Antiper | “Punto di non ritorno” di Leonardo DiCaprio (Visioni)
Antiper | Sulla visione di Punto di non ritorno di Leonardo DiCaprio | PDF
Punto di non ritorno (Before the Flood) è un film documentario diretto da Fisher Stevens e prodotto da Martin Scorsese [1]. Protagonista, nonché finanziatore, Leonardo DiCaprio, il noto attore (in questa occasione in versione “hipster”) da anni attivo “ambientalista”: la Leonardo DiCaprio Foundation partecipa infatti a manifestazioni, dona milioni di dollari alla causa ambientalista e tra il 2014 e il 2016 ha deciso di girare a proprie spese Punto di non ritorno. Ovviamente, per un milionario come DiCaprio donare qualche milione di dollari per l’ambiente [2] non è poi un così grande sforzo ed è comunque un buon investimento di immagine. D’altra parte, la sua notorietà, in astratto, può essere utile per veicolare un messaggio a favore della difesa dell’ambiente; si tratta di capire se il messaggio veicolato da Punto di non ritorno sia o meno un buon messaggio.
Un primo elemento che appare discutibile riguarda il modo in cui viene letto il rapporto tra Uomo e Natura. Nel film ricorre infatti frequentemente la dicotomia Natura-Uomo come espressione della dicotomia Bene-Male. Si tratta di un punto di vista abbastanza comune negli approcci ambientalisti, così come è comune l’approccio “animalista” che vuole l’uomo elemento distruttore di un ordine “naturale” che senza di lui sarebbe perfetto (in piena sintonia con un approccio “religioso” che vuole perfetta, appunto, la Creazione). A parte l’ovvia constatazione che l’Uomo è esso stesso parte della Natura e che quindi, a rigore, la dicotomia è già discutibile in sé, non si può negare che la Natura sia anch’essa portatrice di morte e devastazione
“Anche nel caso del film di Leonardo Di Caprio c’è l’idea che la natura (anzi, la Natura con la enne maiuscola) sia buona e perfetta e che l’uomo sia cattivo e imperfetto. Pensiamo che l’uomo stia distruggendo il Paradiso terrestre in cui vive, riteniamo drammatici i mutamenti del clima e dell’ambiente, idealizziamo come migliori i prodotti della natura e insani i prodotti dell’uomo, preconizziamo una fine catastrofica della vita sul nostro pianeta. La natura invece non è né buona né perfetta. La natura guarisce e fa ammalare, la natura dà salute e malattie terribili, produce alimenti ottimi e grandi quantità di cibi tossici e avariati, la natura ha arcobaleni meravigliosi e fanghi decomposti, la natura fa nascere tutti gli esseri viventi e li uccide tutti fra tormenti atroci – tutti, querce lucertole batteri muschi coralli capodogli insetti ed esseri umani. La natura non è né buona né cattiva, non ha morale né etica: è del tutto indifferente a ciò che facciamo o non facciamo” [3]
Le specie viventi si estinguevano anche prima che l’Uomo dispiegasse la propria azione “nefasta” anche se, indubbiamente, l’uomo costituisce oggi uno degli elementi più influenti nella Natura. Non stupisce che qualcuno definisca Antropocene [4] l’epoca geologica che stiamo attraversando.
“Ho visto cose sconvolgenti, che mi hanno fatto capire che non viviamo più nell’incontaminato giardino dell’Eden. Siamo già nel secondo pannello, che Bosh definì “L’umanità alla vigilia del diluvio”. La prospettiva più agghiacciante è rappresentata dall’ultimo pannello con le nubi nere che si addensano nel cielo: raffigura un pianeta che l’umanità ha ridotto in cenere. Riusciremo a cambiare rotta prima che sia troppo tardi? Se fosse un film potremmo riscrivere il finale della sceneggiatura, immaginando una possibile via di fuga. Ma la vita reale funziona diversamente, e nessuno può prevedere con certezza che cosa accadrà. L’unica cosa che possiamo fare è controllare le nostre azioni future, cambiare stile di vita, moderare i consumi, partecipare alla vita pubblica e usare il voto per comunicare ai nostri politici che siamo a conoscenza della verità sui cambiamenti climatici.” [5]
L’ultima frase è interessante. Si può concordare certamente che l’attuale livello di consumi, soprattutto nei paesi capitalisticamente avanzati, sia divenuto insostenibile (più che per la Natura, per l’Uomo stesso) e che sia necessario un cambiamento radicale della nostra vita. La prima domanda che dobbiamo porci è però questa: siamo certi che gli interlocutori di questo cambiamento siano i “nostri politici” e che sia a loro che dobbiamo rivolgerci per ottenerlo? DiCaprio ne sembra assolutamente convinto. E infatti tutto il film è costellato di attività istituzionali, strette di mano e riconoscimenti per personaggi di potere: insomma, DiCaprio parla soprattutto alle elites e ovviamente soprattutto alle elites democratiche (come del resto fa l’altro famoso documentarista Michael Moore).
“Dobbiamo eleggere leader che capiscano la gravità dei problemi che stanno trasformando il clima, leader che credano alle innegabili verità della scienza. Non c’è nazione o società immune dai sintomi del cambiamento climatico e in molte regioni americane se ne vedono già gli effetti. Possiamo ancora fare qualcosa per impedire che queste crisi diventino un problema generalizzato del futuro del nostro paese. Abbiamo l’opportunità di guidare il mondo in una delle questioni più importanti di tutti i tempi” [6]
Questo format non è granché innovativo, ma anzi assolutamente in linea con quello di Bono, voce degli U2 e grande patrocinatore di raccolte fondi per i poveri (ma non, si badi bene, contro la povertà).
