Antiper | Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina
Si dice che nell’attuale conflitto russo-ucraino sia doveroso parteggiare per l’Ucraina in quanto paese aggredito. Si tratta di un approccio che risulta molto spontaneo, ma anche problematico quando assolutizzato. Facciamo un esempio: in Via Rasella, nel 1944, avremmo dovuto parteggiare per i soldati tedeschi (che erano gli aggrediti) e non con i partigiani italiani (che erano gli aggressori)? Evidentemente no. Si dirà: i partigiani attaccavano perché erano stati attaccati. Precisamente.
Per capire qualcosa dell’attuale situazione in Ucraina non è possibile fermarsi al dato di fatto inoppugnabile che Putin ha dato il via all’invasione dei territori ucraini perché questo attacco non è solo il punto di partenza di una storia (e di una guerra) ma anche il punto di arrivo di un’altra storia (e di un’altra guerra, iniziata nel 2014 e che ha visto il governo ucraino uccidere migliaia di altri ucraini delle zone ribelli del Donbass). Già questo ci pone un problema: perché l’Ucraina aveva il diritto di separarsi politicamente dalla Russia in nome del diritto all’auto-determinazione mentre le regioni del Donbass o la Crimea non avevano il diritto, in nome del medesimo principio, di separarsi politicamente dall’Ucraina o unirsi politicamente alla Russia?
Il punto fondamentale dal quale dobbiamo partire non è quello di stabilire chi sia l’aggredito, ma analizzare gli elementi che permettono di caratterizzare – e ove possibile influenzare – la situazione dal punto di vista degli interessi generali e specifici (russi, ucraini…) della lotta di classe.
La prima guerra mondiale fu certamente un macello di proletari e fu anche il quadro storico entro cui emersero alcune forze reazionarie, come il fascismo italiano. Ma fu anche, al tempo stesso, il quadro storico entro cui emersero processi rivoluzionari (innanzitutto in Russia, ma anche in Germania e in Ungheria) e ampi movimenti di rivolta (come in Italia durante il “biennio rosso”) contro i quali le classi dirigenti “liberali” e la Monarchia scatenarono il fascismo mostrando quel carattere sovversivo di cui ebbe a parlare anche Antonio Gramsci.
Nelle situazioni di crisi si misurano sempre spinte contraddittorie che possono svilupparsi in una direzione o in un’altra. Ma affinché la crisi prenda una direzione rivoluzionaria (e non reazionaria) è necessario che esista una organizzazione capace di esprimere questa direzione.
La domanda che dobbiamo porci è se in Russia, in Ucraina e nell’Europa Orientale più in generale esistano o meno le condizioni storiche affinché la crisi possa essere sviluppata in senso rivoluzionario o quanto meno che possa essere impedito lo sviluppo in senso reazionario; ovvero se, per usare le parole di Lenin, sia possibile trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria e quindi fare la guerra alla guerra. La risposta è negativa.
Non solo nell’Europa Orientale non si intravvedono forze capaci di imprimere questa direzione ma, tutto al contrario, si diffondono con sempre maggiore ampiezza ed aggressività movimenti reazionari, spesso apertamente neo-nazisti.
E’ vero che oggi, a rigori, il nazismo non serve dato che non c’è alcuna minaccia rivoluzionaria all’orizzonte e i proletari sono in buona misura impegnati a fare la guerra ai loro fratelli di classe immigrati. Ma il capitale è lungimirante e sa progettare con largo anticipo le proprie mosse.
Nel 2014 – anno del colpo di stato in Ucraina (che in occidente viene chiamato eufemisticamente “Euromaidan” o anche “rivoluzione”) – Dario Fabbri scriveva:
“Dietro la crisi ucraina c’è un preciso progetto statunitense: prendere Kiev per ridimensionare le ambizioni regionali e globali di Mosca. Storia di una rivolta pianificata e delle armi utilizzate da Obama per ribadire al mondo chi comanda davvero” [1].
Il compito di scatenare le violenze di piazza fu affidato ai neo-nazisti che furono successivamente ricompensati (anche con alcuni ministeri governativi) per il lavoro sporco che con tanto zelo avevano svolto.
Limes (che tutto è meno che un covo di bolscevichi ostili agli USA) aveva intitolato l’articolo “Fomenta e domina”.
Più chiaro di così (si muore).
Note
[1] Limes 4/2014, L’Ucraina tra noi e Putin.