come quelli ai treni dell’agosto 1969 che provocarono il ferimento di 12 persone), erano già stati progettati e attuati da tempo. “Le bombe del 12 dicembre scoppiano in un Paese dove, a partire dal 3 gennaio 1969, ci sono stati 145 attentati: dodici al mese, uno ogni tre giorni, e la stima forse è per difetto. Novantasei di questi attentati sono di riconosciuta marca fascista, o per il loro obiettivo (sezioni del PCI e del PSIUP, monumenti partigiani, gruppi extraparlamentari di sinistra, movimento studentesco, sinagoghe. ecc.) o perché gli autori sono stati identificati. Gli altri sono di origine ufficialmente incerta (come la serie degli attentati ai treni dell’8-9 agosto), oppure vengono addebitati a gruppi della sinistra estrema o agli anarchici (come le bombe del 25 aprile alla Fiera campionaria e alla stazione centrale di Milano). In realtà ci vuole poco a scoprire che la lunga mano che li promuove è sempre la stessa, e cioè una mano che pone diligentemente in atto i presupposti necessari alla “strategia della tensione” che sta maturando a più alto livello politico”. La strage di Stato. Controinchiesta, Cap, I, Le bombe del 12 dicembre, Ed. Samonà e Savelli. “Sempre nell’agosto del ’69 altri attentati dinamitardi sono compiuti nell’Ufficio Istruzione dei Tribunali di Milano e Torino. In un documento inviato dal Ministero dell’Interno al SID, scritto in francese, mentre viene svalutata l’ipotesi di una strategia eversiva dell’estrema destra, se ne attribuisce la paternità a gruppi anarcoidi, filo-cinesi e maoisti”, in Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, (trascr Antiper). Gli attentati, 10 anni dopo, verranno definitivamente attribuiti ai neo-nazisti Franco Freda e Giovanni Ventura; ma nel frattempo il Ministero dell’Interno indicava al SID di costruire prove contro anarchici e comunisti (quella è, evidentemente, l’interpretazione da dare alla “circolare”).
[4] Così chiamato perché avrebbe dovuto assicurare alla “sola” Arma dei Carabinieri il ruolo di comando dello Stato.
[5] Enrico Berlinguer, Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, Rinascita, 12 ottobre 1973. Qui Berlinguer svolge, nei fatti, un parallelo tra la situazione cilena e quella che si sarebbe potuta presentare in Italia dopo l’eventuale conquista del Governo da parte delle forze della sinistra.
[6] “Con questa espressione ci si intende riferire all’autunno 1969 e primo semestre 1970, stagione caratterizzata dal più grande scontro sindacale del dopo guerra per il rinnovo di contratti di lavoro dell’industria e agricoltura e le riforme nel settore edilizio e fiscale. Scioperarono 4-5 milioni di lavoratori per il periodo di 3-4 mesi e per il totale di 520 milioni di ore (Giugni). Gli imprenditori di Confindustria e Confagricoltura subirono una netta sconfitta e dovettero accettare quasi tutte le richieste e l’approvazione in Parlamento dello Statuto dei lavoratori. Il Governo avviò le riforme dell’edilizia, fiscale e sanitaria”. Piero Boni, Lezione Facoltà di Economia e Commercio, Università di Roma “La Sapienza”.
[7] Tra le conquiste che possiamo considerare “figlie” dell’”autunno caldo” possiamo annoverare l’abolizione delle gabbie salariali, lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, le 150 ore per il diritto allo studio, la riforma sanitaria, la riduzione graduale dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali pagate 48 (accordo con Intersind del 10 dicembre 1969), gli aumenti salariali uguali per tutti (fino al punto unico di contingenza del 1975), la nascita di nuovi organismi di lotta e di nuove forme di rappresentanza sindacale dentro luoghi di lavoro (Consigli di Fabbrica, Comitati di Base) e fuori (Assemblee operai-studenti, Gruppi di Studio).