Giulia Iacometti | Capitalocene
Tratto da Etica e politica nell’Antropocene (a partire dal contributo di Jason W. Moore), Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2018, PDF, 72 pagine.
Uno dei meriti del dibattito sull’antropocene è certamente quello di aver riproposto all’attenzione di tutti il problema delle conseguenze potenzialmente catastrofiche dell’agire umano nella natura.
Si pensi, a mo’ d’esempio, alla questione del surriscaldamento globale prodotto dagli effetti delle immissioni di anidride carbonica [1] che viene considerato, in modo pressoché unanime, uno dei grandi “pericoli ambientali” del mondo contemporaneo. E poiché si tratta di pericoli che si sono formati per effetto dell’azione umana nella natura, essi vengono addebitati all’umanità anche attraverso l’uso del termine Antropocene.
D’altra parte proprio l’ambiguità e la genericità di tale termine fa sì che venga avanzato ogni tipo di interpretazione (come era avvenuto per un altro termine molto en vougue, globalizzazione [2])
“L’Antropocene alla moda non è che l’ultimo di una lunga serie di concetti ambientali la cui funzione è quella di negare la disuguaglianza e la violenza multi-specie del capitalismo e di suggerire che dei problemi creati dal capitale sono in realtà responsabili tutti gli esseri umani.” [3]
Ecco un punto essenziale della riflessione di Moore: dal momento che il cambiamento climatico è capitalogenico si tratta di un problema irrisolvibile nel quadro del capitalismo. Di conseguenza, tutti gli sforzi fatti per contenere le emissioni (peraltro sistematicamente boicottati dal principale emettitore, cioè gli Stati Uniti) sono da considerarsi, al più, come petizioni di principio, se non addirittura la manifestazione del contrasto di interessi che sussiste tra i vari paesi “centrali” del mondo.
Infatti, se gli USA non accettano di buon grado di subordinarsi ad accordi come quelli di Kyoto o di Parigi è perché questo comprometterebbe i loro interessi economici e non perché amano inquinare; e del resto i paesi rivali degli Stati Uniti vogliono Kyoto e Parigi proprio per compromettere gli interessi dei rivali, più che per amore dell’ambiente [4] se è vero che paesi come la Francia hanno effettuato per decenni test nucleari negli atolli coloniali del Pacifico.
Note
[1] Climate Change 2013: The Physical Science Basis. Summary for Policymakers, 2013, Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). http://www.climatechange2013.org/images/report/WG1AR5_SPM_FINAL.pdf.
[2] J. W. Moore, Antropocene o Capitalocene, pag. 30: “È stato d’aiuto il fatto che l’Antropocene fosse un significante quasi-vuoto – tipo “globalizzazione” negli anni Novanta – che poteva essere riempito con aspirazioni e ragionamenti di pensatori anche molto lontani tra loro”.
[3] J. W. Moore, Antropocene o Capitalocene?, pag. 31.
[4] Se si ricordano gli esperimenti militari nucleari francesi negli atolli del Pacifico o il ricorso generalizzato all’energia nucleare in molti dei paesi firmatari degli accordi.