Costanzo Preve | Il clero della terza rivoluzione industriale (commentato)
Costanzo Preve è stato un filosofo dalle riflessioni spesso discutibili e nello stesso tempo stimolanti. Ha passato gran parte della vita a superare il marxismo, ma ovviamente il marxismo ha superato lui. Nei suoi ultimi anni, deluso dal disinteresse riservato dalla sinistra verso il suo lavoro si era messo a teorizzare il superamento della dicotomia politica destra/sinistra (oltre quello della dicotomia filosofica borghesia/proletariato) finendo per pubblicare testi con autori di destra e per case editrici e riviste di destra (anche per praticare quel superamento politico di cui era convinto). Ciò nonostante anche in quegli anni aveva saputo scrivere cose interessanti come Una nuova storia alternativa della filosofia, una storia della filosofia ispirata all’ontologia dell’essere sociale di Lukacs e alla teoria della genesi storico-sociale delle categorie filosofiche.
In questo brano, estratto da un testo pubblicato con Gianfranco La Grassa per pronunciare l’ennesima orazione funebre del marxismo, Costanzo Preve svolge una sorta di parallelo storico tra l’epoca della “rivoluzione francese” e quella che lui definisce “terza rivoluzione industriale”, cercando di individuarne la nuova Nobiltà, il Nuovo Terzo Stato e il Nuovo Clero. Nel provare a definire cosa potrebbe essere il Nuovo Clero nella terza rivoluzione industriale, ovvero quali possano essere i soggetti che svolgono oggi un ruolo analogo a quello che svolgeva il clero nel mondo medievale e fino alla rivoluzione francese, Preve ha un’intuizione: sono gli operatori – o, per meglio dire, gli operatori strategici – dei media e del mondo accademico che costituiscono questo nuovo Clero.
Preve non è stato l’unico ad aver colto l’importanza di questi due mondi nell’epoca contemporanea: solo per fare un esempio, l’analista pacifista svedese Jan Oberg ha esteso in modo suggestivo la definizione data a suo tempo da Eisenhower di complesso militare-industriale introducendo il complesso militare-industriale-mediatico-accademico (Military Industrial Media Academic Complex, MIMAC). [Antiper]
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Qual è infatti il Clero di questa terza rivoluzione industriale? Con questo termine non intendiamo assolutamente riferirci ai sacerdoti delle grandi religioni monoteistiche mondiali, oggi gerarchizzate in ordine di importanza a seconda della loro vicinanza fisica all’oligarchia proprietario-finanziaria (nell’ordine: ebraismo, protestantesimo, cattolicesimo, Islam, ortodossia). A nostro parere questi sacerdoti (ricchi o poveri, grassi o magri, barbuti o glabri, funerei o multicolori, eccetera) fanno ormai parte del nuovo Terzo stato, ed in particolare di quella parte del lavoro autonomo ed indipendente che fornisce servizi “simbolici” alla riproduzione capitalistica {dal momento che la riproduzione del modo di produzione capitalistico ha bisogno anche di elementi di carattere “simbolico” deve esserci qualcuno che li fornisce}. La forma ideologica di dominio dell’oligarchia proprietario-finanziaria è infatti integralmente post-metafisica {se per metafisica si intende, qui, la dimensione trascendente della divinità} (o se si vuole, in linguaggio heideggeriano, ultrametafisica), non impone assolutamente più un culto “positivo” di una divinità ultraterrena, ed è pertanto insieme laica ed ecumenica. La “credenza”, sia cosmologica che morale, in un Personaggio Morale superiore le è del tutto indifferente, e bisogna soprattutto che questo Personaggio Morale non abbia nulla da obiettare alle forme del dominio proprietario-finanziario che essa esercita (in questo caso essa sospetta, giustamente, di Allah e subordinatamente della Trinità ortodossa, mentre considera correttamente sue alleate strategiche le divinità monoteistiche ebraica, protestante e cattolica). Il suo Clero deve dunque officiare una sola religione monoteistica, la religione dell’eternità del capitalismo e della sovranità inesorabile delle sue leggi di riproduzione economica, politica e culturale globale.
