Antiper | Libia. Il nuovo che avanza
Da Rivolta araba, raccolta di interventi sulle rivolte arabe del 2010-2011.
Checché se ne dica il proletariato libico non è affatto il protagonista della rivolta in Libia (se non nel senso che vi partecipa). Ne sarà, invece, la principale vittima. Per capirlo basta dare gettare uno sguardo sulla “nuova” classe dirigente che si prepara a sostituire sé stessa alla guida del paese.Tra le file dei rivoltosi c’è una pletora di ex-alti ufficiali delle forze militari libiche e un esercito di diplomatici (dall’ex-ambasciatore presso la Lega Araba e quello attuale presso l’ONU fino dagli ambasciatori di Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Germania e via di questo passo).
La nuova classe dirigente libica è composta di “vergini di questo tipo.
Il Presidente del Consiglio Nazionale di Transizione della Libia (il “Parlamento” dei ribelli) è Mustafa Abdul Jalil, un uomo, in verità, non troppo nuovo, dato che era già Ministro della Giustizia con Gheddafi. E Ministro con Gheddafi (Economia, Commercio, Investimenti) era stato anche Ali Abd-al-Aziz al-Isawi [1].
Insomma, sarebbe come se in Italia i lavoratori scatenassero la guerra civile (pardon, la “rivoluzione”) e per prima cosa insediassero come neo Ministri Angelino Alfano e Giulio Tremonti…
A proposito di Jalil, prendiamo alcune affermazioni che avrebbe fatto durante la sua visita in Italia di qualche tempo fa (in cui è venuto a rassicurarci sui “nostri” interessi in Libia, cosa che probabilmente è stata più efficacie delle insistenze di Obama o Sarkozy nel convincere l’Italia – con Napolitano capofila – ad aderire alla schiera dei paesi bombardatori, non c’è bisogno di dirlo, a fini umanitari):
“Non è un mistero che ad esser contrario fosse Berlusconi, data anche la posizione della Lega. Quand’è che il presidente del Consiglio, che ai corrispondenti esteri ha raccontato di aver avuto l’impulso di dimettersi quando sono cominciati i bombardamenti contro Gheddafi, ha cambiato idea? «La decisione è maturata durante la visita di Jalil a Roma. Mai vi considereremo invasori, ci ha detto. A Berlusconi ha fatto un discorso assai toccante. Signor presidente – gli ha detto – voi vi siete fatti ingannare dalla retorica di Gheddafi, ma noi che siamo i libici di Bengasi, i libici che dovrebbero odiare di più gli italiani, riconosciamo che voi non ci avete solo colonizzato: avete costruito il nostro Paese. E’ per questo – ha continuato – che abbiamo bisogno di voi, proprio di voi, adesso: aiutateci» [2].
“Per qualche secondo si ferma a pensare. Poi, quasi meccanicamente, ripete le parole ascoltate da Mustafa Abdel Jalil, il Presidente del consiglio nazionale di transizione: “Affido alla vostra coscienza le decine di migliaia di donne e bambini di Misurata e di Zintan che muoiono sotto le bombe di Gheddafi”. Beh, noi non ce la siamo sentita di voltarci dall’altra parte” [3].
