Antiper | Il Capitale dei lavoratori. Note anti-marxologiche
Antiper, Il Capitale dei lavoratori. Note anti-marxologiche, Luglio 2019 | PDF
Il noto studioso marxista di origine britannica David Harvey ha tenuto nell’inverno del 2019 una nuova serie delle sue classiche letture del Capitale. Harvey tiene queste letture sul primo libro da ormai 40 anni e nel 2011 ha tenuto anche letture sul secondo. Ha inoltre scritto un testo tratto da queste letture [1].
Nella prima lezione introduttiva [2], analizzando la Prefazione all’edizione francese del Capitale, Harvey ricorda il modo in cui Marx risponde alla proposta di pubblicare il testo a fascicoli piuttosto che integralmente
“Londra, 18 marzo 1872.
Al cittadino Maurice La Chátre.
Caro cittadino,
plaudo alla vostra idea di pubblicare la traduzione del Capitale a dispense periodiche. In questa forma l’opera sarà più accessibile alla classe operaia; e per me questa considerazione è più importante di tutte le altre.
Questo è il lato bello della vostra medaglia, ma eccone il rovescio: il metodo d’analisi che ho adoprato e che non era ancora mai stato applicato ad argomenti economici, rende abbastanza ardua la lettura dei primi capitoli, ed è da temere che il pubblico francese, sempre impaziente di arrivare alla conclusione, avido di conoscere il nesso dei principi generali coi problemi immediati che lo appassionano, s’impenni perché non può subito andare avanti.
Contro questo svantaggio non posso far niente, fuorché, tuttavia, avvertire e premunire i lettori che cercano il vero. Per la scienza non c’è via maestra, e hanno probabilità di arrivare alle sue cime luminose soltanto coloro che non temono di stancarsi a salire i suoi ripidi sentieri.
Vi assicuro, caro cittadino, della mia devozione.
Karl Marx”[3]
Si tratta di una risposta molto interessante per almeno due motivi.
Il primo motivo è quello che nelle intenzioni di Marx il Capitale è esplicitamente innanzitutto rivolto alla classe operaia affinché lo legga e ne faccia strumento di lotta e di scienza. Si potrà forse dire che Marx nutriva eccessive illusioni sul fatto che la classe operaia del suo tempo (o dei tempi che sarebbero venuti poi) avesse la possibilità, la capacità e persino la volontà di leggere un libro come il Capitale. Ma una cosa è certa: Marx non avrebbe mai approvato alcuna lettura della sua opera che la rendesse più difficile per i lettori – e in particolare per i lavoratori – di quanto essa già non sia.
Dunque, si muovono contro le aspettative di Marx tutti quei marxologi che si mettono a disquisire su Marx e il Capitale in modo tanto apparentemente dotto quanto auto-referenziale, evidenziando “punti, due punti e punti e virgola” senza cogliere lo spirito dell’opera e le intenzioni dell’autore.
Ovviamente, delle intenzioni di Marx ci si può tranquillamente disinteressare o si può addirittura decidere di opporvisi, ma in tal caso bisognerebbe chiarirlo esplicitamente evitando di nascondersi dietro fumisterie intellettuali comprensibili solo a qualche decina di persone più o meno ben introdotte in ambienti accademici, editoriali o “di movimento”.
Il secondo punto interessante riguarda il fatto che Marx è pienamente consapevole delle difficoltà che il lettore incontra nei primi capitoli del Capitale. E in effetti di difficoltà ve ne sono, tanto è vero che autorevoli lettori come Louis Althusser sono arrivati a proporre il salto della prima parte, da riprendere solo in un secondo tempo a completamento della lettura. Certo, è possibile che questa proposta di Althusser di saltare il primo capitolo sia influenzata dalla nota ostilità del filosofo francese nei confronti di Hegel; Marx stesso, infatti, in un passaggio famosissimo (e importantissimo) del Poscritto alla seconda edizione tedesca riconosce di aver civettato con il linguaggio di Hegel nel capitolo sulla “teoria del valore” (il primo, appunto)
“Ho criticato il lato mistificatore della dialettica hegeliana quasi trent’anni fa, quando era ancora la moda del giorno. Ma proprio mentre elaboravo il primo volume del Capitale i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che ora dominano nella Germania colta si compiacevano di trattare Hegel come ai tempi di Lessing il bravo Moses Mendelssohn trattava lo Spinoza: come un «cane morto». Perciò mi sono professato apertamente scolaro di quel grande pensatore, e ho perfino civettato qua e là, nel capitolo sulla teoria del valore, col modo di esprimersi che gli era peculiare. La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico.”
Forse Marx ha fatto male a civettare con Hegel perché così facendo ha dato una mano ai tanti marxologi hegeliani che operano instancabilmente per ridurre Marx a qualcosa come un brillante discepolo del “grande pensatore”.
