Antiper | Critica dell’Appello dei docenti contro il Green Pass
“Dal primo settembre per frequentare le università italiane, sostenere gli esami e seguire le lezioni si deve essere in possesso del cosiddetto “green pass”. Tale requisito deve essere valido per docenti, personale tecnico, amministrativo e bibliotecario e studenti e ciò estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”.
L’appello esordisce con un’affermazione interessante: se il Green Pass esiste è perché il decisore politico non ha voluto assumersi una “piena” “responsabilità”. Ma una “piena” “responsabilità” di cosa? Evidentemente, la “piena” “responsabilità” di introdurre l’obbligo vaccinale. Il Governo ha dunque usato il Green Pass come escamotage per spingere alla vaccinazione gli indecisi. Vero. Ma a questo punto bisogna domandarsi perché il decisore non si è assunto le proprie responsabilità e la risposta è semplice: perché questo avrebbe compromesso la tenuta della maggioranza che appoggia il Governo. Ergo, il Governo non ha assunto una giusta [3] misura – l’obbligo vaccinale – per non scontentare partiti che sono pieni di elettori “no vax” i quali non vogliono farsi vaccinare ed avrebbero fatto le barricate contro l’obbligo (alimentando a dismisura il consenso dell’opposizione post-fascista della Meloni e per questa ragione il certificato verde è appoggiato anche da PD e M5S).
Ne deduciamo due cose: 1) se il Green Pass esiste è per colpa dei “no vax” e dei partiti e movimenti che li rappresentano – dentro e fuori il Governo (i no vax di sinistra, che pure esistono, sono sostanzialmente irrilevanti) – e 2) il Governo ha sottomesso a valutazioni di interesse politico e di potere scelte che avrebbero dovuto essere governate solo da criteri di carattere scientifico e di tutela della salute pubblica.
“Molti tra noi hanno liberamente scelto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19, convinti della sua sicurezza ed efficacia. Tutti noi, però, reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione (art. 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”) e con quanto stabilito dal Regolamento UE 953/2021, che chiarisce che “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate” per diversi motivi o “che hanno scelto di non essere vaccinate””.
Questa seconda parte è abbastanza sorprendente, innanzitutto sul piano logico: si inizia parlando di Green Pass e si passa all’improvviso alla critica dell’obbligo vaccinale (eventuale). Il modo in cui viene tirato in ballo l’articolo 32 avrebbe potuto avere un senso se il Governo avesse obbligato le persone a vaccinarsi, sebbene tale senso sarebbe stato comunque irricevibile dal momento che in Italia esiste già l’obbligo di vaccinazione “no covid” [1] per diversi settori ed esiste da sempre l’obbligo vaccinale per i bambini [2]. Peraltro (aldilà dell’Appello) che a richiamarsi alla Costituzione siano persone che in larga misura ammiccano a Salvini, Meloni, Forza Nuova, Casapound, Gilet arancioni… sarebbe spassoso, se non fosse ridicolo.
Fino ad ora il Governo non ha imposto l’obbligo vaccinale “no covid”; ed è anche possibile che non lo faccia mai se la campagna vaccinale continua ad andare avanti con forza (in parte anche grazie al Green Pass). Non c’è dunque alcun “trattamento sanitario obbligatorio”. D’altra parte è proprio l’art.32 che rende possibile il “TSO” (che i sottoscrittori dell’appello e tanti “no vax” forse meriterebbero). Basta leggere: “se non per disposizione di legge”. Quindi prima si critica il Governo per non aver avuto il coraggio di imporre l’obbligo vaccinale e poi si dice che se lo avesse fatto sarebbe stato illegale. Ovviamente, le cose non stanno così. L’obbligo non c’è, ma se ci fosse stato sarebbe stato del tutto legittimo; che poi legittimo – ovvero come prescrive la legge- voglia dire anche giusto questo è tutt’altro discorso. Ci sono moltissime cose legittime, ma ingiuste.