Questo nuovo Clero è dunque composto essenzialmente di intellettuali realmente sottomessi alla riproduzione capitalistica (gli intellettuali sottomessi ad essa in modo puramente formale verranno invece da noi calcolati nel Terzo stato), in particolare i giornalisti, più esattamente gli operatori dei media (e del medium televisivo in particolare), ed in subordine l’apparato universitario mondiale, nella sua qualità di tessuto di riproduzione di saperi specialistici e frammentati, che trovano una loro ricomposizione esclusivamente nella totalità del dominio dell’oligarchia proprietario-finanziaria (gli insegnanti proletarizzati delle scuole materne, elementari e secondarie non fanno invece parte del Clero, ma sono invece parte del Terzo stato, come vedremo fra poco). Dunque, il Clero capitalistico è formato essenzialmente da due categorie: gli operatori dei media e gli apparati universitari. Non abbiamo certamente fatto questa scelta a caso: gli operatori dei media e gli apparati universitari sono infatti l’esito terminale concentrato di un progressivo processo di sottomissione reale crescente al capitale del gruppo sociale degli intellettuali. In modo terminologicamente più preciso, si tratta della fine di ogni illusione di “indipendenza” da parte del gruppo degli intellettuali, ma anche e soprattutto della fine (anzi, del naufragio) delle illusioni di “organicità” degli intellettuali stessi a classi-soggetto come la Borghesia ed il Proletariato {qui c’è una critica chiara all’idea gramsciana dell’intellettuale organico ma probabilmente Preve ha dedotto in modo un po’ troppo sbrigativo la sua conclusione, tanto è vero che tra poco la correggerà dicendo che in realtà possono esistere intellettuali schierati con le classi sfruttate (solo che non contano nulla. Ma questa è un’altra cosa)}. Al posto dei defunti profili dell’intellettuale “indipendente” (alla Mannheim) e dell’intellettuale “organico” (alla Gramsci) si installa un intellettuale “sottomesso” (o meglio, “direttamente sussunto”) alla riproduzione capitalistica purificata, in una gamma di forme ideologiche tutte in ultima istanza riconducibili alle due categorie professionali sopra segnalate.
È necessario evitare gli equivoci. Dove c’è un Clero, c’è anche necessariamente un Alto Clero ed un Basso Clero. È evidente che il giornalista “comunista” (ce ne possono anche essere, nei bassissimi ranghi della professione) ed il professore universitario “marxista” (un’eccezione biologica rara, come i panda e le balene) non sono servitori ideologici “organici” dell’oligarchia proprietario-finanziaria, così come del resto il fraticello francescano ed il teologo agostiniano non erano servitori ideologici diretti del modo di produzione feudale. A rigore, soltanto gli strati selezionati dell’Alto Clero (che tendono a fondersi, in quanto i media usano come “opinionisti accreditati” soltanto professori universitari preventivamente selezionati) sono realmente ideologicamente organici alla nuova Nobiltà. Qui, però, si discute la struttura fondamentale della società del capitalismo mondializzato della terza rivoluzione industriale. Il nuovo Clero, a somiglianza del Medioevo, tende a dividersi in clero “secolare” e clero “regolare”, in cui il clero secolare si occupa capillarmente delle masse, mentre quello regolare elabora nei suoi campus protetti le nuove forme ideologiche di volta in volta necessarie. {Potremmo anche dire così: mentre il sistema mediatico è incaricato di produrre ideologia per le masse in modo da costruire il consenso verso le oligarchie, il sistema accademico produce un po’ di ideologia – per esempio ideologia di auto-legittimazione, funzionale alla propria auto-riproduzione sistemica –, ma anche ricerca utile alle oligarchie per la loro riproduzione sistemica ovvero per la riproduzione del modo di produzione capitalistico}. La parte “secolare” del nuovo Clero è data dall’apparato dei media, che non si occupano di formalizzazione dei saperi, ma di immagini. Come a suo tempo notò intelligentemente il situazionista Guy Debord, lo spettacolo non è semplicemente un insieme di immagini, ma è un rapporto sociale fra individui mediato da immagini. Lo scopo dell’ininterrotto spettacolo capitalistico dei media non è principalmente