Antiper | Risposta alla Coordinamenta femminista e lesbica
Coordinamenta femminista e lesbica | A proposito di femminismo. Una risposta ad Antiper
Care compagne
abbiamo letto le vostre osservazioni sui nostri appunti (che ci sono state segnalate da una compagna) e ci tenevamo a precisare alcune cose. Intanto, e sopra ogni cosa, che nel nostro riferimento al vostro nome non era assolutamente implicita alcuna critica del vostro lavoro di militanti femministe e che non abbiamo inteso criticare le vostre idee e i progetti che portate avanti. La nostra era una semplice osservazione sulla scelta del termine “coordinamenta” che ci sembrava utile per porre il problema del linguaggio sessuato.
Ci dispiace se avervi chiamato “attiviste” in luogo di “militanti” vi è parsa una critica politica; onestamente abbiamo usato i due termini come se fossero sinonimi. Non avevamo capito l’importanza che attribuite alla differenza tra “militare” in un collettivo ed “essere attive” al suo interno; di certo, nell’uso della parola “attiviste” non c’era alcuna intenzione di demonizzare il vostro impegno e la vostra militanza politica.
Detto questo, visto che ci siamo, cogliamo l’occasione per “spiegare alcune cose” come avrebbe detto il buon Pablo Neruda.
Ci rimproverate di non esprimere un progetto femminista completo, di non esplicitare il nostro punto di vista sul patriarcato, ecc…, ma la verità è che il nostro intervento non aveva alcuna velleità di proporre un progetto organico, sia perché non era questa l’occasione (quello che volevamo era solo darci alcune coordinate storiche e politiche), sia perché di certo non siamo noi a doverlo e poterlo fare.
E d’altra parte è anche vero che dalla critica di un determinato progetto possono delinearsi i lineamenti di un progetto alternativo; ad esempio, la critica (di Marx) dell’economia politica non era che l’affermazione di un’economia politica critica (del capitalismo). Noi, in effetti, volavamo molto più bassi di quanto potete aver supposto. Volendo approfondire la nostra conoscenza dei movimenti delle donne (e quindi ammettendo indirettamente la nostra ignoranza, che voi giustamente ci rimproverate) abbiamo deciso di scegliere alcuni elementi per sviluppare, in un ciclo in 3 tappe, una serie di riflessioni. Il contributo che avete visto riguardava la terza di queste tappe.
Abbiamo scelto di iniziare dalla rivoluzione sessuale perché poteva essere, appunto, un “inizio” cronologico. C’erano altri possibili e migliori inizi? Probabilmente sì, ma in linea di massima questa scelta ci sembrava accettabile e comunque non problematica. Più che dire che non siete d’accordo con questa scelta avreste potuto dire da dove avreste cominciato voi (tenendo conto che volendo avere una panoramica generale non potevamo soffermarci che sui movimenti politici che avevano avuto un’influenza più larga).
Se avete avuto occasione di scorrere il nostro contributo avrete potuto osservare, per esempio, che è un po’ sbilanciato sul tema “critica del differenzialismo”. Perché? Perché, come abbiamo scritto, il differenzialismo, a nostro avviso, è diventato egemone molto al di là del riconoscimeno formale di tale egemonia. Criticando il differenzialismo abbiamo voluto dotarci di strumenti per una lettura critica del femminismo odierno e per lo sviluppo di un approccio di tipo, diciamo, non “genderista”.
Il nostro punto di vista è in realtà molto chiaro. Lotta di classe e lotta delle donne possono e devono camminare assieme. Nessun “trascinamento” della prima sulla seconda, nessuna inversione di priorità differenzialista. No alla logica dei “due tempi”, ma anche al tentativo di fare l’ala rivoluzionaria del differenzialismo (ciò che conduce ad un femminismo molto differenzialista e poco rivoluzionario, aldilà della propria stessa auto-percezione). Se non siete d’accordo, padronissime, ma noi restiamo del tutto sordi al richiamo alla lotta fratricida uomo-donna (per meglio dire lavoratori-lavoratrici), anche quando è camuffata da linguaggi e retoriche apparentamente ultra-sinistre. Lo ribadiamo: noi pensiamo che le donne abbiamo “un motivo in più per fare la rivoluzione” ma, appunto, per “fare la rivoluzione”. E concepiamo la lotta contro l’oppressione di genere come parte della lotta contro il capitale e non “contro il maschio”. Non siamo d’accordo con l’effetto di trascinamento della lotta di classe rispetto alla lotta di genere, figuratevi cosa pensiamo dell’effetto di trascinamento della lotta di genere rispetto a quella di classe.
Frasi come “Ciò non significa tuttavia, come voi invece provate a far credere, che la lotta di classe sia in grado di dispiegare il c.d. effetto trascinamento e risolvere da sola le contraddizioni di genere, cioè destrutturare e superare i ruoli sessuati” non corrispondono al nostro punto di vista e non corrispondono a quello che c’è scritto nel contributo; dimostrano solo che è bastato toccare il semplice nome “coordinamenta” per farscattare la liquidazione in blocco su tutto il nostro contributo (con alcuni passaggi che vorrebbero essere sarcastici sulle nostre precisioni e citazioni, ma che sembrano solo un po’ superficiali perché invece si dovrebbe apprezzare lo sforzo di compiere una riflessione un pochino più profonda e articolata sulle lotte delle donne).
Ci dispiace che abbiate emesso una sentenza definitiva secondo la quale non siamo di alcuna utilità alla lotta per la liberazione delle donne (anzi avete scritto che la nostra posizione è addirittura “inconciliabile con la lotta femminista”), una sentenza che ci pare forse un po’ sbrigativa; d’altra parte, se ritenete di tirare questa conclusione tiratela pure, è nel vostro pieno diritto. Però noi continueremo a lavorare con umiltà ma anche, diciamo, senza troppe concessioni a chi si auto-erige a giudice supremo del “tribunale femminista”. Un’auto-erezione, tra l’altro, un tantino ridicola.
Un’ultima osservazione. Come avete visto possiamo usare la parola “attivista” al posto della parola “militante” (che a volte ha un che di eccessivamente “marziale”).
Quello che invece non ci capita mai è di usare la parola “neo-liberismo” se non in un’accezione critica perché consideriamo quella di “neo-liberismo” una delle categorie più fuorvianti che siano mai state ab-usate nel cosiddetto “movimento”. Lì sì che si annidano vere operazioni politiche che tendono a suggerire due “capitalismi”: uno buono, dal volto quasi umano, e uno cattivo, globalista, iper-privatista, neo-liberista… Sciocchezze alimentate soprattutto a partire dagli anni ’90 dal cosiddetto “movimento no global” sulla cui nefasta influenza ancora troppo poco è stato detto. Ma per non tediarvi eccessivamente ci permettiamo di rimandare a qualcosa che abbiamo scritto nel recente passato (Antiper | Neo-liberismo e anti-neo-liberismo tra Stato e mercato)
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