Antiper | Non seguire la propaganda di guerra e di regime
Non siamo mai riusciti a dimenticare quando nel 2003 la “giornalista-si-fa-per-dire” del TG3 Simona Bottari ebbe un orgasmo multiplo in diretta televisiva all’arrivo dei marines a Baghdad: un esempio da manuale che ci ricorda la prima regola che sempre dovremmo seguire di fronte all’“informazione” embedded: quasi tutto ciò che dicono i media mainstream in termini di analisi politica è falso o comunque è confezionato dentro una presentazione che ha un ben preciso connotato politico. Talvolta sono “veri” alcuni elementi di informazione e generalmente sono più veri quelli che servono per costruire dissenso (ovvero per distruggere l’altrui consenso), mentre sono più falsi quelli che servono per costruire consenso. Si potrebbe dire: nascondo ciò che di critico mi riguarda; tiro fuori ciò che di critico riguarda il mio avversario.
Facciamo un esempio. Sono false le “informazioni” che 10 minuti dopo la rivolta in Libia parlavano di fosse comuni e di migliaia di morti [1]. Quelle “veline” servivano per infondere nella cosiddetta “opinione pubblica” la convinzione della necessità di intervenire militarmente per porre fine al massacro dei civili. E’ probabilmente vera, invece, la notizia che viene data nel seguente titolo
“Sarkozy frega Berlusconi e si prende tutta la Libia. Missione segreta a Bengasi 15 giorni fa: i colossi transalpini Eads (difesa), Vinci (costruzioni) e Total (petrolio) hanno firmato ricchi contratti con i ribelli. Tagliando fuori le imprese italiane” [2]
In questa notizia c’è l’evidente polemica contro la Francia che sta attaccando il “piccolo impero italiano” comprando colossi industriali come Parmalat (dopo avere però bloccato le scalate di qualche anno fa di ENEL) e spostando verso di sé aree petrolifere “italiane” (cosa che ha fatto dire al Ministro della Guerra La Russa che non non si danno le chiavi di “casa propria” a qualcuno senza controllare che cosa ne fa).
Non sono passati secoli dalle false “fosse comuni” di Timisoara [3], dai falsi sequestri di incubatrici in Kuwait [4], dalle false pulizie etniche in Bosnia… e ci risiamo: popolazioni bombardate dai mig libici, fosse comuni, stupri di massa, ecc… tutte cose dette e ovviamente non documentate.
Tutte cose, naturalmente, “ben diverse” da quelle accadute in Afghanistan, ad Abu Ghreib, a Gaza, a Falluja… Già ma chi si ricorda più questi nomi? Di certo non i nostrani paci-finti – ormai, a dire il vero, paci-finiti – e neppure tutti quegli “antagonisti della domenica” che ormai ripetono come pappagalli “Rivoluzione! Rivoluzione! Rivoluzione!” non appena il Pentagono dice “Rivoluzione”.
Una volta i proletari analfabeti dicevano: “da che pulpito viene la predica…”; adesso super-militanti armati di Internet non sanno neppure prendere con spirito critico le affermazioni di media controllati da macellai che da decenni ininterrottamente fanno strage nel mondo (anche e soprattutto in Africa e Medio Oriente). Questa ormai dilagante totale mancanza di spirito critico è davvero la cosa più preoccupante perché se è vero che sempre si può sbagliare un’analisi politica, quando l’errore discende da una così grave forma di subalternità culturale la situazione rischia di essere senza via di uscita. Almeno nel lungo termine. Per il lunghissimo, vedremo.
E pensare che in fondo sarebbe tutto relativamente semplice: basterebbe tenere a mente che la prima battaglia è sempre quella per costruire il consenso della propria opinione pubblica verso le proprie iniziative di guerra onde evitare che queste iniziative verso l’esterno possano suscitare contestazione o addirittura ribellione all’interno (secondo lo schema leninista del “trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria”).
Ma non c’è pericolo. In Italia paci-finiti, nano-gruppi finto-antagonisti e/o neo-nostalgici non farebbero male ad una mosca e non saprebbero dire una cosa interessante neppure se fossero minacciati con una pistola alla tempia.
Anche la semplice parola “disinformazione” sembra scomparsa dal vocabolario. E c’è persino chi abbocca alla favola secondo cui tramite Facebook o Twitter si possono promuovere, organizzare e condurre alla vittoria rivoluzioni “spontanee” e “storiche”, senza capire che questa sciocchezza ci manda indirettamente un messaggio molto chiaro: rimanete attaccati al computer, non uscite di casa fino all’“ora X”, come in “V per vendetta”.
Sì, ma almeno, in “V per Vendetta” il Parlamento viene minato e fatto saltare per aria.
Del resto, perché cambiare il format mediatico di guerra che da 20 anni funziona quasi alla perfezione? L’unico punto debole era la faccia da tonto di Bush, ma con Obama le cose sono decisamente cambiate: chi può dubitare che un nero con un nome africano non meriti “a prescindere” il Premio Nobel per la Pace, anche se appoggia colpi di stato, guerre, interventi militari, ecc…?
Ma lo sappiamo. Gli americani non temono di sfidare il ridicolo:
“Le truppe fedeli al dittatore libico Gheddafi stanno conducendo una terrificante campagna di stupri sistematici, anche su minori, volta a terrorizzare la popolazione civile libica nelle aree favorevoli ai ribelli. Per facilitare le violenze, il rais avrebbe addirittura ordinato di distribuire pillole di Viagra alle truppe impegnate nella cruenta repressione. A lanciare l’accusa, durante una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza Onu dedicata alla Libia, è stata l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite Susan Rice, che dal Palazzo di Vetro si è appellata ai membri più scettici dell’esclusiva compagine, soprattutto Russia, Cina e India, negli ultimi tempi sempre più critici sulla legittimità degli attacchi aerei della coalizione internazionale Nato che accusano di avere «disatteso il mandato Onu»” [5]
Da rimarcare il “fatto” che russi, cinesi e indiani siano così poco sensibili alla lotta contro la violenza sulle donne, a differenza degli americani che si sa, sulla non violenza, svolgono da sempre un gran lavoro…
Note
[1] Germano Dottori, Disinformacija: l’uso strategico del falso nel caso libico, Limes 1/2011, marzo, Il grande tsunami
[2] Franco Bechis, Le mani su tripoli. Sarkozy si è già preso tutta la Libia, Libero, 29 aprile 2011
[3] Claudio Fracassi, Sotto la notizia niente. Saggio sull’informazione planetaria, Editori Riuniti
[4] Ibidem
[5] Viagra ai soldati libici per stuprare, Alessandra Farkas, Corriere della sera, 30 aprile 2011