ideologico (anche se questo aspetto è presente), ma tende a sostituire ai rapporti sociali reali dei rapporti fittizi, continuamente riprodotti, che confermano l’individuo nella sua radicale impotenza. {Qui Preve vuol dire che il sistema mediatico opera non tanto per instillare nelle menti l’idea che il capitalismo è una cosa buona – cosa peraltro abbastanza difficile – quanto piuttosto che esso non ha alternative e che ogni tentativo di metterlo in discussione è destinato al fallimento} Vi è qui la ragione principale del fatto che è completamente risibile ed irrilevante l’oggetto della contesa che divide la “destra” e la “sinistra” oggi dominanti, secondo cui sarebbe cruciale sostituire giornalisti ed opinionisti di “sinistra” a giornalisti ed opinionisti di “destra”. In entrambi i casi, la logica dello spettacolo non cambierebbe di un grammo. Negli ultimi due anni le televisioni di tutto il mondo hanno reiterato ogni giorno, in modo ossessivo, le stesse immagini di bambini e vecchi spauriti che camminavano per le vie di Sarajevo, capitale della Bosnia ex-jugoslava in preda ad una guerra civile fra tre comunità etnicopolitiche, non certo per dare informazioni, ma per mettere in scena uno spettacolo senza spazio e senza tempo, quello dell’astratta assurdità di una guerra dovuta a follia umana (e potremmo fare decine di esempi del genere). Vista da un punto di vista di diritto naturale, la comunità giornalistica internazionale dei media (e la CNN in primo luogo) è un’organizzazione criminale, che “droga” sistematicamente un’opinione pubblica cui non si danno mai le coordinate razionali minime per capire le ragioni strutturali di quanto sta avvenendo. È però meglio utilizzare la categoria di Clero, perché in questo modo si evitano giudizi di valore, e si mostra con maggiore precisione l’organicità dei mezzi di comunicazione di massa con la riproduzione del dominio oligarchico del capitalismo contemporaneo. {Così come era al Clero che, nel Medioevo, veniva affidato il compito di produrre un’ideologia (religiosa) di legittimazione del modo di produzione feudale che aveva al centro Dio, così è al Nuovo Clero della terza rivoluzione industriale che è affidato il compito di produrre un discorso di legittimazione dell’esistente capitalistico che ha al centro il Capitale (in tutte le sue diverse accezioni: come proprietà di capitale, come speranza di capitale, come inesistenza di alternativa al capitale…)}.
Se l’apparato dei mezzi di comunicazione di massa (e della TV, in primo luogo) è la parte “secolare” del Clero, la parte “regolare” è composta dagli addetti alla riproduzione dei saperi speciali odierni, in cui le potenze mentali della produzione, che non derivano direttamente da questo gruppo sociale, sono piegate alla divisione differenziata dei poteri.
Non vi è quasi più traccia delle vecchie ideologie, umanistiche e positivistiche, delle università ottocentesche “borghesi”, ideologie che sviluppavano pur sempre un certo universalismo. {E’ in questo senso che Preve rifiuta l’uso del termine “ideologia”; oggi che, a suo avviso, si è consumato il superamento della dicotomia borghesia/proletariato non esiste più una visione del mondo in qualche modo “universalistica” come era quella borghese, ma esiste solo una esplosione di saperi funzionalizzati all’immediato interesse del capitale} Oggi i saperi universitari si sono specializzati in modo tale, articolandosi in una frammentazione di codici comunicativi ormai mutualmente incomprensibili, da non permettere più l’emersione di un punto di vista filosoficamente espressivo della totalità sociale. La sola connessione possibile di tutti questi saperi specialistici è la riproduzione del dominio della nuova Nobiltà, una riproduzione che è ormai concepita da tutti questi saperi in modo religioso e destinale. Ancora una volta, ripetiamo che la religione del nuovo Clero non è una forma di monoteismo trascendente (e neppure di universalismo morale laico di tipo illuministico e kantiano), ma è un riflesso dell’assolutezza intrascendibile (e l’intrascendibilità ha appunto sostituito la trascendenza) del dominio delle oligarchie proprietario-finanziarie del capitale.
Tratto da Costanzo Preve, Gianfranco La Grassa, La fine di una teoria, Unicopli, Torino, 1996