Quanto alla discriminazione delle scelte terapeutiche la confusione è costruita ad hoc. Innanzitutto: non bisogna mai discriminare qualcuno per le scelte sanitarie che compie? Potremmo dire: dipende. Se la mia scelta impatta “solo su di me” allora sì, è giusto garantire libertà di scelta terapeutica. Se una persona ammalata di tumore non vuole sottoporsi alla chemioterapia è giusto che abbia il diritto di non farlo. Di più: se una persona vuole decidere come porre fine alle proprie sofferenze è giusto che abbia il diritto di farlo (ma lo Stato non glielo permette e tutta la marmaglia destrorsa “no vax” che grida alla discriminazione delle proprie idee poi non perde occasione per discriminare quelle altrui (come farebbe, poniamo, un qualunque Paolo Becchi leghista della lista dei 300 docenti).
Se invece la mia scelta impatta sulla salute altrui, allora le cose cambiano. Se decido di non vaccinarmi contro la peste e decido di andare a ballare in discoteca assieme a coloro che si sono vaccinati contro la peste il mio diritto di non vaccinarmi mette a repentaglio la salute e la vita delle altre persone (perché, ricordiamolo, il vaccino non è uno scudo del 100%). Lo Stato non ha il diritto – meglio, il dovere – di tutelare queste persone impedendo al no vax di appestare? Non diciamo fesserie.
È un esempio limite, ovviamente. Il Covid non è la peste e se lo Stato imponesse un obbligo vaccinale sui semplici raffreddori questo esempio non varrebbe. Ovvero: dobbiamo analizzare la situazione concreta. E questo ci conduce a stabilire se il Covid è pericoloso oppure no. Se non è pericoloso l’obbligo vaccinale è sbagliato. Se è pericoloso l’obbligo vaccinale è utile e il Green Pass, a quel punto, non serve più.
Comunque, tanto per fare un esempio “costituzionale” e fuori dal campo sanitario: per quanto assai poco applicata, esiste una norma che vieta la ricostituzione del Partito Fascista. Non è forse questo un esempio di discriminazione basata sulle idee (politiche)? Certo che lo è. Ma è una discriminazione che la Costituzione ritiene giusta e che si fonda su quello che ha rappresentato il fascismo in Italia e in Europa. Si può non condividere, ma non si venga a dire che la Costituzione vieta ogni tipo di discriminazione.
E che poi quella di non far entrare dal tatuatore o al ristorante o in aula qualcuno che si è rifiutato di aderire ad una norma di tutela della salute pubblica sia effettivamente una discriminazione è tutto da dimostrare. Di esempi se ne potrebbero fare a centinaia.
Dagli anni ‘80 è stata introdotta nell’ordinamento giuridico una aggravante “terroristica” secondo la quale, a parità di reato, le condanne sono state enormemente maggiorate nel caso di finalità politiche rispetto ai reati perpetrati semplicemente per arricchirsi (e questo ce la dice lunga sul tipo di valori di questa società). Si trattava di un modo pragmatico per colpire il “terrorismo” rosso (giacché quello nero è sempre stato ben protetto dallo Stato). Nadia Desdemona Lioce è rimasta in 41bis per molti anni solo a causa delle sue idee; sarebbe bastato abiurarle e immediatamente avrebbe potuto uscire dalla tortura del 41bis, contro la quale nessun professore sottoscrive mai appelli. Questo, per dire qualcosa anche sull’ipocrisia.
“Nello specifico della realtà universitaria, i docenti sottoscrittori di questo pubblico appello ritengono che si debba preservare la libertà di scelta di tutti e favorire l’inclusione paritaria, in ogni sua forma. Nella situazione attuale, o si subisce il green pass, oppure si viene esclusi dalla possibilità di frequentare le aule universitarie e, nel caso dei docenti, si è sospesi dall’insegnamento: tutto questo viola quei diritti di studio e formazione che sono garantiti dalla Costituzione e rappresenta un pericoloso precedente”.
In sostanza, la “tessera verde” suddivide infatti la società italiana in cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione)”.
Sempre sull’ipocrisia. Alcuni anni fa una professoressa di Torino fu sospesa dalla scuola per aver manifestato in piazza ed aver urlato contro la polizia. Il diritto di opinione di quella professoressa di esprimere le proprie idee, peraltro fuori dal contesto scolastico e dunque senza impedire a nessuno di usufruire degli spazi pubblici non venne tutelato e la professoressa venne sanzionata. Non ci furono appelli di docenti per tutelare quella docente anzi si disse che i docenti dovevano essere di esempio.
