È passato molto tempo dal Manifesto [2] ma del comunismo si continua a parlare; e molto, stando alle quotidiane dichiarazioni di morte di cui è oggetto. Evidentemente lo “spettro” – come ebbero a definirlo Marx ed Engels (e oggi il termine sembra ancor più appropriato, se è vero che della prospettiva del comunismo si dice che sia morta e sepolta) – sembra incutere ancora una certa qual inquietudine.
Non c’è da stupirsi, in fondo. I capitalisti (o quanto meno i loro “intellettuali organici”) sanno bene che il modo di produzione capitalistico genera le loro ricchezze, ma anche una serie di irrisolvibili contraddizioni; ed è proprio dentro queste contraddizioni, prima ancora che nella soggettiva consapevolezza degli uomini, che si costituiscono la possibilità e la necessità storica del “nuovo mondo”, del non ancora esistente
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