Antiper – Commento a Le radici economiche delle sollevazioni in Africa Settentrionale
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Download Francesco Macheda – Roberto Nadalini, Le radici economiche delle sollevazioni in Africa Settentrionale, 2011, PDF
Questo lavoro di Francesco Macheda e Roberto Nadalini è utile non solo perché è ricco di dati e correlato da un’ampia bibliografia, ma anche per l’approccio metodologico che possiamo considerare di impronta materialistica; gli autori, infatti, provano a collocare le rivolte in Nord Africa [2] dentro un quadro di lungo periodo che inizia negli anni ’70; ironizzano sul ruolo della “chiamata via Internet” e considerano limitata la lettura delle rivolte come di semplici esplosioni anti-despota (Ben Alì, Mubarak). Secondo gli autori le rivolte vanno invece inserite in un ragionamento più complessivo ed articolato che richiama anche gli effetti della crisi alimentare che ha investito il Nord Africa, le sue cause strutturali e il ruolo svolto dai paesi imperialisti in quel contesto.
Gli autori compiono una dettagliata ricognizione per mostrare come già fin dalla metà degli anni ’70 l’imperialismo nord-americano ed europeo abbiano lavorato sistematicamente per minare l’auto-sufficienza alimentare dei paesi della “periferia” rendendoli così sempre più dipendenti dai paesi del “centro” imperialista.La distruzione dell’auto-sufficienza alimentare dei paesi del Nord Africa ha svolto almeno 2 funzioni – una particolare ed una più generale – utili per il rilancio del tasso medio di profitto (calante fino alla metà degli anni ’80), nel quadro della crisi di sovrapproduzione iniziata con i primi anni ’70, in larga misura ancora irrisolta.
Con il dumping [3] sui prodotti agricoli l’imperialismo è riuscito: 1) a cancellare le sovranità alimentare di Egitto e Tunisia [4] rendendo questi due paesi dipendenti dall’estero per le merci che stavano alla base della loro stessa dieta alimentare; 2) a creare le condizioni per una dipendenza economica e quindi anche geopolitica.
Questo è potuto avvenire grazie ai massicci investimenti statali a sostegno delle produzioni europee e statunitensi. Spiegano infatti gli autori che
Naturalmente, poi i prezzi sono risaliti fino a raggiungere il livello più alto di sempre nel 2010.
I liberisti sostengono che più il mercato è “libero” e maggiori sono i benefici per i consumatori perché i prezzi tendono a diminuire, anche quelli dei generi alimentari, per effetto della “libera” concorrenza. E’ sufficiente ricordare, a tal proposito, le posizioni dei “liberoscambisti” inglesi al tempo dell’abolizione delle leggi sul grano
Qui, invece, abbiamo un apparente paradosso. Negli anni in cui – si dice – ha imperato il neo-liberismo (dall’inizio degli anni ’80 in poi) non sarebbe stato il “libero mercato” a imporre la riduzione dei prezzi ma, esattamente l’opposto, è stato lo Stato (alcuni stati per meglio dire) a determinare l’enorme riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli. E questo non ha apportato nessun vantaggio ai paesi più poveri; al contrario, ha permesso la distruzione della loro economia e la cancellazione della loro autonomia alimentare.
Quasi contemporaneamente un altro imponente “intervento di stato” venne adottato dalle amministrazioni USA per sostenere il proprio “complesso militare-industriale”: era il progetto cosiddetto “guerre stellari”, una gigantesca operazione di “keynesismo militare non di guerra”, diciamo così, che aveva più l’obbiettivo di tamponare la crisi del capitalismo (USA) che non quella di mettere in crisi il socialismo (“reale”).
Fatta salva la parentesi “democratica” di Jimmy Carter (1977-81) gli anni che vanno dalla metà degli anni ’70 alla metà degli anni ’90 sono in larga parte caratterizzati da presidenze repubblicane7 che in genere vengono identificate come ultra “liberiste” (Ronald Reagan viene considerato, con Margareth Thatcher, un’icona del “neoliberismo” per le politiche di privatizzazione e di attacco ai diritti dei lavoratori).Eppure è proprio in questa fase8 che si sviluppa il grosso dell’attacco alla sovranità alimentare di mezzo mondo attraverso gli interventi di Stato di cui sopra.E mentre la destra “liberista” attuava i suoi progetti internazionali con l’aiuto determinante dello Stato, la sinistra, considerata in genere “statalista” ed “anti-neo-liberista”, avviava importanti processi di privatizzazione (come in Francia e in Italia).
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La distruzione dell’autosufficienza alimentare ha anche un ulteriore effetto, ovvero quello di provocare un vero e proprio cambiamento della struttura economica di Tunisia ed Egitto dove i contadini, ridotti alla fame dal dumping sui prodotti agricoli, finiscono per diventare la base della creazione di un nuovo proletariato industriale da avviare verso le imprese occidentali che de-localizzeranno in questi paesi, attratte da favorevoli condizioni per la realizzazione di profitto. Una dinamica del tutto analoga a quella che si è presentata in Messico con il Nafta9, l’accordo per il libero scambio tra USA, Messico e Canada10.
In Nord Africa è avvenuta una sorta di “accumulazione originaria”, analoga a quella che Marx descrive nel primo libro del Capitale riferendosi al processo che aveva condotto dalle “enclosures”, al pauperismo, alla manifattura.Ma i vecchi posti di lavoro persi nell’agricoltura (e nel suo indotto) sono stati molti di più dei nuovi posti di lavoro sorti nell’industria (e nel suo indotto). E questo ha significato un saldo netto di lavoratori disoccupati avviati sulla via dell’emigrazione principalmente verso i paesi del centro imperialista oltre che verso i paesi del Golfo.
