Paolo Giussani | Qualcosa sul credito, le banche e la crisi
È classico della psicologia da piccolo-borghesi dare la colpa a qualcuno o a qualcosa quando i processi vanno nella direzione ritenuta sbagliata o qualche fenomeno minaccioso occupa l’orizzonte. Nel caso della Great Recession da noi, in Italia, il paese più pezzentemente piccolo-borghese del mondo, sotto la spinta di atavico odio uno degli untori favoriti è stato prestamente individuato nelle banche, soprattutto ora che si deve subire la continuazione di una crisi apparentemente senza fine, come cantava Mina.
Le banche “rifiutano il credito” si sente dire ovunque – anche presso certe televisioni, in programmi che si danno l’aria di incredibile radical opposition, condotte da higher mind, così superiori da illuminare d’immenso il colto e l’inclita. “La BCE dà i soldi alle banche ma queste non li usano per finanziare ‘l’economia reale’ ma per speculare in un modo o nell’altro”. “Bisogna reindirizzare i capitali verso l’economia reale”; la “BCE adotta una politica troppo restrittiva e unilaterale che finisce con il nuocere alle imprese”…e via cantando su questa tonalità. E ciò presso una nazione dove è più facile trovare un uomo con due teste che non qualcuno che sappia cos’è una banca e come funziona una stramaledetta banca centrale.
Ora, poi, che l’esercito dei nati ieri di sinistra, ultrasinistra e di tutte le varianti di anime belle professioniste che densamente popolano il Bel Paese ha scoperto che le banche “hanno il potere [meraviglioso sostantivo magico] di creare denaro dal nulla” il colpevole non solo si è compiutamente definito ma pure enormemente ingigantito. “Trattasi di un potere arbitrario che condiziona assolutamente la crescita”; “va limitato e controllato se non addirittura trasferito allo stato” – dicono taluni; “nemmeno per sogno” – rispondono altri – “figuriamoci! Già oggi le banche creano soldi dal nulla e li danno ai politicanti (che non a caso le controllano) per gli scopi peggiori. Se fossero sostituite dallo stato sarebbe molto peggio. Bisogna invece abolire la creazione monetaria e ogni concessione di credito deve essere coperta di liquidi al 100%!” (Sia detto en passant: se il credito dovesse essere coperto al 100% di liquidi non sarebbe più credito, anzi di un credito di questo genere nessuno potrebbe avere bisogno).
Il fatto è che la presente congiuntura è assolutamente ideale, forse senza precedenti, per fornire un palcoscenico a tutti quelli che, nulla sapendo, sono dominati dall’irresistibile bisogno di farsi belli con qualche proposta di riforma del capitalismo e del mondo, il cui campionario va dal ridicolo all’immondo.
Lasciamo perdere la storia della creazione di denaro dal nulla, francamente tediosa, e concentriamoci sul rapporto fra calo del credito e recessione. Il rapporto causale va dalla recessione alla diminuzione del credito e in nessun modo nella direzione opposta. É totalmente indimostrabile che la Great Recession sia stata causata dal venir meno del credito concesso alle aziende non finanziarie, in compenso è completamente dimostrabile il nesso opposto: contrazione della produzione ? riduzione del credito da parte delle banche commerciali ? freezing del credito interbancario: tale è la successione di fasi nella GR, e non un’altra.
Ora, state a sentire. Prima di protestare contro questa sequenza, come molti d’istinto faranno, i magnifici araldi di Monsieur le Préjudice hanno forse studiato, esaminato i fenomeni, ponderato ed enucleato i nessi, e via dicendo? Vogliamo scherzare! Non sarebbero quei sensazionali fan delle frasi fatte del senso comune ovunque et comunque che sono. Quindi stiano zitti, per favore. Le aziende non finanziarie hanno un eccesso notevole di capacità produttiva inutilizzata, magazzini strapieni e portafogli di ordini ristagnanti o in calo: per quale diavolo di motivo dovrebbero avere bisogno di maggior credito? Per aumentare il proprio debito senza motivo? Il credito non viene concesso per l’elementare circostanza che nessuno lo chiede, tranne quelli con l’acqua alla gola, che lo domandano solo per salvarsi coprendo i debiti a scadenza con ulteriori debiti e non certo per sviluppare la produzione. Se la domanda di credito fosse molto elevata e l’offerta molto ristretta si dovrebbero osservare tassi di interesse relativamente elevati e crescenti. Invece sono ai minimi storici e in diminuzione.
Gli investimenti non ci sono? Quale scoperta dell’acqua calda! È all’incirca una trentina d’anni che il rapporto investimenti/profitti tende a calare, anche nella magna Deutschland, cari signori, anzi lì più che altrove. Non è un prodotto tipico della GR, che ha certamente aggravato il fenomeno ma non l’ha prodotto. E donde mai viene questa tendenza al calo, che è l’esatto contrario della tendenza che era dominante durante la prima parte del periodo storico dalla fine della II GM in poi? Forse a causa della proterva avidità delle banche? Difficile tirare fuori un’idea più stolta.
Si dà poi il caso che gli investimenti in capitale fisso – quelli decisivi per il progresso della produzione sociale – abbiano pochissimo a che fare con il credito bancario. In grande e crescente misura vengono finanziati dai fondi interni accumulati delle aziende ossia dai loro profitti, e in una misura secondaria e decrescente dal credito non bancario cioè dal credito obbligazionario, che non è una creazione monetaria dal nulla. Un tempo esisteva anche la fonte costituita dall’emissione di capitale azionario, ma con l’avvento del grandioso boom speculativo si è completamente estinta giacché l’occupazione prevalente di un gran numero di corporation ha cessato di essere l’emissione di azioni al fine di rastrellare capitale da investire per convertirsi in quella di raccattare il proprio capitale monetario accumulato, che in teoria sarebbe lì per essere investito, e usarlo per riacquistare azioni proprie sul mercato azionario, il che riduce il capitale azionario esistente, oltre naturalmente ad accrescere stellarmente i guadagni del top management e impedire l’investimento.
Malgrado questa credenza sia molto diffusa, tanti ci hanno provato ma nessuno è finora riuscito a dimostrare che la crisi finanziaria globale sia la causa della Great Recession. Anzi, è molto più vero il contrario. Tuttavia, dal punto di vista dell’esemplare medio della specie detta sinistra e (almeno in parte) ultrasinistra dei nostri tempi, deve assolutamente essere vero che la grande crisi è stata causata dalla grande finanza. Non può essere in altro modo. La finanza è pensabile come riformabile e modificabile (ovviamente non è vero, ma è almeno pensabile considerando che perfino nel programma dello NSDAP era contenuta l’abolizione della borsa). Il resto no. La produzione e l’accumulazione produttiva non sono nemmeno concepibili come tali, specialmente ora che il modello diciamo di tipo sovietico, quello cui i sinistri standard aderivano automaticamente dato il loro istinto da potenziale funzionario, ha ritenuto bene di estinguersi, e nemmeno tanto elegantemente, assieme al settore pubblico del capitale industriale, un tempo piuttosto esteso.
Se per conto proprio, senza l’azione negativa di fattori esterni, il capitale produttivo non è più in grado di muoversi e riprodursi decentemente, allora è una tragedia! Non abbiamo più niente: dove andremo a finire! Chi ci salverà? Proprio nessuno.