Antiper | Segni dei tempi
“Nel 1951 il Primo Ministro iraniano Mohammad Mossadeq nazionalizzò l’industria petrolifera, allora controllata dagli inglesi della APOC/BP. La reazione britannica fu molto dura e fu alla base della Crisi di Abadan che vide l’embargo totale delle esportazioni iraniane di petrolio. Dopo la deposizione di Mohammad Mossadeq, per far tornare il petrolio iraniano sui mercati gli Stati Uniti costituirono il “Consorzio per l’Iran”, composto dalle sette principali compagnie petrolifere del tempo. Il Consorzio acquistava il petrolio dall’ente petrolifero nazionale iraniano NIOC in regime di monopolio e lo rivendeva sui mercati al netto delle spese per il risarcimento della nazionalizzazione della BP. Mattei chiese che anche l’Agip potesse far parte del “Consorzio per l’Iran”, ma la sua richiesta fu respinta” [1]
Segno dei tempi che ricorrono, l’Iran è di nuovo nel mirino. E con l’Iran è nel mirino la Siria, che ne costituisce il principale alleato nella regione e che è oggi scossa da una guerra civile fomentata ad arte dagli “amici della democrazia” che siedono a Washington, a Parigi, a Londra, ad Ankara. Ancora una volta la banda di predoni imperialisti capitanata dagli USA (e nel caso specifico coadiuvata dalla Turchia) si presenta a portare un po’ di democrazia “made in USA”. E quando questi banditi internazionali portano la loro democrazia son bombe che fischiano.
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Segno dei tempi che cambiano, le “7 sorelle” – ovvero le 7 maggiori compagnie petrolifere del mondo all’epoca di Mattei [2] – non sono più sole a governare il mondo del petrolio (e quindi in certa misura, il mondo tout court)
“Ogni tanto è bene ricordare chi controlla realmente petrolio e gas nel mondo. Quando si sente dire “Big Oil”, la compagnia che probabilmente viene in mente per prima è ExxonMobil. Ma in realtà ci sono players molto più grandi di Exxon.Più del 70% delle riserve petrolifere mondiali, e una percentuale ancora maggiore delle rimanenti riserve di “easy oil” sono possedute da società petrolifere nazionali controllate da re o potentati, come in Arabia Saudita, e anche da alcuni governi democraticamente eletti, come il Venezuela e la Norvegia. Ma quando esaminiamo la classifica delle 25 maggiori compagnie del mondo alla ricerca di chi controlla e influenza di più in campo petrolifero una cosa salta agli occhi: nessun leader industriale ha conquistato maggiore influenza ed ha raggiunto maggiore potere del presidente russo Vladimir Putin” [3]
Come in molti altri settori industriali e finanziari, anche nel campo del petrolio le compagnie private (ivi comprese le “7 sorelle”) si sono ristrutturate attraverso grandi processi di fusione [4]. Nonostante questo, le prime 10 compagnie petrolifere sono ormai tutte di carattere nazionale
“Le compagnie petrolifere venivano solitamente classificate come supermajors (BP, Chevron, ExxonMobil, ConocoPhillips, Shell, Eni and Total S.A.), majors, indipendenti e jobbers. D’altro canto, negli ultimi anni le compagnie petrolifere nazionali (chiamate NOC – National Oil Companies – per distinguerle dalle IOC – International Oil Companies -) hanno assunto il controllo dei diritti di sfruttamento delle maggiori riserve petrolifere; grazie a questo le prime 10 compagnie sono tutte NOC (nazionali)” [5]
E quali sono queste società? Sono, in ordine di grandezza: 1) Saudi Aramco; 2) National Iranian Oil Company; 3) Qatar Petroleum; 4) Iraq National Oil Company; 5) Petróleos de Venezuela; 6) Abu Dhabi National Oil Company; 7) Kuwait Petroleum Corporation; 8) Nigerian National Petroleum Corporation; 9) Libya NOC; 10) Sonatrach/Lukoil [6].