Oggi siamo nella situazione rovesciata. Persone che volontariamente non si vaccinano e per questa ragione sono oggettivamente portatori e dispensatori del virus – sì, untori e non solo, untori volontari – pretendono di usufruire liberamente degli spazi pubblici senza preoccuparsi minimamente degli effetti su persone fragili dal punto di vista della salute. Vogliono libertà di diffusione del virus. Ma perché? Semplicemente perché pensano che il virus non porti davvero una malattia grave e tra la paura del vaccino e il rischio della malattia scelgono di affrontare la seconda. Se fossero convinti che il virus è pericoloso di certo non rischierebbero la pelle per un Green Pass qualunque (tanto è vero che si fanno vaccinare non per andare nelle biblioteche o nelle università, ma anche solo per andare nei ristoranti). E questo è il motivo per cui non si può essere coerentemente no-GP senza essere no-vax. Chi si dichiara a favore dei vaccini ma si mobilita contro il Green Pass forse è un po’ in stato confusionale e scambia la libertà con la concezione liberale della libertà; forse vuole, in buona fede, contrastare il modo in cui il Green Pass è stato introdotto e gestito – il che è utile e doveroso – ma finisce produrre argomentazioni assurde sulle discriminazioni che trasformano un esercito di reazionari, fascistoidi, razzisti, integralisti cristiani, individualisti, egoisti, salviniani, meloniani… (quali sono in larga misura i “no vax”) in vittime del capitale. No, le discriminazione sono cose molto, ma molto più serie.
“Quella del “green pass” è una misura straordinaria, peraltro dai contorni applicativi tutt’altro che chiari, che, come tale, comporta rischi evidenti, soprattutto se dovesse essere prorogata oltre il 31 dicembre, facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere”.
Auspichiamo che si avvii un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto (incluse le sue fondamentali componenti amministrativa e studentesca), per evitare ogni penalizzazione di specifiche categorie di persone in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti, per garantire il diritto allo studio e alla ricerca e l’accesso universale, non discriminatorio e privo di oneri aggiuntivi (che sono, di fatto, discriminatori) a servizi universitari.
Chiediamo pertanto che venga abolita e rifiutata ogni forma di discriminazione”.
Ancora un punto, sempre di ordine logico: per quale ragione il Green Pass sarebbe una discriminazione del diritto individuale di non vaccinarsi mentre il divieto di entrare senza mascherina in un supermercato (o nelle stesse aule scolastiche) non costituisce un’analoga discriminazione del diritto dei “no mask” di non indossarla? Il dispositivo è identico: se non fai una cosa (vaccinarti, metterti la mascherina), non puoi fare delle cose (entrare in una biblioteca, entrare in un supermercato).
La differenza sta nel fatto che mentre la mascherina è visibile e dunque non entri se non la indossi, la vaccinazione invece non è visibile – se non attraverso, appunto, il Green Pass – e dunque il Green Pass è un modo per impedire agli untori di ungere; untori che, ribadiamolo, non sono vittime involontarie di una pandemia (come potevano essere le persone che avevano contratto la peste o l’Asiatica o l’AIDS), ma untori volontari in un mondo che garantisce vaccini e farmaci gratuiti (mentre esistono altri mondi – quelli sì, discriminati, nei quali i vaccini non ci sono e le malattie imperversano.
Infine, affermare tra le righe che il Green Pass è come l’Ahnenpass (“facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere”) è davvero una cosa scandalosa e offensiva che proprio degli storici seri dovrebbero confutare con forza invece di approvarla tacitamente per ammiccare al mondo “no vax” e mantenere la propria popolarità.
Assimilare il Green Pass alle discriminazioni politiche, razziali, etniche, religiose, di genere, di orientamento sessuale… disposte dai regimi fascisti (ma prima anche da altri) è il dispositivo logico usato dai neonazisti per dire: vedete? non eravamo e non siamo poi tanto “cattivi”; anche i liberali (per non parlare dei comunisti) fanno quello che facevamo noi. In fondo siamo tutti uguali.
Note
[1] Cfr. DECRETO-LEGGE 1 aprile 2021, n. 44, Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici.
[2] Decreto legge 7 giugno 2017 , n. 73, Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, modificato dalla Legge di conversione 31 luglio 2017, n. 119
[3] Giusta, ovviamente, se si ritiene come si dice che il virus sia pericoloso e che il vaccino sia la principale forma di lotta contro la pandemia.