Antiper | Non è indifferente da che parte cade un muro
Da Rivolta araba, raccolta di interventi sulle rivolte arabe del 2010-2011.
L’assetto politico che dominava in Italia nel 1922 – anno della “marcia su Roma” – era stato oggetto per oltre due anni di una dura offensiva politica da parte di una serie di movimenti di lotta (riassunti sotto la denominazione storica di “Biennio rosso”). In questi 2 anni, mobilitazioni per il pane, occupazioni delle fabbriche e delle terre, formazione di Consigli di Fabbrica “politici”, ammutinamenti di guarnigioni militari… avevano mostrato la chiara volontà di quella profonda trasformazione che allora si riassumeva nello slogan “facciamo come in Russia”.
Eppure, quell’assetto politico – chiamiamolo “liberale” o “giolittiano” – non cadde sotto i colpi del movimento operaio, ma sotto quelli del fascismo (seppure con la regia e il decisivo appoggio degli industriali, degli agrari, del Vaticano, della Monarchia ai quali non bastava più un governo liberale screditato dalla corruzione e dal trasformismo per schiacciare i “rossi”).
Il fatto che la caduta di Giolitti, tanto auspicata dal movimento dei lavoratori, abbia aperto la strada al ventennio fascista non rende certo Giolitti migliore, così come non rende migliore Gheddafi il fatto che egli cada per effetto delle bombe umanitarie imperialiste e non delle pallottole di una rivoluzione comunista; ci dice, però, qualcosa sulla natura di chi si oppone a Gheddafi. Ecco perché, inneggiare alla caduta di Gheddafi per mano degli imperialisti rischia di essere come inneggiare alla caduta di Giolitti per mano dei fascisti.
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Una curiosità. Sulla guerra di Libia è “caduto” anche uno dei più vecchi santoni dell’asin/istra, capo spirituale del manipolo di asin/istri del “Manifesto”, Monsignor Ingrao Pietro:
”…se mi chiedi di Gheddafi, posso dirti: è un mascalzone. E perciò un modo per far fronte a uno come lui lo si doveva pur trovare. Con tutti i dubbi sui rischi imperiali euroccidentali che un intervento del genere può implicare in quell’area” [1]
D’accordo, vale lo stesso discorso di Fo Dario, c’è anche l’età e il cervello forse non funziona più tanto bene. E del resto in punto di morte tanti mangiapreti si fanno dare l’estrema unzione, ma se uno non sta bene magari “si” e “ci” risparmia interviste all’”Unità”.
O no?
Note
[1] “Quel Gheddafi è un mascalzone e bisognava pur fermarlo…” di Bruno Gravagnuolo, L’Unità, 30 marzo 2011