Basta questo semplice elenco per osservare alcune cose interessanti.Primo: nel novero delle prime 10 grandi società petrolifere mondiali ci sono ora le compagnie nazionali di alcuni dei paesi cosiddetti “emergenti” (Cina, Brasile) o “ri-emergenti” (Russia). Secondo: ci sono paesi che, guarda caso, sono stati o sono interessati dall’“azione democratica” degli USA e dei suoi alleati: Iraq, Iran, Libia, Kuwait. Terzo: gli USA avevano sviluppato la propria “azione democratica” anche verso il Venezuela (presente in classifica) riconoscendo per primi e istantaneamente il golpe con cui era stato deposto Chavez nel 2002 (e naturalmente cercando di destabilizzare in ogni modo il paese).
A parte il Kuwait (che gli USA liberarono nel 1991 dall’occupazione di Saddam Hussein) e la Libia (che è stata “liberata” più di recente), un certo numero di questi paesi erano presenti alla Conferenza di Teheran dell’agosto scorso in cui oltre 30 paesi hanno adottato una risoluzione sostanzialmente favorevole al governo siriano nella sua lotta contro l’insorgenza interna e contro il pericolo di un attacco esterno. Ed altrettanto interessante è il fatto che alcuni dei paesi presenti in classifica ma assenti a Teheran (come Arabia Saudita e Qatar) siano i principali sostenitori delle “primavere arabe” che tanto piacciono alla CIA, agli “indignados” ed ai nostri ex-no-global.
Infine, last but non least, la dimensione sempre più “nazionale” e sempre meno “internazionale” delle principali compagnie petrolifere del mondo costituisce l’ennesima smentita delle teorie sul cosiddetto “Impero” che tanta diffusione avevano avuto negli anni scorsi e che da un po’ di tempo a questa parte sembrano aver perso un po’ del loro smalto, essendosi ripetutamente scornate con la realtà.
Note
[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Sette_sorelle_(compagnie_petrolifere)
[2] “1) Standard Oil of New Jersey, successivamente trasformatasi in Esso e poi in Exxon (che comunque conserva il marchio internazionale Esso), in seguito fusa con la Mobil per diventare ExxonMobil;; 2) Royal Dutch Shell, Anglo-Olandese; 3) Anglo-Persian Oil Company, successivamente trasformatasi in British Petroleum e ora nota come BP; 4) Standard Oil of New York, successivamente trasformatasi in Mobil e in seguito fusa con la Exxon per diventare ExxonMobil; 5) Texaco, successivamente fusa con la Chevron per diventare ChevronTexaco; 6) Standard Oil of California (Socal), successivamente trasformatasi in Chevron, ora ChevronTexaco; 7) Gulf Oil, in buona parte confluita nella Chevron”, cfr, Wikipedia.
[3] The World’s Biggest Oil Companies, Christopher Helman, Forbes Staff, “Every once in a while it’s good to remind ourselves who really controls the world’s horde of oil and gas. When you here the words “Big Oil” the company that likely springs first to mind is ExxonMobil. But in reality there are far bigger players than Exxon. More than 70% of world oil reserves, and an even greater percentage of the remaining reserves of “easy oil” are held by national oil companies controlled by kings and potentates and even some democratically elected governments like Saudi Arabia, Venezuela and Norway. But when sorting through the rankings of the World’s 25 Biggest Oil Companies and looking at who controls and influences the biggest of big oil one thing becomes clear: no industry leader has more sway, has twisted more arms or made more deals than Russian President Vladimir Putin” (trad Antiper)
www.forbes.com/sites/christopherhelman/2012/07/16/the-worlds-25-biggest-oil-companies/print/
[4] Cfr. Nota 2.
[5] Cfr, Wikipedia, Petroleum industry, ““Oil companies used to be classified by sales as “supermajors” (BP, Chevron, ExxonMobil, ConocoPhillips, Shell, Eni and Total S.A.), “majors”, and “independents” or “jobbers”. In recent years however, National Oil Companies (NOC, as opposed to IOC, International Oil Companies) have come to control the rights over the largest oil reserves; by this measure the top ten companies all are NOC” (Trad Antiper),http://en.wikipedia.org/wiki/Petroleum_industry.
[6] Cfr, Wikipedia, Ibidem.