Giulia Iacometti | Centro e periferia nella teoria dei sistemi-mondo
Giulia Iacometti | Tratto da Etica e politica nell’Antropocene (a partire dal contributo di Jason W. Moore), Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2018, PDF, 72 pagine.
Jason Moore è uno studioso che nel suo contributo fa dialogare diversi ambiti disciplinari (sociologia, filosofia, economia, storia), spesso interpretando liberamente il contributo teorico di Marx in congiunzione con quello di una corrente nota come World-System Theory (WST) – o Teoria dei Sistemi-Mondo – che annovera tra i propri riferimenti culturali nomi come quelli di Fernand Braudel [1], Immanuel Wallerstein, Giovanni Arrighi, Samir Amin…
Quella dei “sistemi-mondo” è una teoria che il sociologo americano Immanuel Wallerstein ha sviluppato nel corso di oltre 30 anni in un’opera in 4 volumi intitolata The Modern World-System.
Nella WST “mondo” non è un riferimento di tipo geografico; non è detto, in altri termini, che un sistema-mondo debba coincidere geograficamente con il Mondo: anzi, forse (e solo in parte) tale coincidenza si è verificata solo con il ‘900 e con l’estensione a livello globale del mercato capitalistico. Quando parla di sistema-mondo Wallerstein intende riferirsi ad un sistema che, pur non essendo completamente chiuso e auto-sufficiente, funziona come se fosse un “mondo a sé” (in un’accezione del tutto analoga a quella in cui Fernand Braudel parla di economia-mondo).
All’interno di ogni sistema-mondo esistono sempre 2 categorie principali di paesi: i paesi del centro e i paesi della periferia (più alcuni paesi che vengono detti della semi-periferia). Anche qui “centro” e “periferia” non sono riferimenti geografici, ma riferimenti geopolitici. Sono considerati del centro quei paesi che dominano gli scambi commerciali interni al sistema-mondo (e che, in quanto tali, possono essere considerati egemonici); al contrario, i paesi della periferia (e della semi-periferia) sono quelli che, sia pure in misura diversa, vengono dominati economicamente e politicamente da quelli centrali di cui, dunque, subiscono l’egemonia.
Si sono fatti numerosi tentativi di disegnare la ripartizione centro-(semi)- periferia nel quadro dell’attuale globalizzazione capitalistica e non sempre il risultato è stato efficace. Un esempio alquanto infelice di strutturazione centro-semi-periferia è contenuto proprio nella pagina Wikipedia dedicata alla World-System Theory in cui è presente una mappa che indica la Cina come semi-periferia, la Russia come periferia e il Portogallo come centro. La mappa è riferita a dati del 2000, ma è evidente che nessuno può seriamente considerare il peso del Portogallo nell’odierna economia-mondo capitalistica anche solo paragonabile a quello di Russia o Cina. Il fatto è che all’interno di una particolare “egemonia” [2] ci possono essere importanti trasformazioni dovute al sorgere o al tramontare di aree interne al sistema-mondo (all’economia-mondo) e che il ruolo di un’area non dipende esclusivamente dalla sua forza economica [3].
I flussi commerciali tra centro e periferia si sviluppano lungo due direttrici: 1) da un lato ci sono i prodotti di consumo ad alto tasso di profitto che fluiscono dal centro verso la periferia; 2) dall’altro, ci sono materie prime e lavoro a basso costo che fluiscono dalla periferia verso al centro [4].
Quello del “basso costo” è un elemento rilevante nella riflessione di Jason Moore che ritorna spesso sulle condizioni alle quali il capitalismo può (o non può) disporre di “fattori a buon mercato” [5] – dal cibo al lavoro, dall’energia alle materie prime [6] – per strappare risparmi che favoriscono la crescita dei profitti. Questo perché minori costi di produzione garantiscono maggiori profitti a parità di prezzi di vendita (aumento del saggio di profitto a parità di massa [7]) oppure maggiori quantità di merci vendute a prezzi di vendita minori (aumento della massa di profitto a parità di saggio).
Ad esempio, se il cibo è “a buon mercato” (ovvero, se i suoi costi di produzione sono bassi) allora possono essere tenuti più bassi anche i salari perché tra i principali beni di prima necessità in cui i lavoratori spendono il proprio salario ci sono proprio gli alimenti (che ne costituiscono una quota rilevante specialmente all’interno delle economie capitalisticamente meno sviluppate).
“Dall’alba della produzione capitalistica nel “lungo” XVI secolo, i generi alimentari a basso costo sono stati di importanza fondamentale per le età d’oro del capitalismo.” [8]
“[…] materie prime e forza lavoro a basso costo, il cibo a buon mercato è stato decisivo per il ripristino della profittabilità nel Nord globale dopo il 1983.” [9]
Come insegna Marx, se diminuisce il tempo di lavoro necessario (ovvero, se diminuisce il costo di produzione dei beni che costituiscono la spesa in salario – come appunto il cibo –) può aumentare il tempo di pluslavoro e dunque il plusvalore
“Per prolungare il pluslavoro, il lavoro necessario viene accorciato con metodi che servono a produrre in meno tempo l’equivalente del salario” [10]
Più in generale, se diminuiscono i costi di produzione delle materie prime e dei mezzi di produzione che servono a produrre i beni che formano il consumo dei lavoratori allora questi potranno essere pagati meno.
Più il “centro” riesce ad appropriarsi di fattori a buon mercato della “periferia” (materie prime, lavoro…), più diminuiranno i costi di produzione e cresceranno i profitti delle imprese capitalistiche.
Note
[1] Non a caso Moore insegna alla Binghamton University (l’Università di Stato di New York) dove ha sede il Fernand Braudel Center for the Study of Economies, Historical Systems, and Civilizations (del cui board Moore fa parte). https://www.binghamton.edu/fbc/
[2] Wikipedia, Worlds System Theory. https://en.wikipedia.org/wiki/World-systems_theory
[3] Altro concetto braudeliano.
[4] A titolo di esempio si prenda un paese come la Russia che oltre ad essere importante dal punto di vista economico è anche certamente un paese centrale per tutto un Sistema-Mondo (avendo ereditato la potenza militare e nucleare dell’URSS, nonché una parte della sua vecchia influenza internazionale).
[5] E questo flusso logico lo si può intendere fisicamente sia come spostamento di migranti dai paesi della periferia verso i paesi del centro, sia come spostamento di attività produttive dai paesi del centro verso i paesi della periferia alla ricerca di forza-lavoro “a buon mercato”.
[6] Cfr. J. W. Moore, La fine della natura a buon mercato. Come ho imparato a non preoccuparmi dell’ambiente e ad amare le crisi del capitalismo, in Ecologia-mondo e crisi del capitalismo.
[7] In un recente lavoro (A History of the World in Seven Cheap Things) Jason Moore e Raj Patel hanno riformulato i fattori “a buon mercato” decisivi per lo sviluppo capitalistico: natura, denaro, lavoro, assistenza, cibo, energia e vita.
[8] Cfr. K. Marx, Il Capitale.
[9] J. W. Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, pag. 57.
[10] Ibidem, pag. 57.
[11] K. Marx, Il Capitale, Libro I, Einaudi, pag. 557.