Antiper | Abdelmalek Sayad e la bidonville di Nanterre nel contesto della guerra d’Algeria
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Nel suo testo [1] Abdelmalek Sayad, sociologo francese di origine algerina, collaboratore di Pierre Bourdieu, analizza la vita degli immigrati maghrebini nella cosiddetta bidonville di Nanterre, alle porte di Parigi, negli anni ’50 e ’60; siamo dunque negli anni cruciali della guerra d’Algeria e proprio al rapporto complesso della bidonville di Nanterre con la guerra è dedicata questa breve riflessione [2].
Il termine “bidonville” nasce negli anni ’30 nel Maghreb [3] e ovviamente si riferisce ad abitazioni costruite con le lamiere ricavate dai bidoni dell’olio. Fin dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale nascono bidonville in Francia e una di queste, quella a Nanterre, diventa un punto di riferimento per le migrazioni dall’Africa; in particolare, diventa il luogo d’approdo del movimento di uomini che viene stimolato dalla guerra anti-coloniale in Algeria e dall’offerta dello Stato francese di accogliere coloro che avessero scelto di tradire la causa della rivoluzione.
Tra gli anni ’40 e gli anni ’70 la popolazione di Nanterre aumenta drasticamente, passando da 40-50.000 abitanti a circa 100.000 nel 1975. Ovviamente questo incremento non è dovuto soltanto ai rifugiati algerini, ma soprattutto all’immigrazione di lavoratori nordafricani in cerca di occupazione nelle fabbriche della cintura industriale parigina.
In Algeria la guerra determina vasti spostamenti interni di popolazione. Di fronte a questo sradicamento di masse di persone molti emigrati algerini di far arrivare le proprie famiglie; i ricongiungimenti incrementano ulteriormente la popolazione delle bidonville e nell’immediato mettono fine al sogno del ritorno.
La guerra produce sradicamento, impoverimento, incertezza sul presente e sul futuro…; Parigi sembra essere l’unica soluzione ai problemi sociali, almeno per una parte della popolazione. Diciamo “per una parte” perché un’altra parte – e una parte maggioritaria – pensa che siano la rivoluzione, la liberazione nazionale e la ricostruzione a costituire le vere soluzioni ai problemi sociali del popolo algerino.
Le persone che tornano in Algeria per brevi periodi vengono spesso guardate con sospetto dall’esercito francese che teme un loro coinvolgimento nella Resistenza. E anche la bidonville viene tenuta sotto controllo perché al suo interno non ci sono solo rifugiati, ma anche e soprattutto migranti economici che sono, sì, espatriati per trovare lavoro e fare fronte ad una condizione di miseria, ma spesso restano solidali con il processo politico che sta avvenendo in patria.
Che le banlieue popolate da immigrati possano diventare polveriere sociali e culturali lo sappiamo molto bene perché conosciamo le varie ondate di rivolta che si sono susseguite nel tempo.
Come spiega Sayad, questo succede anche all’interno della bidonville al tempo della guerra d’Algeria, dove si sviluppa una sorta di “guerra dei caffè” che sono importanti luoghi di riferimento e aggregazione dove si fronteggiano i sostenitori del Front de Libération Nationale (FLN) e quelli del Mouvement National Algérien (MNA), un gruppo che è stato indipendentista ma è poi gradualmente scivolato su posizioni di collaborazione con lo stato francese. Alla fine, il FLN prevale, non senza il ricorso a violenti scontri.
Quello delle dinamiche politiche all’interno della bidonville resta un aspetto poco approfondito da Sayad, nonostante esso abbia un impatto significativo sulla vita degli immigrati. Nanterre e gli altri insediamenti popolari a maggioranza algerina vengono infatti visti dallo stato francese come roccaforti in patria dell’indipendentismo algerino e come luoghi di ribellione sociale.
Lo scontro dentro e fuori le banlieue parigine nel contesto della guerra d’Algeria è violentissimo: il 17 ottobre 1961 una manifestazione di 30.000 persone che appoggiano la resistenza algerina viene attaccata e la polizia assassina decine di persone: 40 ammetterà anni dopo governo, oltre 200 secondo alcuni storici [4]. Molte persone muoiono per le percosse subite; molte altre muoiono per annegamento in quanto gettate nella Senna dai poliziotti [5].
Ovviamente, lo stesso internamento nelle bidonville è una strategia dello Stato francese per esercitare un controllo più agevole del territorio e dei flussi migratori. La bidonville non è, infatti, la risposta ad una generica “crisi degli alloggi” perché la crisi degli alloggi non è mai generica ma è sempre una strategia che si pone diversi obbiettivi: innanzitutto il controllo sociale, come abbiamo detto, ma anche l’importazione di forza-lavoro senza inclusione (perché l’inclusione è costosa ed è anche difficile in quanto viene rifiutata dai francesi e persino dalle stesse comunità immigrate che si trovano meno spaesate in luoghi più “omogenei” linguisticamente e culturalmente, seppur disastrosi).
Da una serie di riferimenti a certe pratiche che si consolidano nella bidonville si ricava l’impressione che, in certa misura, Sayad stigmatizzi l’influenza del FLN nella riproposizione di talune forme culturali tradizionali, sebbene queste possano essere lette anche come un’espressione della resistenza alla colonizzazione.
È interessante aggiungere un elemento: anche nella bidonville si produce una stratificazione sociale e nasce una “borghesia del ghetto”, diciamo così. Gli immigrati già stabiliti da tempo, proprietari di caffè e hotel, spesso sfruttano i nuovi arrivati. E non mancano neppure le tensioni etniche con le divisioni tra algerini e marocchini che vivono in zone separate.
Note
[1] Abdelmalek Sayad, Una Nanterre algerina, Pisa, ETS, 2020, introduzione di Sonia Paone, traduzione di Agostino Petrillo, Pisa ETS, 2020.
[2] Per una panoramica sull’impatto della guerra d’Algeria sulle città francesi v. Pierre Gilbert e Charlotte Vorms, L’empreinte de la guerre d’Algérie sur les villes françaises, 15 febbraio 2012.
[3] Françoise de Barros, Les bidonvilles : entre politiques coloniales et guerre d’Algérie, 5 marzo 2012.
[4] Jean-Luc Einaudi, Octobre 1961: un massacre à Paris, Fayard, 2001; Jean-Luc Einaudi, Scènes de la guerre d’Algérie en France: automne 1961, Le Cherche Midi, 2009.
[5] Wikipedia, Paris massacre of 1961, link.