Ciò detto, Harvey osserva correttamente che, nell’epoca in cui Marx dichiara di voler comunicare con i lavoratori, i lavoratori sono per lo più analfabeti e solo una piccola quota di essi sa leggere e scrivere, sebbene questo non sia ancora che il primo requisito per lo studio del Capitale.
Ma dalla lettera a Maurice La Chátre emerge la chiara consapevolezza di Marx che la sua opera, specialmente nei primi capitoli, è complessa e deve essere affrontata con grande impegno. Sono dunque benemerite tutte quelle iniziative in cui studiosi preparati si propongono di aiutare i lettori a cogliere gli elementi teorici salienti del testo; non sono invece benemeriti gli sfoggi di erudizione di marxologi che con il Capitale e con Marx hanno a che fare solo in modo del tutto incidentale o addirittura utilitaristico.
Ma allora perché, consapevole delle difficoltà del testo, consapevole del basso livello di scolarizzazione della classe operaia della sua epoca, Marx resta convinto che gli operai siano in grado di comprendere il Capitale? Forse la spiegazione più “accattivante” l’ha data proprio Althusser in un piccolo libretto [4] dove scrive:
“E’ paradossale che degli intellettuali, specialisti altamente “esercitati”, non abbiano compreso un libro, che contiene la Teoria di cui necessitano nelle loro “discipline”, e che, invece, i militanti del Movimento Operaio abbiano compreso questo stesso Libro, malgrado le sue enormi difficoltà. La spiegazione di questo paradosso è semplice, ed è data chiaramente da Marx nel Capitale, e da Lenin nelle sue opere [5].
Se gli operai hanno così agevolmente “capito” Il Capitale, è perchè esso parla, in termini scientifici, della realtà quotidiana in cui sono presi: lo sfruttamento di cui sono oggetto in virtù del sistema capitalistico. E’ per questo che Il Capitale è anche divenuto rapidamente, come diceva Engels nel 1886, la “Bibbia” del “Movimento operaio internazionale”. Invece, se gli specialisti di storia, di economia politica, di sociologia, psicologia, ecc…, hanno fatto e fanno ancora tanta fatica a “comprendere” Il Capitale, ciò è dovuto al fatto d’essere assoggettati all’ideologia dominante (quella della classe dominante), che interviene direttamente nella loro pratica “scientifica”, per falsarne l’oggetto, la teoria, i metodi. Salvo qualche eccezione, essi non sospettano, non possono sospettare la straordinaria potenza e varietà dell ‘influenza ideologica alla quale sono sottoposti nella loro stessa “pratica””
Ecco, pur senza enfatizzare l’“agilità” con cui i lavoratori hanno “capito” il Capitale (e infatti Althusser stesso usa le virgolette) è però necessario constatare che raramente lo hanno “capito” gli intellettuali, specialmente oggi in questa epoca di diffusissimo narcisismo che spinge moltissimi intellettuali ad usare linguaggi e concetti astrusi.
Ma anche senza scomodare l’egocentrismo di un ceto di intellettuali ormai completamente sradicati, del fenomeno della loro incomprensione si può dare una spiegazione che si basa sul punto di vista dal quale essi guardano al loro oggetto di studio. Posizionandosi troppo vicini a tale oggetto di studio sono capaci di riconoscere nitidamente il dettaglio che sfugge ai più, ma allo stesso tempo perdono di vista l’insieme, proprio come accade ad una formica che cammina su una statua e della statua percepisce solo le asperità, non riuscendo a coglierne la forma: e questo è il motivo per cui la formica non può avere un’estetica delle statue semplicemente perché non vede alcuna statua, ma solo i microscopici dossi e la ruvidità delle superfici… Certi marxologi sono capaci di leggere Marx direttamente dai suoi manoscritti fittissimi – e quasi illeggibili –, ma poi tirano conclusioni politiche e teoriche che non hanno assolutamente nulla a che fare con Marx o, peggio, che hanno a che fare contro Marx.
I lavoratori e gli attivisti politici del movimento operaio si avvicinano molto meno ai dettagli del Capitale, magari non ne colgono tutta la stratificazione e la ricchezza, ma possono, collocandosi ad una giusta distanza grazie anche all’aiuto di intellettuali rivoluzionari, riconoscere in esso le cose veramente essenziali, prima su tutte la teoria del sistema di sfruttamento a cui essi sono sottoposti.
Note
[1] David Harvey, A Companion to Marx’s Capital, 2010.
[2] David Harvey, Reading Marx’s Capital Vol 1, Class 1, Introduction (2019),
http://davidharvey.org/2019/02/reading-marxs-capital-vol-1-2019-class-1-introduction/
[3] Karl Marx, Prefazione all’edizione francese del Capitale.
[4] Louis Althusser, Introduzione alla lettura del Capitale
[5] Si veda per esempio l’inizio del testo di Lenin, Stato e Rivoluzione (Trad. it. Milano, 1968).