Magari Frattini non ci racconta la verità e il “rivoluzionario” Jalil non è davvero venuto a Roma ad implorare gli ex colonialisti di fornire loro armi e aiuti per combattere una guerra civile che non sarebbero mai stati in grado di vincere da soli. Però il dubbio viene…
Ma le perle “rivoluzionarie” non sono finite. Il Primo Ministro del Consiglio Nazionale di Transizione è Mahmoud Jibril che
“è stato per anni l’uomo chiave di Washington e Londra all’interno del regime del Colonnello Gheddafi. In qualità di direttore dell’Ufficio nazionale per lo sviluppo economico (NEDB) del governo libico, Jibril lavorava per facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un radicale processo di privatizzazione e liberalizzazione dell’economia nazionale” [4]
“Un cablo del novembre 2008 rende conto di come Jibril suggerisca agli Usa di stare attenti alla “crescente competizione” per le risorse petrolifere libiche da parte di Europa, Russia, Cina e India, osservando che nei prossimi anni la Libia diverrà ”più preziosa” in ragione delle sue riserve petrolifere ancora non sfruttate. Il capo del NEDB invita Washington ad approfittare delle future privatizzazioni libiche per investire anche in infrastrutture, sanità e istruzione, e a formare giovani libici nelle università Usa. Non stupisce che, in un successivo cablo di fine 2009, l’ambasciata americana Usa a Tripoli descriva Jibril come “un interlocutore serio che sa cogliere la prospettiva Usa”” [5]
“Nel suo tipico stile professorale, Jibril ha inquadrato il suo discorso da un ampio punto di vista storico e geostrategico: la regione del Golfo Arabo vivrà una maggiore instabilità nel prossimo decennio a causa della pressione demografica, dell’aumento dell’estremismo, di una maggiore concorrenza di Russia, Cina e India per le risorse di idrocarburi e di una nuova generazione di dirigenti meno competenti. L’impressione di Jibril è che la Libia diventerà “più preziosa” nei prossimi anni per via delle sue riserve di idrocarburi relativamente vergini, per l’avversione verso posizioni islamiche estremiste e per la vicinanza strategica con l’Europa. Ha fatto riferimento ai negoziati di partenariato UE-Libia in corso e anche agli sforzi della Libia per creare un nuovo corso di politica estera con la Russia (incluso il recente viaggio a Mosca di Gheddafi)” [6].
Jibril non pare dunque un così gran rivoluzionario. Di certo non è un imbecille come i “maître à penser” (si fa per dire) della sinistra “ex” ed “extra” parlamentare italiana, come dimostra il fatto che aveva capito da anni che la situazione libica sarebbe diventata esplosiva per la competizione sulle risorse energetiche e sulla ripartizione delle aree di influenza geo-strategica.
Gli americani non sembrano essere troppo preoccupati della natura “rivoluzionaria” della nuova leadership anti-Gheddafi
“Le selezioni sembrano essere state fatte con l’occhio rivolto verso l’opinione dell’Occidente; alcuni dei dirigenti sono noti a Washington e nelle capitali europee come personalità di lungo corso pro-occidentali e pro-mercato” [7].
Insomma, i dirigenti di questa rivolta si dividono principalmente in due categorie: quelli che non sono affatto nuovi e sono passati da Gheddafi ai ribelli solo per ragioni di potere e quelli che sono “nuovi” e strettamente amici dei paesi imperialisti. Viva la “rivoluzione”?
Note
[1] “He previously served as Secretary of the General People’s Committee of Libya (GPCO) for Economy, Trade and Investment, and was the youngest minister to fill such a post. He was appointed to this post on January 2007. Before taking the ministerial position, he founded the Centre for Export Development in 2006 and became the first Director General for it.”, (Wikipedia).
[2] Intervista a Franco Frattini – Frattini: non c’è bisogno di votare – Frattini: “Decisione presa dopo il vertice col capo degli insorti”, di Rampino Antonella, La Stampa, 26 aprile 2011, pagina 4
[3] Intervista di Arturo Celletti a Franco Frattini. Neanche Roma è in pace. “Nessun voto. E’ solo una mossa avvilente”, Avvenire, 28 aprile 2011, pagina 5
[4] Enrico PIOVESANA, Il possibile successore di Gheddafi, PeaceReporter, 24 marzo 2011
[5] Enrico PIOVESANA, Il possibile successore di Gheddafi, PeaceReporter, 24 marzo 2011
[6] Libya: “precious” in terms of oil reserves and strategic location, Wikileaks, id 08tripoli917, 2008-11-26 14:02:00, Embassy Tripoli) (Traduzione Antiper).
[7] Cfr Charles LEVINSON, Rebel Leadership Casts a Wide Net, Wall Street Journal (“The selections also appear to have been chosen with an eye to Western opinion; some of the officials are known in Washington and European capitals as secular, pro-Western and pro-business”). Traduzione Antiper.