Note di lettura: José Saramago, Le intermittenze della morte
Jose Saramago, Le intermittenze della morte, 146 pagine, Einaudi, 2005, Traduzione dal portoghese di Rita Desti
In un luogo imprecisato, in un tempo sconosciuto, in un contesto storico ignoto, la Morte non uccide più; così succede, come recita l’incipit, che “il giorno seguente non morì nessuno”.Il lettore dovrà addentrarsi nelle pagine del libro per scoprire quale carico di significato porta con sé il termine “seguente”. La Morte non svolge più il suo lavoro e l’autore ci mostra le implicazioni, i problemi che può provocare un tale avvenimento.
Il mondo di cui l’autore ci narra pare inizialmente immaginario, ma ben presto ci si rende conto che la descrizione dei personaggi, delle loro azioni, l’analisi dei più reconditi pensieri, la narrazione di problemi e la ricerca di soluzioni non sono affatto fiabeschi e con una quasi terribile epifania ci accorgiamo che Saramago sta parlando di noi, di una comunità, di una collettività che a fatica si muove tra i problemi della vita cercando soluzioni che spesso si dimostrano irrealizzabili: facile è trovarsi in caduta libera verso il caos. La gestione di un accadimento quale il non adempiersi di decessi, fa crollare a catena un sistema che, con sapiente ironia, l’autore fa intendere fondarsi solamente sul perpetuarsi della morte. Egli coglie l’occasione per esprimere la sua critica alla società, alla Chiesa, alla politica e all’uomo contemporaneo che, senza la presenza della morte, scopre tutta la sua debolezza.
Nelle pagine si alternano, quasi come in una danza, i protagonisti che non hanno nomi; ci troviamo improvvisamente a volteggiare tra il primo ministro, il prete, il cardinale, i filosofi, la famiglia di contadini, il vecchio, la chiesa, la religione, il governo, la maphia, il bambino, il violoncellista e la Morte, l’unica con la lettera maiuscola. Forse perché solo lei è la vera protagonista del libro? Lo stile narrativo di Saramago è caratterizzato dall’uso non convenzionale della punteggiatura, tanto che la lettura può apparire inizialmente difficile a chi per la prima volta si trovi a confrontarsi con questo autore. Sembra che Saramago si diverta a mettere costantemente alla prova il lettore, quasi chiedendogli uno sforzo di concentrazione per seguirlo, gli occhi non sono abituati, anche esteticamente, alle proposte dell’autore: i dialoghi, non sono segnalati dalle tradizionali virgolette ma da una lettera maiuscola iniziale; le domande dirette, e sono molte quelle che l’autore rivolge apertamente al lettore, sono prive di punto interrogativo. La punteggiatura inoltre sembra solo interessata ad inseguire i pensieri dei personaggi piuttosto che a scandirli e delimitarli per renderne facilmente accessibile il significato. Le intermittenze della Morte lascia sulle labbra un sorriso per la situazione paradossale descritta, in bocca il gusto della malinconia per la consapevolezza che la realtà non è poi così distante dalle descrizioni dell’autore, nella mente la speranza che non sempre tutto è perduto. Saramago ci offre due possibilità: possiamo sognare; forse leggere questo testo è un po’ come farsi cullare nell’illusione che, come recita una canzone dei Baustelle “la morte non esiste più, non parla più, non vende più mio folle amore…” oppure possiamo, pur sognando, agire per cambiare la nostra realtà. La Morte ce l’ha fatta, ha cambiato le regole e il giorno seguente non morì nessuno.