Giulia Iacometti | Cenni di ecologia marxista
Tratto da Etica e politica nell’Antropocene (a partire dal contributo di Jason W. Moore), Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2018, PDF, 72 pagine.
Altre critiche di “dualismo cartesiano” appaiono invece un tantino più ingenerose, come nel caso di quelle rivolte alla rivista eco-socialista americana Monthly Review.
Per valutare meglio le tesi in campo sarebbe utile approfondire adeguatamente la concezione marxista del rapporto tra natura e società, cosa oggettivamente impossibile in questo contesto; tanto più dopo che alcuni contributi – come quello della Monthly Review [32] stessa – hanno dimostrato la sostanziale inconsistenza dell’accusa, spesso rivolta al “marxismo classico”, di aver sottovalutato i temi “ecologici”. Ciò nonostante possiamo individuare alcuni nuclei teorici fondamentali che ci aiuteranno a comprendere meglio le posizioni che si esprimono all’interno del dibattito neo-ecosocialista.
Il primo punto è apparentemente elementare: essendo un animale, l’uomo appartiene alla natura. Più precisamente l’uomo è un “ente naturale”
“«L’uomo è immediatamente ente naturale. Come ente naturale, e ente naturale vivente, è da una parte fornito di forze naturali, di forze vitali, è un attivo ente naturale, e queste forze esistono in lui come disposizioni e capacità, come impulsi»” [33]
Più precisamente ancora, seguendo la lettura dei Manoscritti del ‘44 del filosofo italiano Costanzo Preve, l’uomo è un “ente naturale generico”
“…proprio dal fatto che la cosiddetta ‘essenza umana’ è storica e non naturale, la natura umana è vista come un Gattungswesen, cioè come caratteristica dell’uomo come ente naturale generico e non specifico, o più esattamente che si specifica storicamente solo sulla base di una genericità costitutiva precedente. In quanto ente naturale generico, l’uomo non è geneticamente prefissato a dar luogo a una e una sola forma di oggettivazione sociale. […] L’ente naturale generico, cioè la Gattungswesen, che costituisce l’uomo come essere inscindibilmente naturale e sociale, permette all’uomo la storicità, che non è soltanto l’infinita produzione di configurazioni storiche e sociologiche diverse, ma è anche il luogo della perdita e del ritrovamento di se stesso” [34]
Pur essendo essenzialmente uno zoon politikon [35], un animale sociale, l’essere umano può dar luogo a “configurazioni storiche” in cui la socialità si stempera in favore della rivalità, come ad esempio il capitalismo, in cui la competizione appare certamente più sviluppata della cooperazione [36] Non per questo cessa la possibilità di un “ritrovamento”, ovvero di un ri-rovesciamento della situazione a favore della cooperazione umana [37] e della tensione verso l’universalità reale. Una sorta di “negazione (dialettica) della negazione”.
Ovviamente, anche se l’uomo è un animale c’è pur sempre qualcosa che lo distingue dagli altri animali. Come sappiamo i filosofi hanno variamente interpretato questa distinzione che Marx indica chiaramenteall’interno del bellissimo passo “dell’ape e dell’architetto”
“Noi supponiamo il lavoro in una forma nella quale esso appartenga esclusivamente all’uomo. Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma dell’elemento naturale; egli realizza nell’elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, da lui ben conosciuto, che determina come legge il modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà. E questa subordinazione non è un atto isolato. Oltre lo sforzo degli organi che lavorano, è necessaria, per tutta la durata del lavoro, la volontà conforme allo scopo, che si estrinseca come attenzione: e tanto più è necessaria, quanto meno il lavoro, per il proprio contenuto e per il modo dell’esecuzione, attrae a sé l’operaio, quindi quanto meno questi gode come giuoco delle proprie forze fisiche e intellettuali.
I momenti semplici del processo lavorativo sono la attività conforme allo scopo, ossia il lavoro stesso, l’oggetto del lavoro e i mezzi di lavoro.” [38]
L’uomo si distingue dagli animali per la sua capacità di immaginare e progettare. A differenza degli altri animali, che sono guidati da un istinto rigido, l’uomo ha la capacità di agire teleologicamente attraverso un’attività “conforme allo scopo”. L’animale è guidato rigidamente dall’istinto, che lo agisce e al quale egli non può sottrarsi: la mucca non mangerà mai una bistecca e morirà di fame piuttosto che farlo. L’uomo invece può imparare a mangiare carne – magari per imitazione (come ipotizza Rousseau nel suo “Secondo discorso” dove il filosofo francese suggerisce un’origine frugivora dell’alimentazione umana). L’uomo, ad esempio, può farsi guidare da una razionalità che non sia puramente utilitaristica ma ha libertà di scegliere, sia pure entro la gamma delle possibilità. E questo è il motivo per cui ha senso parlare di etica in riferimento gli umani, mentre non ne ha molto meno in riferimento agli altri animali.
Note
[32] Wikipedia, Monthly Review. https://en.wikipedia.org/wiki/Monthly_Review
[33] K. Marx, Opere filosofiche giovanili, pag. 267.
[34] Cfr. Costanzo Preve, Marx inattuale.
[35] Cfr. K. Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica, e Aristotele, Politica.
[36] Almeno dal punto di vista di quella che potremmo chiamare “intenzionalità” giacché in realtà la sempre più estesa divisione del lavoro rende necessaria una sempre più estesa socializzazione, posto che ormai nessuno è in grado di produrre autonomamente neppure uno smithiano spillo.
[37] Cfr. A. M. Iacono, Ambivalenza della cooperazione.
[38] K. Marx, Il Capitale, Editori Riuniti, 1980, pag. 212.