Il dumping sui prodotti agricoli – in particolare sul grano – imposto ai paesi del Nord Africa rispondeva anche ad un’altra necessità strategica dell’imperialismo. Sferrare un ulteriore e definitivo assalto all’URSS (principale produttore al mondo di grano), ciò che probabilmente va ascritto tra le diverse cause del crollo economico sovietico.
Il parallelismo tra paesi del Nord Africa e Messico ci dice che anche nei momenti di massima caratterizzazione “ultra-liberista” (almeno, nella vulgata popolare “di sinistra”) lo Stato gioca sempre e comunque un ruolo essenziale nel “truccare” i meccanismi del “libero mercato” a vantaggio dei capitali che ad esso fanno riferimento.Ma anche nei paesi della periferia lo Stato svolge un ruolo essenziale di carattere repressivo per fronteggiare gli effetti dei cambiamenti sociali, come sottolinea Bauman11. Ed ecco spiegati i “regimi” (Ben Ali, Mubarak) ed anche il motivo per cui diversi “miracoli economici” sono stati preceduti da fasi di feroce repressione (Brasile, Sudafrica, Cile) necessarie per creare le condizioni più favorevoli all’arrivo dei capitali occidentali.In Tunisia, ad esempio, il colpo di stato di Ben Ali avviene con il golpe del 1987 ed è la condizione necessaria per la definitiva privatizzazione di tutte le industrie e risorse nazionali tunisine, a completamento dell’opera iniziata con la cancellazione della sovranità alimentare, il tutto condito ovviamente con una dura repressione del sindacato.
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Interessante la riflessione sulla natura energivora dell’economia USA e sulle implicazioni dell’uso crescente di bio-carburanti sui prezzi dei generi alimentari di base. Infatti, come ogni dumping che si rispetti, anche quello alimentare fu seguito da un rialzo poderoso dei prezzi (determinato da vari fattori, dalla forte domanda per bio-carburanti, appunto, alla speculazione finanziaria); e così molti paesi che prima era sostanzialmente autosufficienti dal punto di vista alimentare si sono trovati di fronte l’impossibilità di acquistare cibo il cui prezzo aveva raggiunto livelli altissimi ciò che ha definitivamente distrutto la loro economia: non erano più produttori, non riuscivano ad essere consumatori.
Il richiamo che gli autori fanno agli aspetti “etici” (“…per riempire il serbatoio di un SUV occorrono circa 450 libbre di grano, lo stesso quantitativo energetico in grado di sfamare una persona per un intero anno”12) se, per un verso, mostra efficacemente le contraddizioni del sistema capitalistico, d’altra parte non può essere agitato contro tale sistema che non conosce altra regola “etica” che quella dell’accumulazione di capitale e del massimo profitto.Su questo gli autori concordano mostrando come dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 molti capitali abbiano abbandonato Wall Street ed il settore immobiliare (si stima una cifra intorno ai 130 miliardi di dollari) per andare a speculare sulla piazza di Chicago (dove si “trattano” i titoli agricoli)
Vogliamo infine segnalare che la crisi economica ha colpito duramente l’economia dei paesi che hanno alti tassi di emigrazione e dunque alte rimesse degli emigranti; e le rimesse degli egiziani sono crollate dal 2008 in poi. Rimesse che già nel 1979 erano più alte dei profitti derivanti dalle esportazioni.
Agosto 2012
Antiper [1]
Critica rivoluzionaria dell’esistente
Teoria e prassi per il non ancora esistente
Note
[1] WEB: www.antiper.org – EMAIL: antiper@antiper.org.
[2] Anche se il testo si concentra quasi esclusivamente su Egitto e Tunisia.
[3] “Con il termine inglese dumping si indica, nell’ambito del diritto internazionale (ma il concetto deriva dalla dottrina economica), una procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero (mercato di importazione) ad un prezzo inferiore rispetto quello di vendita (o, addirittura, a quello di produzione) del medesimo prodotto sul mercato di origine (mercato di esportazione)” (Fonte Wikipedia).
[4] Come ricordano gli autori a pagina 6 il settore agricolo egiziano era in grado negli anni 60 di soddisfare il mercato interno di tutti i prodotti-base ad eccezione del grano che copriva comunque il 70 percento del fabbisogno della popolazione, dalla fine degli anni 70 si perderà progressivamente questa autonomia
[5] F.Macheda – R.Nadalini, Le radici economiche…, pag. 12.
[6] K. Marx, Discorso sul libero scambio.
[7] Gerald Ford (1974-’77 ); Ronald Reagan (1981-89); George Bush senior (1989-93).
[8] Definita nel lavoro di Macheda e Nadalini il “trentennio neoliberale”.
[9] Il NAFTA (North America Free Trade Agreement) fu approvato nel 1992 dall’amministrazione Bush e reso operativo nel 1994 dall’amministrazione Clinton.
[10] Cfr. Francesca Coin, Il produttore consumato. Saggio sul malessere dei lavoratori contemporanei. Il poligrafo, Padova, 2006.
[11] Zygmunt Bauman, Capitalismo parassitario: “L’iniziale accumulazione originale di capitale conduce invariabilmente ad una polarizzazione delle condizioni di vita inedita e profondamente avversata e produce tensioni sociali potenzialmente esplosive: per l’emergente classe imprenditoriale e mercantile è necessario che tali tensioni vengano represse da uno Stato potente e spietato, coercitivo”, pag. 26, Laterza, 2009.
[12] F.Macheda – R.Nadalini, Le radici economiche…, pag. 12.
[13] F.Macheda – R.Nadalini, Le radici economiche…, pag. 13.