Come recita il titolo del film Leonardo DiCaprio teme che il pianeta sia arrivato ad un punto da cui non si può tornare indietro. Suggerisce dunque una situazione di emergenza di fronte alla quale si dovrebbero adottare misure di emergenza. Malgrado questo è convinto che attraverso una semplice scelta elettorale sia possibile cambiare le linee politiche dei governi e salvare il pianeta. Eppure la storia ci insegna che le cose importanti non si cambiano con il semplice voto e tanto meno con il voto regalato a partiti e leader che sono in realtà i responsabili della situazione.
DiCaprio attacca ripetutamente il Partito Repubblicano mentre i Democratici sono i grandi protagonisti del film, con Obama e soprattutto con Al Gore, già vice-presidente di Bill Clinton, che da quando perse le elezioni con George W. Bush nel 2000 è diventato un “pasionario ambientalista”. Ma si può pretendere di essere considerati ambientalisti dopo aver sganciato bombe all’uranio impoverito nella ex-Jugoslavia come fecero Al Gore e Bill Clinton nel 1999? Evidentemente no.
Questo, purtroppo, non è solo un limite del film: è proprio il suo limite, il limite principale, il fatto di essere in definitiva un prodotto dell’establishment che si presenta in modo non credibile come censore delle proprie stesse decisioni.
Anche se a qualcuno sono sembrate allarmistiche, alcune riflessioni del filosofo di origine tedesca (e di formazione heideggeriana) Gunther Anders pongono in modo netto il problema del rapporto tra l’uomo e la sua capacità “tecnica” di distruggere il proprio ambiente e sé stesso. Perché la Tecnica, ovvero il Capitale, domina l’uomo pur essendo una sua creatura. Eppure, l’Uomo potrebbe realizzare già oggi risultati straordinari se fosse capace di tornare a dominare la scienza, sottraendola al controllo del Capitale; potrebbe sostituire la plastica con materiali biodegradabili, potrebbe sostituire le vecchie fonti di energia inquinanti con nuove fonti di energia rinnovabile (che peraltro, da qualche anno, stanno avendo una grande diffusione, ovviamente per ragioni di business, non certo per ragioni ambientali). Forse si arriverà persino al punto che saremo costretti a convertire integralmente petrolio e carbone alle energie rinnovabili, via via che le vecchie fonti di energia si esauriranno.
Ma sarebbe un errore molto grave quello di considerare “tecnica” la soluzione dei problemi posti dalla Tecnica; non è quella della geo-ingegneria la strada che ci conduce alla “salvezza ambientale”.
D’altra parte, se la scienza fosse impiegata nella cura delle persone piuttosto che nella produzione di armi o di cose del tutto superflue, probabilmente saremmo già in grado di guarire malattie che oggi ci appaiono inguaribili. Vivremmo più a lungo, vivremmo meglio.
Ma per ottenere tutto questo, parlare con Ban Ki-moon o con Obama o Al Gore non serve a niente: non è questo o quel Governo che si deve cambiare, ma un intero modo di produzione, perché bisogna cambiare completamente il modo in cui funziona il mondo.
Chi spera in un “capitalismo dal volto (ecologicamente) umano” non ha capito che è proprio il capitalismo il problema fondamentale e che è proprio il suo mettere il profitto del singolo al di sopra del benessere della comunità che mette a rischio la qualità della vita – se non la vita stessa – sia del singolo che della comunità.
Ora, non si può pretendere che Leonardo DiCaprio capisca la necessità di combattere un sistema che lo fa ricco e amato. Ma non possiamo neppure pretendere che questa società funzioni in modo contrario alle proprie leggi di funzionamento.
Finché vivremo in un mondo che non è a misura dell’uomo, ma a misura dell’accumulazione di capitale, sarà impossibile avere un rapporto armonico con la natura. E solo in una società socialista l’uomo potrà veramente diventare il metro di tutte le cose. Questo è il punto della questione.
Note
1. https://it.wikipedia.org/wiki/Punto_di_non_ritorno_-_Before_the_Flood
2. Vedi http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2016/07/16/news/dicaprio-144240596/
3. Jacopo Giliberto, Clima, Di Caprio e il «Punto di non ritorno» per salvare il pianeta, Il sole 24 ore.
4. Treccani, Antropocene: “Termine divulgato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen, per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato a scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana. Non essendo un periodo accolto nella scala cronostratigrafica internazionale del tempo geologico (secondo i dettami dell’ICS, International commission of stratigraphy), l’Antropocene si può far coincidere con l’intervallo di tempo che arriva al presente a partire dalla rivoluzione industriale del XVIII sec., ossia da quando è iniziato l’ultimo consistente aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 in atmosfera. In questo periodo l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi si è progressivamente incrementato, veicolato anche da un aumento di 10 volte della popolazione mondiale, traducendosi in alterazioni sostanziali degli equilibri naturali (scomparsa delle foreste tropicali e riduzione della biodiversità, occupazione di circa il 50% delle terre emerse, sovrasfruttamento delle acque dolci e delle risorse ittiche, uso di azoto fertilizzante agricolo in quantità superiori a quello naturalmente fissato in tutti gli ecosistemi terrestri, immissione in atmosfera di ingenti quantità di gas serra ecc.).”
5. Leonardio DiCaprio, Punto di non ritorno.
6. National Geographic, Intervista a Leonardo DiCaprio.