Antiper | La Shoa tra ragione strumentale e ideologia
Secondo autori come Zygmunt Bauman la Shoa è stata un prodotto della modernità, una sorta di semplice realizzazione della possibilità tecnica dello sterminio
“[la] tendenza a subordinare pensiero e azione alla pragmatica economica ed efficientista” [1]
Se ne deduce che lo sterminio attuato dai nazisti nella Seconda guerra mondiale nei confronti di oppositori politici, prigionieri sovietici, slavi, ebrei, zingari, omosessuali, “improduttivi”… debba essere considerato il prodotto di una valutazione di ordine puramente pragmatico, di un freddo calcolo dei vantaggi e degli svantaggi.
Questa è stata certamente una delle componenti dello sterminio.
Anche se mascherata sotto la retorica eugenetica del “miglioramento della razza” e della “lotta contro le tare ereditarie”, l’eliminazione degli elementi improduttivi era, nell’immediato, una semplice eliminazione di costi improduttivi (particolarmente odiati nel modo di produzione capitalistico).
Così come lasciar morire di fame milioni di prigionieri sovietici costituiva un evidente vantaggio pratico per l’avanzata verso l’Est dell’esercito tedesco
“L’invasione tedesca assunse un carattere genocida anche nel trattamento dei prigionieri di guerra sovietici, soprattutto in Ucraina, Belarus e nella regione della Volga. Nel febbraio 1942 la mortalità dei campi di detenzione e concentramento raggiungeva percentuali elevatissime e dei quasi 4 milioni di soldati catturati ne restavano in vita appena 1,1. La popolazione civile delle grandi città conquistate venne decimata dalla fame e dalle violenze degli occupanti” [2]
Perseguitare gli ebrei appellandosi alla classica retorica della crocefissione di Cristo o a quella, più sofisticata, del loro essere “corpi estranei” nella comunità nazionale (Gemeinschaft) – in quanto popolo senza radicamento che si insinua tra i popoli radicati nella terra (Boden) e nel sangue (Blut) per distruggerli dall’interno -, sequestrare i loro beni e le loro case, discriminarli nel lavoro e nella vita sociale… consentiva di disporre di qualche risorsa in più da distribuire ai buoni ariani in un quadro di profonda crisi sociale ed economica.
Gli stermini di polacchi, bielorussi, ucraini, russi… erano elementi di una ben precisa strategia di annichilimento delle resistenze popolari all’avanzata verso Mosca e di accaparramento di qualsiasi bene necessario. Mentre l’esercito avanzava doveva rifornirsi, almeno in certa misura, con ciò che trovava sul campo sottraendolo alle popolazioni locali del cui controllo, peraltro, non ci si poteva occupare più di tanto per non indebolire la propria forza di penetrazione al fronte. [3]
L’Olocausto, ovvero l’eliminazione sistematica di 11 milioni di persone, è stato indiscutibilmente anche il prodotto di una “ragione strumentale”.
Ma in questa spaventosa tragedia c’è anche una dimensione prettamente ideologica che non deve essere trascurata, pena il rischio di incappare in quella serie di problemi nei quali incappano tutti coloro che, come Bauman, astrattizzano le responsabilità e, astrattizzandole, le rendono impalpabili.
Se a compiere l’Olocausto è stato un imprecisato e astratto dispositivo storico che chiamiamo “Modernità” come possiamo poi individuare dei concreti responsabili? Se è questo dispositivo che mettiamo alla sbarra allora Adolf Hitler stesso potrà dire di essere stato mosso dalla “Modernità” (che poi è l’accusa che gli rivolge il filosofo nazista e antisemita Martin Heidegger ovvero avere tradito la lotta contro quella Modernità de-territorializzante che si eprime nell’internazionalismo giudaico, comunista e capitalista).
Gli altri cercheranno di discolparsi dicendo di aver solo eseguito gli ordini e di averlo fatto come lo avrebbe fatto un qualunque soldato americano o inglese o russo; diranno che in quanto esecutori di ordini non possono essere giudicati moralmente per decisioni che non sono stati loro a prendere.
No. Dell’Olocausto devono essere considerati responsabili, magari a livelli diversi, sia gli ideatori, sia gli esecutori, il soldato come l’ufficiale; perché c’è sempre un’alternativa all’esecuzione di ordini criminali: la rivolta contro chi li impartisce.
Note
[1] Cfr. Zygmunt Bauman, Modernità e Olocausto, ed. digitale.
[2] Stefano Bottoni, Un altro Novecento. L’Europa orientale dal 1919 a oggi, Carocci, pag.78
[3] Nella seconda guerra mondiale, durante l’Operazione Barbarossa, a questo genere di attività di controllo e polizia, nei territori in prossimità del Donbass, vennero chiamati gli italiani i quali peraltro si resero responsabili di atti altrettanto brutali di quelli compiuti dai tedeschi.